Wga e Wgi: Blogo intervista i presidenti dei sindacati degli autori americani ed italiani
Oggi, lunedì 22 dicembre, il presidente della Wga, sindacato degli autori americani, Chris Keyser, è in Italia: Blogo ha intervistato lui e Carlo Mazzotta, presidente della Wgi, sindacato degli autori italiani, sullo stato degli autori e della televisione
Dopo la visita di una delegazione italiana della Wgi, la Writers Guild Italia (sindacato degli sceneggiatori italiani), a Los Angeles, oggi, lunedì 22 dicembre, arriva a Roma Chris Keyser (foto, autore, tra l’altro, di serie tv come Party of Five e Tyrant), presidente della Wga (Writers Guild America), sindacato americano degli autori di film e serie tv, che da anni combatte affinchè siano riconosciuti i giusti diritti a questa categoria che permette ai network televisivi di mandare in onda show di successo. L’incontro avverrà alla Casa del Cinema (Largo Marcello Mastroianni 1) alle 18:00.
Si parlerà dei diritti degli autori in America ed in Italia, e la Wgi cercherà così di sottolineare l’importanza del lavoro svolto dal sindacato italiano, che nel mese scorso è riuscito ad entrare nella Black List, database online che raggruppa le sceneggiature degli autori aderenti ad alcuni sindacati, che per la prima volta accetta un sindacato non anglofono, quello, appunto, italiano.
Per l’occasione, Blogo è riuscito a contattare i presidenti dei due sindacati al centro dell’incontro di stasera: da una parte Keyser e dall’altra Carlo Mazzotta. A loro abbiamo domandato quale sia il lavoro svolto dai sindacato degli autori, quale sia la situazione nei rispettivi Paesi e come sarà il futuro dell’autore.
Carlo, puoi spiegare qual è il lavoro della Wgi?
Mazzotta: “Quello di un sindacato di sceneggiatori che vuole essere una risorsa per il settore. Che promuove e tutela la figura autoriale e professionale dello sceneggiatore, qui da noi scarsamente riconosciuta e conosciuta dagli stessi addetti ai lavori. Lo abbiamo fondato, un anno fa, nella convinzione che il rispetto di regole certe e condivise a tutela dei diritti degli scrittori dell’audiovisivo, un cospicuo numero che dello scrivere vivono, sia un punto di partenza irrinunciabile anche per rilanciare veramente l’industria culturale nel nostro Paese. C’è una relazione strettissima tra i contratti che sigliamo e la qualità ed il grado d’innovazione di quello che viene realizzato a partire dalle nostre opere. Nei paesi dove l’audiovisivo si produce e si esporta, non solo negli Usa, ma anche nella piccola Danimarca o persino in Svizzera , agli sceneggiatori viene richiesto e riconosciuto contrattualmente un controllo sull’opera che da queste parti è rarissimo vedersi riconoscere. Per questo condividiamo i nostri contratti attraverso un nostro Garante, al fine naturalmente di monitorare e denunciare abusi e comportamenti scorretti delle nostre controparti.”
L’Italia è il primo Paese non angolofono ad entrare nella The Black List, database che contiene scenggiature caricate da autori appartenenti a diversi sindacati (americani ed inglese) e lette dai produttori. Come avete avuto questa occasione? Perchè è stata scelta proprio l’Italia?
Mazzotta: “Beh, questi sono i vantaggi di aver scelto di chiamarsi Writers Guild! Scherzi a parte, innanzitutto è merito di David Bellini, il nostro infaticabile “uomo a Los Angeles” che mantiene vivo quotidianamente il rapporto che si è venuto a creare con WGA west dopo la visita che io ed un paio di colleghi abbiamo fatto l’anno scorso all’indomani della nostra fondazione. Un’iniziativa, quella di entrare in The Black List, in pieno spirito Wgi. Essere sceneggiatori italiani non può e non deve più essere un limite. Abbiamo delle idee che possono funzionare anche al di fuori del raccordo anulare? Bene, adesso possiamo metterle in mostra! Credo che aver percepito questo nostro approccio “globalizzato” inevitabilmente connotato dall’estro creativo italico, che negli Usa è forse più apprezzato che da noi, abbia contribuito ad aprirci le porte della principale vetrina online per scrittori nel mondo.”
