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X Factor 2014 e l’assurda convinzione che tutti possano cantare tutto

X Factor 2014: l’ostentata “cultura” e l’ego dei giudici distruggono i talenti in gara?

di grazias
pubblicato 14 Novembre 2014 aggiornato 2 Settembre 2020 22:02

X Factor 2014 non avrà Andrea Faustini. Però ha la cultura. Sulla carta è bellissimo pensare di poter ascoltare brani di Fabrizio De André e Freak Antoni in prima serata durante uno show in diretta nazionale. Sempre sulla carta è altrettanto interessante conoscere nuove canzoni, pezzi più o meno ignoti al grande pubblico che finalmente hanno la loro occasione di essere apprezzati come meritano. Infine non c’è che dire: sulla carta X Factor 2014 e questo suo nuovo mood culturale è perfetto. Ma poi c’è la realtà con cui, presto o tardi, bisognerebbe fare i conti. E abbiamo deciso di farlo ora, all’indomani della puntata in cui Morgan ha abbandonato “per sempre” il suo ruolo di giudice.

La diretta di ieri sera aveva come motto We are 1 e come fil rouge la censura. Abbiamo ascoltato brani di rottura, canzoni contro. Contro il bullismo, il razzismo, la discriminazione in qualunque delle sue forme. Tutto bellissimo. Solo che, ascoltandole, in molti casi era inevitabile pensare alla faccia che avranno fatto alcuni concorrenti sentendole per la prima volta in vita loro. Ovvero all’espressione di terrore puro nel momento in cui hanno capito che era proprio quel brano lì che avrebbero dovuto cantare in diretta nazionale.

Pensiamo a Leiner del team di Fedez che si è ritrovato alle prese con Freak Antoni dichiarando apertamente, sulle prime, non solo di non aver mai sentito nominare l’artista in questione, ma anche di non comprendere il significato della maggior parte delle parole del testo di Canzone per gli artisti (o contro gli artisti? si chiedeva). Uno scoglio superabile in sette giorni di studio matto e disperatissimo? A giudicare dalla sua esibizione, assolutamente no. Ma non certo per colpa sua che, indiscutibilmente, si è buttato anima, corpo e saltelli nell’impresa.

Stesso discorso, poi, per Lorenzo Fragola, anche lui pupillo di Fedez, che si è dovuto cimentare con Un blasfemo di Fabrizio De André. Il ragazzo, vincitore annunciato di questa edizione, sta toppando una performance dietro l’altra arrivando all’apice dello scempio proprio ieri sera, quando ha “interpretato” il brano che gli era stato assegnato facendo quello che sa fare meglio: Ed Sheeran. Ma rendere Un Blasfemo incredibilmente simile a Lego House è l’unica vera balsfemia che si è percepita su quel palco. Però questa assegnazione ha permesso al rapper di esternare nuovamente la propria posizione sul caso Cucchi. E si è preso pure tantissimi applausi. Volete mettere?

E adesso apriamo il capitolo Morgan, coraggiosissimo nelle assegnazioni salvo poi dimenticare tutto il proprio ardore sperimentale nel momento in cui le cose si mettono, inevitabilmente, male al televoto. Sue “vittime” un paio di puntate fa i The Wise a cui l’ex frontman dei Bluvertigo avrebbe voluto assegnare addirittura Il Tarlo di Fausto Amodei , brano decisamente poco pop perfino nella durata: la bellezza di ventisette minuti. Ieri sera il giudice più vincente di X Factor ha voluto sperimentare di nuovo regalando ai suoi talentuosi Spritz for Five, dopo la quinta di Beethoven di sette giorni orsono, Cavallo a Dondolo di Roberto De Simone. I ragazzi, non potendo ribellarsi al proprio mentore, ci hanno provato. E il risultato è stato, prevedibilmente, terrificante.

In tutto questo discorso ci sono due fil rouge principali: il primo è quello della cultura, il secondo la giovane età dei concorrenti citati. Leiner, Fragola e gli Spritz for Five hanno a malapena vent’anni a testa. Per carità, non vogliamo escludere che ci siano diciassettenni in grado di capire De André decisamente meglio di chi ha passato i cinquanta ma non è nemmeno questo il punto. Il punto è che la teoria per cui tutti possano cantare tutto è una falla del sistema X Factor che rischia di soffocare qualsiasi aspirante talento sul nascere.

Ieri sera abbiamo dunque assistito alla distruzione (definitiva?) di Lorenzo Fragola che si era pur presentato alle selezioni portando Modugno, è vero. Ma questo non significa che fatto un cantautore, se ne possa sobbarcare un altro che tanto è la stessa cosa. Evidentemente, non lo è. Fragola, diciannove anni, semplicemente non ha vissuto abbastanza per poter capire e quindi interpretare De André come si deve. Senza contare che forse nessuno potrebbe farlo con vera cognizione di causa.

Mettere alla prova i concorrenti in gara per “farli crescere” è sacrosanto, distruggerli non dovrebbe esserlo. C’è da valutare la wannabe popstar che ci ritrova davanti. E bisognerebbe farlo molto attentamente. Non sarebbe più utile se, per un attimo, si assegnassero semplicemente brani vocalmente più difficili ai concorrenti, invece di intrappolarli in interpretazione troppo più grandi di loro? Insomma, è la voce che va valutata. E l’obiettivo è quello di trovare una stella del pop, non un cantautore impegnato. La fine che ha fatto Michele Bravi, del resto, ce la ricordiamo tutti. O forse no. Ed è proprio questo il punto.

Ma quest’anno, forse proprio nell’ottica di evitare vittorie farlocche, c’è una novità importante:

Da questa edizione viene introdotta una nuova figura che va ad affiancare quelle dei giudici e dei vocal coach: i producer musicali. Ogni categoria avrà un esperto che affiancherà il giudice nella costruzione del percorso musicale dei concorrenti, dalle scelte dei brani fino agli arrangiamenti.

Quindi ci stanno dicendo che l’intenzione vera è quella di costruire un percorso ai concorrenti in gara in modo da renderli discograficamente connotati e riconoscibili? Davvero? Per il momento sembra solo che i giudici, soprattutto Fedez e Morgan, stiano facendo una specie di gara a chi la spara più grossa, a chi riesce a trovare, dietro allo scudo della cultura, il brano più raffinato per far fare una figura migliore. Al proprio ego, non certo ai concorrenti.

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