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Zoro: “La 7? Il programma non si chiamerà Gazebo, forse prima serata”

Zoro lascia la Rai, a La 7 guadagnerà di più “come tutti i passaggi d’azienda”.

pubblicato 16 Giugno 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 08:45

Chi ha avuto il coraggio di lasciare la Rai quando qualcosa non gli andava più bene (senza minacce a mezzo stampa), è stato Zoro. Diego Bianchi, insieme a tutta la squadra di Gazebo, è passato a La 7: “E’ stato inevitabile seguire Andrea Salerno (nuovo direttore di rete, ndr): lavoriamo insieme da dieci anni, è sempre stato dalla parte della squadra. Non farlo avrebbe significato disperdere un patrimonio”.

Il nuovo programma in onda su La 7 non si chiamerà Gazebo “perché la testata è in comproprietà tra Rai e Fandango” (opteranno per Arturo, nome del Movimento da loro creato?): “Abbiamo ancora voglia di raccontare il Paese, probabilmente andremo in prima serata (rischioso, ndr). Vorrei tornare a fare le cose che mi sono venute meglio in questi anni: i reportage, le inchieste sul campo. Non vorrei limitarmi a fare quello che legge i tweet. La striscia quotidiana mi stava stretta, m’imponeva di stare a Roma cinque giorni su sette”, ha dichiarato al quotidiano Repubblica. Bianchi guadagnerà di più, “come tutti i passaggi d’azienda”, ma sempre una cifra inferiore ai discussi 240mila euro.

Il giornalista si è dichiarato insoddisfatto di alcune scelte fatte da mamma Rai: “Devo tutto a Rai 3, li ringrazio per le opportunità che ho avuto. Ma ogni anno abbiamo dovuto guadagnarci il nostro spazio. Cinque edizioni, cinque cambi di palinsesto, a Natale non sapevamo se proseguivamo o meno. A un certo punto abbiamo condiviso la striscia con Pif e il nostro spazio si è ridotto. La stagione è finita a metà maggio, sarei andato volentieri fino alle elezioni”.

Ruolo fondamentale anche il “caso Alfano“: “Non ci ha cacciato lui dalla Rai. Ma si sa che l’ha chiesto. Ha minacciato una causa civile e penale, sostenendo che lo abbiamo diffamato per tre anni, la Rai ha retto, ma ci sarebbe piaciuta una protezione maggiore nei nostri confronti. Ci sono stati due episodi molto gravi. Nel primo Alfano ha fatto marcare a uomo un nostro operatore che lo seguiva per un servizio, nel secondo caso ci ha negato l’accredito. Una mossa poco furba, perché alla fine nessuno ha parlato della conferenza stampa sulla legge elettorale e tutti solo della nostra esclusione”.