Come saranno difesi gli autori della Black List? E perchè un autore dovrebbe farne parte?
Mazzotta: “Sette degli ultimi dodici Oscar alla migliore sceneggiatura sono stati pescati lì. Se questa non è una garanzia… Comunque il meccanismo di tutela, stando a Franklin Leonard il fondatore di The Black List, è sicuro al 100% e prevede un monitoraggio costante di ogni click ed azione eseguiti dai membri sul sito per assicurare che il comportamento di tutti sia corretto. Gli sceneggiatori non possono sapere chi sta leggendo la loro sceneggiatura ed ai producer o agli story editor dell’industria cine-televisiva è garantito quel pizzico di privacy che aumenta la possibilità che leggano le sceneggiature proposte. Senza naturalmente sacrificare i diritti e la tutela degli sceneggiatori.”
Perchè è così importante, in America e nel resto del mondo, avere un sindacato degli autori? Quali sono i loro diritti? Quali sono gli obiettivi raggiunti dalla Wga per proteggerli, sia di recente che in tutta la sua esistenza?
Keyser: “In numerosi Paesi, le leggi sul copyright riservano pochi benefici agli autori. Negli Stati Uniti sono pochi. Quindi, in tutti i Paesi, i diritti ed i compensi degli autori devono essere stabiliti con degli accordi lavorativi. Se ogni autore parte da una pagina vuota, i termini e le condizioni non sono uguali e c’è pià conflitto nel negoziare l’accordo. Per renderli più standard e più facili e veloci, un sindacato stabilisce i diritti minimi. Il sindacato inoltre rafforza l’accordo, così il rafforzamento è conveniente e consistente ed ha bisogno di non interferire tra il lavoro creativo dell’autore e quello dei produttori”.
E’ il presidente del sindacato degli autori più famoso al mondo, al suo secondo mandato. Quale pensa che sia la sua principale missione?
“Quest’anno ci siamo rivolti ai temi professionali dei nostri autori. Questo è legato agli autori che devono tornare a lavorare su una stagione futura di una serie. Ci sono più argomenti a questo proposito, tant’è che dobbiamo monitorare la situazione. Gli autori, inoltre, ci spiegano alcuni problemi, e noi ne discutiamo con loro”.
Keyser sarà in Italia per parlare con la Wgi: quali saranno i temi centrali?
Keyser: “Parleremo con i nostri colleghi italiani dei temi che gi autori italiano hanno portato all’attenzione. Scopriamo spesso che molti argomenti emergono in maniera consistente in tutto il mondo e possiamo imparare gli uni dagli altri sul come rivolgerci ad essi. Sono sicuro che parleremo dei recenti argomenti che sono emersi nelle nostre negoziazioni.”
Le serie tv americane sono viste in tutto il mondo: quanto è difficile scrivere una serie che sarà vista non solo in America, ma ovunque? Cambia il lavoro dell’autore?
Keyser: “Innanzitutto, un gruppo di scrittori deve fare in modo che una serie riesca ad intrattenere il proprio pubblico domestico. Se non succede, non succederà nel resto del mondo. In Europa esiste il termine ‘europudding’ che indica questa sensazione, che se uno show è fatto per piacere a tutti, non piacerà a nessuno. Al suo meglio, la televisione si rivolge ad un pubblico specifico e poi il pubblico nel resto del mondo condivide quella cultura. Sebbene alcuni aspetti superificiali dello show -cast e location- possono aiutare a creare un interesse di base. Ma è l’arte narrativa di esplorare temi universali che viaggia per il mondo. Rimanendo su una cultura specifica lo show inizia ad avere successo”.
Lo scopo della Wga (e della Wgi) è di difendere gli autori e le loro idee. In che modo il mondo dello spettacolo americano ed italiano considerano gli autori?
