Vittoria Schisano a Blogo: “Sapevo di essere donna, ci si nasce. Non bisogna aver paura di vivere”
Vittoria Schisano intervistata su TvBlog tra professione e privato. L’attrice si racconta, leggi le risposte.
Continua, con il consueto appuntamento settimanale, la rubrica dedicata ai personaggi celebri Lgbt o gayfriendly. E’ un’occasione per conoscere meglio, più a fondo, anche la persona, tra riflessioni e ricordi privati. Quest’oggi potete leggere la chiacchierata che abbiamo fatto con Vittoria Schisano. C’è stato un lungo percorso di transizione che l’ha portata a “eliminare” Giuseppe e dare il benvenuto alla sua vera se stessa. Vittoria ci racconta di essersi sentita sempre donna e che è stato in un momento particolare della sua vita che non si è riconosciuta più. Allo specchio, lei non era Giuseppe quel ragazzo barbuto, virile e affascinante. Vittoria è pronta a ricominciare dopo la fine di una lunga relazione importante (che l’avrebbe condotta all’altare) e si confida su TvBlog tra privato e professione, nelle parole di una donna che ha la Vittoria nel Dna.
Come stai Vittoria, tutto bene?
Tutto bene, in realtà è un momento faticoso della mia vita, ti dirò. Perché comunque vengo da dei lavori di ristrutturazione di casa, da un trasloco e da un rapporto finito. A quanto pare si è chiuso un capitolo della mia vita ma, in questi giorni, ho scritto su Internet che quando non c’è un lieto fine ci sarà un nuovo bellissimo inizio. Sorridiamo e andiamo avanti.
Ho letto la frase, la storia, se non ricordo male, è finita da settimane ma resta comunque importante l’amore nella tua vita, un nuovo inizio.
Sì, assolutamente. Una persona che nasce credendo alle favole non morirà mai cinica. Non sono passate, in realtà, alcune settimane, ma mesi perché io e Fabrizio ci siamo lasciati a Natale, ma non l’ho comunicato ai tempi perché volevo un po’ di privacy intorno alla fine di questa storia nella quale avevo creduto molto. Però poi a un certo punto è il caso di ufficializzare. Cosa è successo in questi giorni? Sono ritornata nella casa che era stata pensata per due: cabina armadio, tutto doppio…
Ahia…
E ti trovi nuovamente single, ovviamente ti fa un effetto abbastanza curioso. Con questo comunque non rinnego nulla perché ancora oggi a Fabrizio voglio un grande affetto. Ma quando ci si rende conto di andare in due direzioni diverse è giusto dirsi la verità e continuare ognuno per la propria strada.
Beh, comunque, un comportamento maturo quello di non aver voluto subito annunciare la fine della storia ma essersi preso del tempo… E’ una sorta di lutto, del resto, quando finisce una storia.
Sì, sì, sai quando succede il contrario e ti innamori di una persona ha voglia di gridarlo ai quattro venti. Io sono molto adolescenziale nel confronto dei sentimenti. La fine di un rapporto, invece, come dicevi tu, è una specie di lutto e lì divento molto pudica e non ne parlo con facilità. Sono passati diversi mesi, a volte era imbarazzante perché mi trovavo a un Photocall o un red carpet, in televisione e mi chiedevano “Oh quando ti sposi?” Perché il vestito era già pronto, tutto organizzato. Non volevo cadere nel gossip, fin quando ho potuto non ho parlato, ecco. Adesso mi sembra il caso di farlo, comunicare al mondo che sono single! (ride).
Tu hai intrapreso un lungo percorso per seguire te stessa, per essere te stessa in pieno, ti ricordi due momenti, uno in cui ti sei sentita più fragile e uno, invece, in cui era al culmine della gioia e dell’emozione?
