Wanna e una Striscia la notizia che non c’è più – La risposta del tg satirico
Wanna, la docu-serie di Netflix su Wanna Marchi, racconta anche una Striscia la notizia che sembra non esserci più
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Gentile Massimo Galanto,
abbiamo letto il suo interessante articolo titolato in modo discutibile “Wanna e una Striscia la notizia che non c’è più” sulla difficoltà della televisione a incidere sulla realtà. La questione non riguarda comunque Striscia la notizia, che anche negli ultimi anni ha ottenuto diversi risultati importanti. Per non andare troppo a ritroso nel tempo, riportiamo qui alcune delle inchieste più incisive delle ultime due stagioni:
La campagna “antiborseggio” a Milano ha convinto la Procura a cambiare le disposizioni per le forze dell’ordine: ora le ladre pizzicate a rubare in metro e per strade cittadine potranno finire “in carcere anche se incinte”. Tirano un sospiro di sollievo le vittime, tantissime, che ci hanno sommerso di segnalazioni in questi mesi: studenti, pendolari, turisti, molto spesso anziani, per i quali subire questo tipo di furto era particolarmente mortificante.
L’affaire D’Alema-Colombia, che il Tg satirico di Antonio Ricci ha seguito fin dall’inizio, ha portato alla rimozione dal loro incarico dell’ad e del direttore generale della divisione navi militari di Fincantieri.
La denuncia delle mascherine ffp2 per bambini – che in realtà non esistono, come dimostrato dal tg satirico – ha spinto le forze dell’ordine e giganti come Amazon a sequestrare o rimuovere dall’e-commerce migliaia di dispositivi.
La lotta alla droga e alla ‘ndrangheta condotta da Vittorio Brumotti in decine di città italiane: nonostante gli insulti e le botte, è sempre riuscito – anche se per una sola giornata – a interrompere il giro di droga gestito dai clan. A maggio 2021 grazie al suo intervento è stata rimossa dal Duomo di Platì (RC) una targa donata da un potente boss mafioso alla memoria di due parenti scomparsi, mentre ad aprile 2021 le forze dell’ordine hanno sgominato il cuore del clan Gallace, organizzazione criminale presente su tutto il territorio nazionale, ma nota al grande pubblico grazie ai servizi che proprio Vittorio Brumotti fece nel 2019 a Striscia, culminati con la rimozione di una statua che la cosca aveva donato al comune di Guardavalle (Catanzaro).
Inchieste che hanno portato risultati concreti per la comunità. La ricerca quantitativo/qualitativa dell’Università Luigi Bocconi di Milano dal titolo “La rilevanza sociale, culturale ed economica di Striscia la notizia. Dalla nascita a oggi”, uscita nel novembre 2011, certifica infatti che le inchieste del programma di Ricci a quella data avevano fatto risparmiare alla pubblica amministrazione 7,8 miliardi di euro. Una valutazione prudente fa ritenere che da allora la cifra sia aumentata notevolmente.
Un cordiale saluto
L’ufficio stampa di Striscia la notizia
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In Wanna (qui la recensione della nostra Giorgia Iovane), la docu-serie di Netflix, non c’è soltanto il racconto della vicenda giudiziaria che ha visto protagoniste Wanna Marchi e la figlia Stefania Nobile. In Wanna c’è anche la fotografia di una potenza televisiva che da tempo sembra non esserlo più. No, il riferimento non è alla tele imbonitrice che per anni si è sentita (e forse un po’ lo è anche stata) la regina della tv. Qui, in verità, alludiamo a Striscia la notizia.
Che il programma di Canale 5 sia stato determinante nella vicenda, iniziata a novembre 2001, è pacifico e oggettivo. Ma è altrettanto vero che da un decennio circa il tg satirico di Antonio Ricci, nonostante continui a proporre quotidianamente con caparbietà e impegno inchieste e servizi di denuncia, fatica ad imporsi nell’opinione pubblica.
In questo senso Striscia la notizia è in ottima compagnia; basti pensare a Le Iene e Report, altri due titoli storici che sembrano depotenziati rispetto ai tempi d’oro del ‘l’hanno detto in tv, quindi è vero‘. Così, le ore e ore di contenuti, prodotte con grande dispiego di energie, con sempre meno frequenza riescono a raggiungere il pubblico extra televisivo, cioè a bucare l’opinione pubblica. Non a caso, sempre più spesso capita di chiedersi perché dopo una puntata di Report giornalisticamente illuminante e pungente non sia successo nulla o perché una data denuncia de Le Iene non abbia portato a dimissioni, prese di distanza ufficiali e provvedimenti formali.
Perché accade tutto questo? Per innumerevoli motivi, a partire da un contesto mediale molto affollato, quasi saturo. Insomma, le storie raccontate dai media – tv, radio e social – crescono in maniera inversamente proporzionale all’attenzione del pubblico, che peraltro per abitudine tende a sorprendersi sempre più di rado. E così la viralità di una vicenda si esaurisce presto, perché poche ore dopo è già pronta una nuova storia ancora più virale.
La televisione, nonostante in Italia resti tra i media più popolari, non può che fare i conti con tale panorama. E così Striscia la notizia & Co non mollano, insistono, ma nel frattempo, piano piano, perdono terreno.