Keyser: “I produttori con cui i nostri membri lavorano di solito apprezzano gli autori. Avviano collaborazioni creative con queste persone a livelli produttivo ed abitudianario. Allo stesso tempo, gli addetti al settore finanze negli studios e le televisioni hanno lo scopo di ridurre le spese. Per questo, gli autori hanno il sindacato, gli agenti e gli avvocati per garantire i loro diritti. E’ un sistema che funziona bene.”
Mazzotta: “A fronte di qualche rarissimo produttore illuminato che investe sul serio nella scrittura, che la rispetta e la considera centrale nel percorso produttivo, per garantire una precisa identità al prodotto, il sistema dell’audiovisivo italiano nel suo insieme considera lo scrittore come uno strumento. Non gli chiede di esprimersi, di inventare, di stupire. Vuole farsi coinvolgere ma con cautela, e piuttosto pretende che la scrittura sia conforme ad un pensiero che la precede e la dirige dall’esterno. L’originalità è cercata al massimo all’interno di un recinto prestabilito predisposto per un pubblico più vasto possibile. Questo a discapito della singolarità del racconto, che non necessariamente taglierebbe fuori fasce di fruitori. Se esportiamo così pochi dei nostri prodotti audiovisivi nel mondo, e anche perché in Italia non esiste un vero mercato, con i suoi vari segmenti, ma un mare magnum generalista che forzatamente appiattisce il pensiero anche di chi ha la responsabilità editoriale di produzioni e broadcaster.”
In America, gli autori sono centrali nella realizzazione di una serie, sia a livello creativo che produttivo. Quali sono i pregi ed i difetti di questa situazione? Pensate che negli altri Paese un sistema del genere potebbe funzionare, con uno showrunner? Ed in Italia?
Keyser: “Il modello dello showrunner è essenziale per mantenere una qualità in televisione, permettendo alla visione dello showrunner di arrivare sullo schermo, con qualche modifica, se possibile. Richiede che gli autori sviluppino qualche abilità che abbia a che fare con un impulso creativo che li porti ad iniziare a scrivere. Ma tutte le professioni e le arti richiedono delle abilità tecnica per permettere all’impulso creativo di essere realizzato, quindi questo scambio non è unico. Raccomando questo sistema ad ogni community di autori”.
Mazzotta: “Autori, registi, attori sono talenti e professionalità che hanno bisogno di essere formate e sulla quali è necessario investire spesso anche a fondo perduto. In Italia per decenni si sono perse moltissime occasioni senza un reale sostegno alle imprese che operano ed operavano in modo virtuoso. Dotarle ora di strumenti legislativi che le consentano di competere o di cooperare in coproduzioni internazionali, in un contesto in così rapida evoluzione, è fondamentale per garantire a lungo termine la sopravvivenza stessa di un offerta di contenuti audiovisivi italiani. Ad oggi, abbiamo solo
la pericolosa deriva di produzioni che falliscono o sopravvivono al fallimento caricando il rischio di impresa proprio sugli scrittori.”
E’ più difficile trovare un’idea originale o qualcuno che la produca?
Mazzotta: “Grazie alla crisi della tv generalista, oggi è più facile di ieri poter “pensare” un’idea di serie originale. Ma, fidatevi, i cassetti degli sceneggiatori italiani sono pieni da un bel pezzo d‘idee innovative e di progetti che potrebbero fare la fortuna di produttori e network. Il punto è, oggi come ieri, trovare chi è disposto a puntarci e ad investire veramente su un prodotto e sul suo creatore. Non basta un’idea originale per creare una serie di successo, ma è necessario che nel suo sviluppo produttivo lo scrittore ne mantenga il controllo necessario a renderla fortemente connotata. Una serie tv, molto di più di un film, è prevalentemente connotata sulla scrittura, se non addirittura sull’identità del suo scrittore. House of Cards o Breaking Bad non sono il frutto solo della penna e della fantasia di Beau Willmon o di Vince Gilligan, ma della possibilità che hanno avuto di poter continuare a plasmarla “a loro immagine” fino alla messa in onda.
Signor Keyser, ha visto qualche film o serie tv italiana quest’anno? C’è qualche produzione che considera importante nel suo percorso di autore e che considera tra le sue preferite?