Guarda ci sono un po’ di momenti. Mi è venuto in mente me da bimba che da grande sognavo di essere Sophia Loren. Ero cresciuta con quella cinematografia e con un cammino che non aveva sovrastrutture. Poi ovviamente cresci, ti insegnano che i maschi si comportano in un certo modo, le donne in un altro, gli omosessuali in un altro ancora. E anche qui ci sarebbe da aprire un capitolo perché l’omosessuale è uno a cui piace un altro uomo. Il mio sentire, invece, era quello di una femmina. Non è un bisturi che ti rende tale né nessuno te lo insegna. Il bisturi può mettere equilibrio dove, prima, l’equilibrio non c’era. Ci sono stati sicuramente due momenti importanti per me. Uno a giugno, a sei, sette mesi dall’inizio, della mia parte pubblica. Inizialmente Giuseppe ha fatto coming out, poi ha cambiato casa perché c’erano i paparazzi che cercavano la foto di Vittoria. Sono scappata da una serie di situazioni. Nei primi tempi tutti magari guardavano la Vittoria favolosa che si vedeva in televisione mentre io vedevo ancora l’ombra di Giuseppe e questa cosa mi faceva male. Mentre gli altri già si erano accorti di questa nascita, passaggio ed equilibrio così tanto forte, per me non era ancora così perché io sono sempre molto critica, ipercritica. Ogni volta alzo sempre un po’ di più il punto di arrivo, di traguardo. E’ stata una gioia immensa qualche mese dopo l’intervento a Barcellona, mi sono guardata allo specchio con i capelli raccolti e ho visto finalmente la donna che sono sempre stata. Un equilibrio estetico e anche mentale, dell’anima: quello ti fa stare bene, non devi più dimostrare nulla a nessuno. All’inizio della transizione io cercavo le conferme dal mondo maschile, oggi non è più così. E’ come quando sei adolescente che cerchi il consenso degli altri, poi quando diventi grande -una donna- c’è stato un momento specifico in cui mi sono sentita una giovane donna. Tutto ha trovato un centro.
Fin da piccola mi accennavi del tuo ammirare Sophia Loren, del voler essere come lei. Ma immagino che non sia stato improvviso o immediato questa decisione di fare la transizione. C’è stato qualcosa che è scattato, dove è nata la forza?
Ti racconto, in realtà io avevo un po’ di pregiudizi verso il transessualismo o comunque verso il percorso perché anche io venivo bombardata dalle immagine dei media: biondo platino, quinta di seno. Non era l’idea che avevo io di me stessa, poi invece cresci, non c’è un’istituzione scolastica pubblica che ti spiega che gli omosessuali si comportano in questo modo, gli omosessuali nell’altro. Io fin da adolescente sapevo di essere una donna, si nasce donna. Poi cresci e capisci, è ovvio che mi sono fatta un test. Se fossi stata alta due metri, collo grosso e 46 di piedi, non avrei fatto questo percorso e sarebbe stata una sofferenza. Ovviamente, con questo, non punto il dito contro chi ha il 46 di piede e fa questo percorso. Però, nel mio caso, per un mio bisogno, per un mio percorso, non l’avrei fatto perché essere un fenomeno circense non è una cosa semplice per se stessi e per gli altri. O forse non avrei avuto la forza di fare comunque questo percorso a prescindere. E allora cosa ha fatto Giuseppe? Come vedi te ne parlo in terza persona perché non riesco proprio in prima persona… Giuseppe si è truccato, si è messo un po’ di gloss e vedeva già una bella ragazza. Ho avuto comunque una struttura fisica che mi ha aiutato fin dall’inizio. Veramente sono bastati pochi mesi di ormoni per sembrare più una donna che un giovane adolescente. Giuseppe faceva l’attore, voleva fare il bello e dannato e a un punto, ero sul set di Cane Pazzo. E, interpretava, proprio per la prima volta, il bello e dannato. Barba… occhiaie… Ed era un gran figo! E quando mi sono guardata allo specchio mi on detto:” Ma chi è questo?” Non mi sono riconosciuta. Vittoria faceva capolino e non ho potuto fare altro che abbandonarmi a Vittoria. Ho iniziato a non mangiare e non dormire. Ed è partita la cura ormonale, è il primo film dove Giuseppe era doppiato perché la voce cozzava con quella che era l’immagine di Giuseppe nel film. Io vedevo per la prima volta un maschio virile, mi piaceva ma in terza persona. “Mi sono detta: “Non posso vivere tutta la vita mentendo a me stessa e agli altri”. L’ho comunicato prima ai miei amici, la famiglia che ci scegliamo. Poi con mia sorella, membro della mia famiglia che ancora oggi mi è più vicina. Non l’ho comunicato perché stavo comunicando un permesso: si chiede a mamma e papà il permesso per un tatuaggio p per delle vacanze, non per qualcosa di così importante. Una persona non si sveglia una mattina dicendo di essere gay o di iniziare la transizione. La natura è qualcosa di incontrollabile, puoi illuderti di domarla ma poi, prima o poi, verrà fuori. E’ come uno tsunami, quando questa cosa arriva: o nuoti o affoghi, e io ho deciso di buttarmi nelle onde e raggiungere la mia isola lontana, Vittoria, o affogare nelle acque. L’ho fatto indossando, come dico, spesso un tacco 12.
