Wanna Bet? di Abc (Scommettiamo che?) e il flop nel 2008
Uno dei tanti programmi cult durante il corso degli anni ’90 è stato senza dubbio “Scommettiamo Che?” sotto la conduzione di Fabrizio Frizzi e Milly Carlucci e ripresa senza troppo successo nel 2008 in una rinnovata edizione condotta da Alessandro Cecchi Paone e Matilde Brandi su Raidue. La trasmissione nasce come già detto dal format
Uno dei tanti programmi cult durante il corso degli anni ’90 è stato senza dubbio “Scommettiamo Che?” sotto la conduzione di Fabrizio Frizzi e Milly Carlucci e ripresa senza troppo successo nel 2008 in una rinnovata edizione condotta da Alessandro Cecchi Paone e Matilde Brandi su Raidue. La trasmissione nasce come già detto dal format tedesco “Wetten, dass..?“, con la sua prima versione nata nell’87 per la rete ZDF.
Lo scorso luglio, dopo la bellezza di vent’anni, il format è stato preso e adattato per il pubblico americano con “Wanna Bet?” su Abc, con 6 puntate da poco meno di un’ora. Stesso meccanismo: vip in un salotto divertente, proposte di scommessa da bizzarri protagonisti, prove da affrontare secondo le condizioni preposte.
Nella versione americana, con la conduzione del duo britannico Ant & Dec (i corrispondendi dei nostri Luca e Paolo, per essere grossolani), venivano dati 25 mila dollari per effettuare scommesse. Chi a fine puntata otteneva più soldi dalle scommesse, guadagnava e donava l’intera cifra in beneficenza.
Nonostante le prove fossero nettamente più divertenti delle nostre recenti (vedere il video per credere) lo show ha avuto scarso successo perdendo contro mostri come NCIS e Big Brother su Cbs, le repliche di Dr.House su Fox, America’s Got Talent su NBC e le olimpiadi di Bejing 2008. Pensate che nemmeno il traino dello spin off High School Musical: Get in the Picture ha portato buoni frutti.
“Scommettiamo che…?” è stato un programma di grandioso successo europeo e non solo (l’originale è andato anche in Svizzera e Austria, poi Inghilterra, Cina, Slovenia, Polonia) ma oggi sembra aver perso qualsiasi appeal. Non c’è più un istinto attrattivo verso le “semplici” rarità nella gamma delle abilità umane, a meno che non siano assurde e grottesche: Show dei record docet. Nel resto dei casi, c’è poco da fare: ormai prima di essere affascinati dai fuochi d’artificio, lo spettatore ha bisogno di conoscere la tonicità umana (seppur finta e scortese) del suo fuochista.