Ci sarebbe stata rivalità artistica fra Leonardo e Michelangelo. Antonio Salieri e Mozart sarebbero stati acerrimi nemici. Lippi cercò di detronizzare il maestro Botticelli. Charles Dickens e Wilkie Collins non si tolleravano l’un l’altro. Marlowe e Shakespeare erano rivali, oppure la stessa persona.
Si potrebbe continuare all’infinito, nell’elencare forme di competizione nell’arte. Tuttavia, queste storie di rivalità afferiscono a un livello di narrazione che contribuiva a costruire il mito di personaggi influenti nel panorama culturale di questo o quel paese, di questo o quel settore artistico: contribuivano ad accrescerne la fama e naturalmente ne dividevano anche il pubblico.
Oggi, i talent show partono sì dal presupposto di mettere in gara “talenti” (quindi, colgono l’aspetto superficiale della narrazione), ma lo fanno con modalità che nulla hanno a che vedere con i grandi dualismi che abbiamo citato per puro amor di spirito e senza alcuna intenzione di paragonare i giovani aspiranti talenti ai grandi conclamati dell’arte internazionale. Che pure erano giovani anche loro, e rivali, e avranno sfruttato la rivalità in qualche modo che afferiva alle regole della comunicazione del loro tempo, senz’ombra di dubbio.
In questo tempo, la regola di comunicazione della rivalità passa attraverso i Festival (Sanremo, Eurovision Contest), gli Awards (Gremmy, Emmy, VMA, EMA, Oscar) e talent. E la competizione fra artisti nasconde, ovviamente, altre logiche. In primis, la necessità di farne spettacolo, che cambia un po’ le cose. In questo, dunque, condivido – almeno parzialmente – il pensiero di Stefano Bollani, che in una vecchia puntata di Tv Talk aveva così commentato l’essenza stessa dei talent show:
«Se c’è una cosa che non mi piace è la gara tra gente che deve far musica. In più quando la gara viene stimolata da provini, da pianti in diretta, giudici, indipendentemente dalla qualità dei giudici e dalla qualità di quelli che cantano, è un’immagine antica del mondo della musica, della star che deve esplodere […] Non parlo di qualità della musica, magari c’è gente che canta benissimo, i giurati sono in gamba, ma dell’idea di gara: già il Festival di Sanremo non mi fa impazzire, ma ancora di più tra ragazzi che cantano tutti canzoni diverse in maniera diversa. In base a cosa uno deve vincere e l’altro perdere?»
La condivido parzialmente perché, come detto, fra “artisti” un po’ di competizione è nell’ordine naturale delle cose; perché è il pensiero radicale di un artista, è ovvio, ed è altrettanto ovvio che la stessa affermazione di Bollani fatta dal sottoscritto non ha lo stesso peso, visto che non sono un artista. Condivido invece, in maniera integrale, la visione di Bollani sulle discografiche: «La discografia cerca i ragazzi che escono dai talent perché sono disperati, non vendono più niente e cercano la star da spremere per 2 o 3 anni. Questi sono ragazzi di 20 anni che vengono spremuti per 3 anni e poi vanno dallo psicologo. E’ il sistema che non è carino.»
Fatta la premessa, necessaria, veniamo a X Factor 5 e al suo Xtra Factor.
X Factor 5 – Le foto della puntata del 17 Novembre 2011
X Factor
Tautologia: è un talent show. E’, fondamentalmente – ma non era difficile immaginarlo – lo stesso talent show che è stato proposto per quattro anni sulla Rai (altra tautologia). Con alcune variazioni. Lo studio: si avverte il grande investimento, senza ombra di dubbio. Il conduttore: Alessandro Cattelan, serissimo – forse troppo – e professionale, senza nemmeno una sbavatura. Dalla prossima puntata può anche lasciarsi andare un po’ di più: ha ampiamente dimostrato di saper fare quel che doveva fare. Condurre. Con battute quando occorreva, ma anche quelle dette un pelo troppo seriamente. Promosso, comunque.
La giuria funziona, anche se Arisa è da “registrare” meglio all’interno del programma: il rischio che faccia la fine di Anna Tatangelo e si ritrovi senza concorrenti è alto. E’ evidentemente, per popolarità, l’anello debole. Però. Però, questo giurati dovrebbero essere un po’ più cattivi. D’accordo: era la prima puntata live e non si poteva massacrare indiscriminatamente. E non pretendiamo certo piatti rotti alla Joe Bastianich, ma una via di mezzo fra quel che si è visto e la cattiveria di MasterChef, be’, sarebbe il top. «Hai steccato, per me sei fuori. Poi, se ti salva il pubblico, meglio per te». Non sarebbe male e sarebbe anche più realistico, fermo restando che ciascun giudice difenderebbe – come già accade – i propri pupilli. Certo, poi lo psicologo evocato da Bollani sarebbe ancor più plausibile.
La rivalità Morgan-Elio, scontata, va sicuramente esaltata a livello narrativo, perché può fare la differenza. Ci penseranno loro stessi, senza dubbio.
La qualità dei talent sembra buona, medio-alta. Però, il meccanismo del televoto su una base potenziale meno ampia di una tv generalista rischia di avere sempre lo stesso esito: penalizzati quelli che si esibiscono per ultimi. Non che ci sia un modo per risolvere la cosa, naturalmente. Almeno, non nelle primissime puntate.
La diretta, tutto sommato, scivola via: a mezzanotte si chiudono i battenti e le due ore e cinquanta di programma quasi si tollerano. Anche se il montage è meglio, senza ombra di dubbio, per ritmo e tempistiche. Ma non garantisce interattività. E veniamo a questa benedetta interattività: copertura integrale su Facebook e Twitter – come era stato promesso in conferenza stampa – lasciano i due mezzi (tv e internet) separati: l’uno va in onda, l’altro commenta. Poi arriva l’integrazione: Xtra Factor.
Xtra Factor e l’interazione
Tormentoni da web (leggasi: Fiocco di neve) Chiamate via Skype. Twitter che scorre su un led con l’hashtag #Xstra5. Osservazioni e domande via Twitter e Facebook. L’idea è buona in potenza. Ma va aggiustata. Intanto perché dopo la diretta fiume del talent, non puoi reggere un’altra mezz’ora a meno che non si dia briglia sciolta al nonsense di Rocco Tanica che ricordava tanto il miglior dopofestival di sempre: quello condotto dagli Elii. Insomma, l’idea di Xstra Factor va bene per il web, non per la tv. Quei nerd – ci siamo anche noi, ovviamente, e un sacco di vip e addetti ai lavori – che commentano online e che si sentono parte del gioco possono ritenersi soddisfatti. Gli altri telespettatori, be’, non si sa bene perché dovrebbero guardarlo: non bastano domande ai giudici per fare la differenza. Ma la strada dell’interazione è stata imboccata, per un talent show è una scelta pionieristica e andrà proseguita. Magari in maniera meno naif, ma mica ci sono ricette preconfezionate, per far interagire il pubblico smanettone.
Che va coinvolto, ormai, anche per concludere una recensione e per renderla partecipata e interattiva