Il nome Vittoria è stato proprio per questo motivo?
In realtà questa è una cosa che non è mai stata scritta prima. C’erano altri nomi che mi piacevano. Avrei scelto anche Cristina che è il nome di mia madre o che avrei voluto dare a mia figlia, se un giorno ne avessi avuta una. Poi ce n’erano altri, Asia, Alessandra, però parlando con un’amica, stavo mettendo i piatti nella lavastoviglie, ricordo ancora il momento preciso. E mi ha detto: “Secondo me dovresti chiamarti Vittoria”. Io ero distratta, pensavo ad altro, mi sono girata e mi sono sentita letteralmente chiamata. Da allora non ho mai cambiato idea. Però pensa che non volevo che mi chiamassero Vittoria, ma solo nel momento in cui Giuseppe era definitivamente molto. E’ combaciato nel giorno del mio compleanno, ho chiamato amici, amici, abbiamo svuotato l’armadio, ho detto “Non lasciatemi nemmeno un suo spillo”. E da quel momento in poi sono Vittoria per tutti.
Discriminazione. parliamo di un tema delicato. Ti è mai capito di essere discriminata, in passato?
In passato, Giuseppe. Ma è stata anche una grande rivincita perché tutti i compagni che prendevano in giro Giuseppe per la sua femminilità, oggi sono i corteggiatori di Vittoria. E la corteggiano anche in maniera pubblica. Nel nostro paese c’è una percentuale di stupidi ma ci sono anche coloro che riesco ad andare oltre, dipende se sei una bella o cattiva persona. Io credo che gli italiani siano più avanti di come vengono raccontati. La politica forse non lo è, non rappresenta bene il proprio popolo. Rappresentano se stessi e il loro pensieri, dimenticandosi del fatto che non ce ne frega proprio niente. Se vieni eletto sindaco di Roma, mi aspetto che tu vada a rappresentare i cittadini: tutti. Questo a prescindere dal suo parere personale.
Tutti dovrebbero sentirsi rappresentati.
Esatto, siamo cresciuti in un Paese che ci ha insegnato che abbiamo diritti e doveri ma non mi sembra che sia così. Ognuno pensa secondo il suo pensiero ma non è giusto. Il popolo è fatto di persone diverse da loro. Io stessa che non sono un politico o un prete, sono un’attrice, mi rendo conto che quando vado in televisione ho un messaggio da dare. E so che se metto un vestito più corto o più scollato, devo stare attenta a come mi siedo, mi comporto: due volte eleganti e chic. Può guardarti anche una ragazzina di 12 anni che ti vuole prendere come esempio. Dobbiamo dare l’esempio giusto. Se ancora oggi, nel terzo millennio, un ragazzino si uccide perché indossava dei pantaloni rosa, è qualcosa di molto grave. Le responsabilità sono dei genitori, della politica, della scuola: nessuno voleva vedere. Anche mia madre è caduta dal pero quando gliel’ho detto e ci sono rimasta male: come poteva non essersene accorta? E’ la voglia di non vedere. Un bravo genitore è quello che si siede, parla con suo figlio. Ricordo ancora questa frase bellissima di Schopenhauer: paragonava il genitore all’arco e il figlio alla freccia. Più cadrà lontana dall’altro, più il genitore avrà fatto un buon lavoro. Il figlio deve essere visto per quello che è e non per quello che vorresti fosse.