Keyser: “Sfortunatamente la visione di serie tv italiane in America è limitata. Spero che l’aumento di servizi basati sulla tv online aumenti la presenza di serie italiane. Inoltre, mi aspetto di tornare dal mio viaggio in Italia con un sacco di scelte! Crescendo, sebbene non avrei mai pensato di diventare un autore, mi piacevano i film. Quindi ci sono molti film italiani che vedo più volte, per trarre ispirazione e ricordarmi cosa possano fare e per cercare il significato dell’esere umani e vivi. Me ne piacciono troppi per poterli dire tutti, ma tra i miei preferiti ci sono ‘La Strada’, ‘Ladri di biciclette’, ‘Il conformista’ ed ‘Il giardino dei Finzi-Contini)’ “.
Cosa ne pensa della stagione americana in onda? Molte nuove serie tv sono state cancellate, come Selfie o Bad Judge, ed anche alcuni remake (come Gracepoint): crede che ci sia una crisi sui network generalisti (e tra gli autori) nel portare in tv idee innovative?
Keyser: “Non credo ci sia una crisi creativa. Invece, credo che ci siano numerose serie in produzione e con alta qualità. Non è mai semplice creare una serie tv innovativa, ma i network che acquistano serie tv originali cercano serie distintive. E’ un gran momento creativo per la scrittura in tv”.
E la tv italiana è in crisi?
Mazzotta: “Negli Usa, come da noi, il web sta provocando cospicui spostamenti d’investimenti pubblicitari. Questo ha provocato anche da loro più stress nei network, che devono naturalmente rendere conto ad inserzionisti che non trovano più nei numeri di ascolto della fiction i risultati di una volta. Così le serie saltano, oppure ci si investe meno. A mio avviso, da noi la crisi della tv è più profonda, non fosse altro per l’atavica mancanza della varietà di offerta. Finché non si uscirà dall’assioma che il nostro prodotto fiction deve essere appannaggio solo delle tv generaliste, sostanzialmente due/tre canali, difficilmente potremo competere con altre realtà che hanno il privilegio di poter offrire contenuti più tematizzati ed innovativi. L’auspicio e che la crisi spinga i nostri network a ricominciare a produrre contenuto esportabile, a costruire una propria libreria non limitandosi a ragionare in termini di piccola competizione nell’arco della serata. “
In America gli autori hanno una grande importanza, mentre da noi passano in secondo piano, tant’è che nei promo di una fiction si dice solo chi è il regista e non chi la scrive… A cosa si deve questa mancanza di rispetto?
Mazzotta: “Alla pessima abitudine, anche questa ereditata da un mondo che ormai non c’è più, che tende a considerare solo il regista, l’autore di un’opera. Ci passarono anche Zavattini e Flaiano che benché autori dell’opera tanto quanto De Sica o Fellini, si vedevano relegati in un angolo con i titoli di “un film di” riferito solo al regista. Per una serie tv poi, dove la scrittura è un contributo autoriale fondante e imprescindibile, siamo nel paradosso assoluto. Fatto sta, appunto, che anche alle presentazioni delle fiction, o anche dei film cinema o peggio ancora nei festival, gli sceneggiatori italiani non solo non vengono quasi mai adeguatamente citati, o intervistati in qualità di autori, ma spesso non vengono neanche invitati. WGI si è già attestata in questi mesi come punto di riferimento per dare visibilità e riconoscimento al lavoro dello sceneggiatore, ovviando a queste lacune attraverso varie iniziative. Sul sito si possono trovare le interviste a buona parte degli sceneggiatori italiani, e non solo, che hanno partecipato ai più importanti festival cinematografici come Venezia e Cannes. Se non li avessimo intervistati noi nessuno si sarebbe preso la briga di farlo, ma i film proiettati sono anche, se non soprattutto, loro.”
Crede che il modo di pensare alle serie tv sia cambiato con l’arrivo di Netflix ed Amazon?
