VOTA ANTONIO E IN TV FINISCANO LE CORDATE…
Ricordate “Vota Antonio”? Era il titolo, rubato da un film di Totò, che finì a contrassegnare un programma tv. Mai una battuta del principe Antonio De Curtis venne così male usata. Il programma fu un flop. Un flop come tanti altri ce ne sono stati e ce ne sono. La concorrenza tra Rai e Mediaset
Ricordate “Vota Antonio”? Era il titolo, rubato da un film di Totò, che finì a contrassegnare un programma tv. Mai una battuta del principe Antonio De Curtis venne così male usata. Il programma fu un flop. Un flop come tanti altri ce ne sono stati e ce ne sono. La concorrenza tra Rai e Mediaset non è più una gara di ping pong, tra alti e bassi di ascolti e di qualità, è una più ardita gara di flop trash. Ma noi che non siamo moralisti e sappiamo aspettare sulla riva del fiume i cadaveri che fanno flop e trash per poi fare splash nelle acque della caienna dei peggiori programmi della nostra vita, non ci impressioniamo più di tanto. Aspettiamo. Fiduciosi. Ma senza sadismo, con la pazienza dei giusti impazienti sul piano dei principi ma sereni e tranquilli sul piano della sicurezza della mannaia superiore . Non del dio di Truman Show ma terra terra della ragione divisa tra pubblico e osservatori aperti e in buona fede; molti critici li escluderei, anche perchè, come si legge in questi giorni sulla stampa, sono o sembrano fuori moda.
Quel “Vota Antonio”, in giorni di elezioni, va ripescato e ripulito dalla fanghiglia floppettata, e a mio parere va messo accanto ad un’altra frase celebre di Totò, frase-battuta che ha fatto il giro della storia d’Italia e guizza in un suo film. Le parole sono: “…e poi dicono che uno si butta a…”. Naturalmente non completo la frase-battuta perchè non voglio far ammalare di influenza magari perniciosa questo o quel elettore che ha le sue idee e ha diritto di essere rispettato. Con il silenzio. Con la discrezione. Con l’ironia.
E’ l’ironia del nobile nobile Antonio De Curtis ,con il successivo corredo di cognpmi e attributi aristocratici impronunciabili come una parodia, a suggerirmi, a suggerire a richiamare il signor Totò da dove si trova. Senza fare una seduta spiritica, e magari sperando di fare una cosuccia spiritosa (e non solo).
Vorrei che Totò ripronunciasse le parole sopra citate per mettersi in guardia dalle cordate. Cosa sono le cordate? Chi lavora in tv lo sa molto bene. Sono quelle a cui ci si arrampica per andare o restare al potere. Il momento più alto di questo esercizio nazionale, che riguarda anche però zone limitrofe dello spettacolo e della vita sociale, si verifica proprio dei giorni che viviamo.
Gruppi di scalatori si sono organizzati, per addomesticare le rocce della sopravvivenza e di più, formando file dietro a questo o a quel candidati. Non si tratta dei candidati delle liste, no, no,no, ma -abbiate pazienza- dei candidati dei candidati (sì, sì, sì , molti di quelli che si affollano nelle liste). Ossia, di quanti sperano di restare al loro posto di potere o accanto ai potenti di cui si è fiduciari; o , al contrario, di quanti aspirano a toglierglielo a qualcuno o a confidare nel successo dei potenti per farsi trascinare dalla cordata. In entrambi i casi, si conferma un fatto. Non si è mossa e non si muove foglia se politica (o caricatura di essa) non voglia. Specie in tv.
La tendenza a modellare le tv -telegiornali e altri settori- è tale che esse viene accettata. Mentre risuona, disperata, l’esclamazione “e poi dicono che uno si butta…”
Totò non poteva immaginare che sarebbe stato il beniamino delle citazioni, con parole che servono agli uni e agli altri per riservarsi una speranza prima del voto (“…ci provo a buttarmi a …”) o il diritto alla delusione dopo il voto(“…mò mi butto a …”).
Insomma, faccio voti. Voti ingenui. Voti illuminati e illuminanti alla Totò. E cioè che finisca l’era del buttarsi e delle scalate basate sul buttero che cavalca ora questo ora quello, per adeguarsi, conformarsi, strutturarsi.
Quando le tv impareranno a non fidarsi delle cordate che sono nodi scorsoi, quando saranno preferiti i meritevoli e i creativi rispetto agli accordatori di opportunisti a getto continuo, quando insomma sapranno ristrutturarsi su altre basi e fare scelte il più possibile non inquinate da arrampicatori con il voto nel cuore e sulla fronte come un cartello stradale, qualcosa cambierà. Senza forse. O forse. Direbbe Totò: “A prescindere…” .Se smettiamo di sperare che qualcosuccia cambi, che facciamo? Ci butteremo dal palazzo delle finestre, ovvero i palazzi dei video. Faremo flop.
ITALO MOSCATI