Il mondo della tv è più aperto riguardo alle tematiche Lgbt (esempio Uomini e donne gay, personaggi gay nelle fiction). Le cose, secondo te, sono cambiate?
Qualcosa sta cambiando ma ancora le cose devono cambiare. Sì, c’è il trono di Uomini e donne e mi stupisco che sia successo solo adesso. Le storie gay che vengono raccontate in tv o nel cinema possono essere perché il regista ci crede o perché fa moda, botteghino. Così, cosa che è assurda, che se un attore gay fa coming out non farà mai più il sex simbol. Senza sapere che l’attore è un mestiere, deve recitare qualcosa che nella vita non è. Io sono Vittoria da 4 anni, ho fatto 6 film, in 5 ho fatto una transessuale, solo in Take Five di Guido Lombardi ho fatto il ruolo di una donna biologica… Non so quanti registi mi chiamerebbero oggi per fare una donna, una mamma, una santa… Un passo avanti è sicuramente stata la copertina di Plyayboy.
Se puoi SOGNARLO puoi farlo @Vittoriaschisan @carmelitadurso @Ivan_Manero @Playboy @playboyitaly pic.twitter.com/OSrlye5uRb
— Vittoria Schisano (@Vittoriaschisan) 3 febbraio 2016
Volevo chiederti proprio di quello…
Su Playboy, mai a nessuna donna che ha fatto il mio percorso è stata dedicata una copertina. Anche lì c’è stata una riunione, ci hanno pensato. “Sì, Vittoria ci piace, voglia o questo servizio senza veli… Però la copertina non sappiamo perché il nostro è un giornale per un pubblico maschile in eccellenza… E ho detto ” E io chi sono? Mi avete chiamata per cosa?”. Finire su un giornale dove sono finite le donne più belle del mondo è sicuramente motivo di orgoglio. Anche narcisistico ma in rispetto a quello che è stato il mio percorso.
Del resto, diciamolo ancora ancora: tutte le donne più belle del mondo sono finite su Playboy e tu, oggi, sei una donna a tutti gli effetti.
Esatto! A volte ci rimango male quando leggo qualche giornalista che scrive l’attrice transender o transessuale. Mi dispiace non è così. Poi io ho sempre vissuto e pensato come una donna. Ad oggi diamo delle transessuale a una persona che transita da un percorso all’altro. Quando il percorso finisce, parliamo di una donna a tutti gli effetti: per la legge, morale. Come a dire e rimarcare l’attrice Vittoria Schisano… ex transessuale. L’abbiamo capito, lo sappiamo, basta!
E’ un rimarcare inutile, sono d’accordo. Ti faccio due ultime domande. Progetti futuri?
Ho appena finito Il bello delle donne, la fiction di Canale 5, una grande famiglia quella di Tarallo. Ci saranno Stefania Sandrelli e Gabriel Garko…
E se un lettore leggesse questa intervista e si trovasse, oggi, nella stessa condizione in cui eri tu, anni fa, prima di intraprendere il percorso, cosa gli suggeriresti?
La prima raccomandazione è solo una: capisco la paura, sono sommersa di persone che mi scrivono e alle quali cerco di rispondere, anche se non riesco ovviamente con tutti. E’ quella di non aver paura di vivere. Non sappiamo domani cosa succederà, non sappiamo se saremo amati tutta la vita, se moriremo tenendoci per mano con il nostro partner o se fra tre anni divorziamo. Ma la vita è un dono meraviglioso che ci è stato dato e bisogna affrontarlo con coraggio, viverla. Meglio volare, cadere e farsi male che camminare per tutta la vita, sarebbe sprecata.