VORREI DIRE CIAO A UNA VOCE: ORESTE RIZZINI
Sono stati tanti e celebri gli attori che Oreste ha doppiato (se n’è occupato anche Cineblog, ndr). Sono state tante le sue interpretazioni in teatro accanto ad attori bravi, in spettacoli diretti da grandi registi. Cosa è rimasto? Nell’aria è rimasta la voce, anzi le voci che Oreste, il buon Rizzini, il preciso Rizzini, il
Sono stati tanti e celebri gli attori che Oreste ha doppiato (se n’è occupato anche Cineblog, ndr). Sono state tante le sue interpretazioni in teatro accanto ad attori bravi, in spettacoli diretti da grandi registi. Cosa è rimasto? Nell’aria è rimasta la voce, anzi le voci che Oreste, il buon Rizzini, il preciso Rizzini, il caldo Rizzini, l’intelligente Rizzini, ha lasciato nelle pellicole, nei nastri, nei dvd, nelle ombre di trasmissioni televisive e in talk show: nella “Grande Storia” di Rai3 e anche in “Porta a porta”. Ma che resta di queste voci che si consumano nel silenzio?Molto almeno per me, o per voi che lo avete incontrato nei vostri percorsi dello spettacolo.
Ho lavorato più volte con Oreste. L’ho voluto come voce narrante in “Maschere” e in “Nomadi”, due film doc di 54′, che con “La guerra perfetta” formavano la “Trilogia della paura” andata in onda dopo l’11 settembre del 2001. Volevo lui tutto intero, voce e nervi, voce e occhi, voce e passione e ragione, perchè era importante che la “Trilogia” arrivasse dall’orecchio, anche dall’orecchio, alla mente e al cuore degli spettatori di Rai3 e di Rai1. Per fare arrivare netta e chiara la sensazione che provavamo tutti i in quei giorni. Il senso di una paura dilagante, inafferrabile, da cui sono poi scaturite due guerre in Irak e in Afghanistan molto “imperfette”: dovevano colpire sono gli insediamenti militari- caserme e fabbriche di armi- hanno fatto e continuano a fare stragi.
Il senso di smarrimento che ci rendeva e ci rende simili, davanti al televisore, ai nomani senza nome che nei luoghi sperduti del mondo, Africa ancor più che Asia, camminano e camminamo per cercare acqua, cibo, cure, salvezza.
Avevo bisogno di Oreste perchè la sua voce intensa e sicura andasse dritto allo scopo. Immagini e montaggio erano- sono- forti, dure, cattive. Non serviva un tono di commozione o di sentimento friabile in lacrime. Serviva un racconto piano, serio, ondulato a seconda delle situazioni. Gli mandai il testo. Lo lesse, gli piacque, accettò (accettò anche la bassa cifra stanziata dalla Rai). Nello studio di registrazione passammo alcune, anzi molte ore, a definire, rifinire, calibrare. Non gli sarà mai grato abbastanza.
Ricordo Oreste, scomparso in questi giorni, per accennare fuggevolmente purtroppo ai doppiatori. Sono e sono stati spesso la fortuna del cinema italiano e ancor di più del cinema straniero. C’è stato un periodo in cui fu fatta una battaglia giusta. Ovvero, si reclamò da parte della maggioranza degli attori l’abbinamento obbligatorio (con qualche eccezione) tra voce e volto. Era giusta la battaglia perchè mise un freno a un dilettantismo interpretativo forsennato coperto da una supervalutazione dell’apparenza, della immagine di attori e soprattutto attrici. Si era toccato il fondo in un abuso che stava riducendo i nostri attori in manichini improvvisati.
Risolto almeno in parte questo aspetto è rimasto, rimane in piedi l’uso artistico del doppiaggio. Pasolini, ad esempio, doppiava le sue figure- come chiamarle?- per accentuare un suo lavoro anche sul piano delle pronunce, delle inflessioni, dei dialetti. E artistico era stato il doppiaggio di fantastici doppiatori come Giuseppe Rinaldi e altri che erano, evocavano il grande cinema, il cinema di Hollywood e di Cinecittà, quando c’era. Una volta per un mio lavoro a puntate “Hurrah Hollywood” ebbi l’idea di far fare da voce guida Emilio Cigoli, un pilastro del doppiaggio. Bastava anche solo un suo sospiro per ritrovare le atmosfere del western di John Ford, tanto per citare uno dei generi e delle interpretazioni rivisitate da vecchio e caro Emilio, che non c’è più.
Adesso non c’è più Oreste. E mi viene da dire, pensando allo stato delle tv penose, e pensando ai critici penosi che scrivono come se fossero visagiste, a quanti ruoli, quante persone, quanti mestieri sono dimenticati sotto il peso della distrazione e della incompetenza. Per cui, Oreste, tu che sai fare tutto, una richiesta umana: non doppiare chi incontrerai nel paradiso nel cinema, non farci la voce di dio, per carità. Ci basta il ricordo della tua, forte, delicata, onesta.
Italo Moscati