Keyser: “Questi servizi on demand seguono l’esempio della Hbo, di Showtime e di Starz in America, dove l’ordine è: più è distintiva la serie, meglio è. Non è un’opportunità del tutto nuova per fare lo show che vuoi, ma è fantastico che questi siti stiano avendo come scopo quello di chiedere all’autore di soddisfare la propria visione creativa. I network generalisti si sono trovati tra il desiderio di avere delle serie innovative ed un flusso di entrate pubblicitare per contenuti ampi. E’ bello che i servizi online abbiano il sistema delle tv via cavo, dove non si annacqua l’ordine creativo. Fortunatamente, le televisioni stanno diversificano il loro flusso di entrare e stanno cercando contenuti più originali.”
A proposito di Netflix ed Amazon, quanto cambiano il lavoro di un autore, c’è più libertà o maggiore competizione, ed in che modo la Wga affronta il tema delle webseries e dei diritti di chi le scrive?
Keyser: “Fortunatamente le opzioni di internet hanno dato maggiori opportunità di poter creare una serie, ci sono più opportunità che mai prima d’ora. E’ ancora un sistema competivio, ma è creativamente salutare. Ai livelli più alti di budget, le regole sono le stesse della televisione, quindi gli autori sono protetti. Ai livelli più bassi di budget, teniamo le nostre regole al minimo per permettere agli autori quella massima flessibilità per scrivere le storie che vogliono. Questo significa che gli autori devono controllare i loro diritti nei loro contratti. Certamente puntiamo su contratti di alto livello”.
Mazzotta: “L’arrivo di nuovi broadcaster sul web non può che essere una grande opportunità per chi fa il nostro mestiere. Nuovi spazi per potersi esprimere. Per raccontare e magari sperimentare linguaggio. Un appuntamento che mi auguro sapremo cogliere anche e soprattutto per innovare il nostro modo di fare categoria. Difficilmente miglioreranno contenuti prodotti e condizioni di lavoro se non sapremo rompere collettivamente con certe consuetudini.”
Che consigli date a chi vorrebbe diventare un autore? Gli consigliereste di insistere o di lasciare stare?
Keyser: “Scrivete un sacco! E’ una meravigliosa carriera soddisfacente. Ma ci vuole un sacco di lavoro per essere bravi abbastanza. Quanto si scrive da non pagati serve a capire quanto si diventerà bravi. Quindi scrivete!”
Mazzotta: “Lasciare stare? Scherzi! Perseverare è forse l’unico requisito irrinunciabile per uno sceneggiatore. Ancor più del talento. E quindi, no, tutt’altro. Se si è veramente deciso di complicarsi la vita scegliendo questo fantastico mestiere, ben vengano patemi e difficoltà. Sono parte integrante della formazione che, come ho già detto, ritengo importantissima. Occhio piuttosto a considerarsi dei miracolati e ad iniziare a lavorare magari a titolo gratuito. C’è spesso un confine sottile tra la formazione ed il lavoro vero e proprio. Ed anche se uno deve fare esperienza non significa che non abbia diritto ad un contratto dove è scritto chiaro e tondo cosa fa, a che titolo e per quanto.”
In Italia, la figura dell’autore non è così importante e rispettata come in America, e spesso deve arrendersi alle televisioni. Cosa pensa che dovrebbe fare la Wgi per cambiare questa situazione?
Keyser: “Usare l’industria americana come un esempio ed indicare la riunione dei sindacati mondiale dello scorso ottobre a Varsavia come una dichiarazione creativa. In entrambi i casi, i produttori italiani vedranno che il successo segue una visione creativa. Ci sarà più successo se lasceranno libera la creatività dei loro colleghi più abili a realizzarla”.
Cosa vorresti che imparassero gli autori italiani da quelli americani?
Mazzotta: “A osare. Non solo nell’ideare e scrivere storie, o nell’investire tantissimo nel proprio lavoro, ma anche e soprattutto nel considerarsi per quello che sono realmente: protagonisti di primissimo piano nel processo creativo e produttivo di un’opera audiovisiva. Un qualsiasi sceneggiatore statunitense ce l’ha ben chiaro. Sempre. Conosce il suo valore di mercato ma non per questo negozia su alcuni diritti imprescindibili. E si fa rispettare, aderendo a Wga.”