Pensando a come cominciare la recensione di Vincenzo Malinconico 2, ci viene da essere filosofici alla maniera del protagonista stesso: Malinconico mancava, pur non sapendo di mancare. Perché l’effetto che fa la visione di una serie come Vincenzo Malinconico nel pubblico è tra i più meravigliosamente strani che si possano sperimentare nella tv italiana. E se nella prima stagione avevamo già intuito di avere a che fare con un progetto che voleva essere “altro” rispetto ai suoi simili, fin dal debutto di questa seconda stagione le premesse per una ascesa tra le migliori serie italiane ci sono tutte.
Vincenzo Malinconico 2, la recensione
Cosa rende irresistibile Vincenzo Malinconico? Questo avvocato d’insuccesso (che poi sarebbe anche il sottotitolo della serie) a volte svogliato, altre pessimista, ma sempre poco convinto delle proprie capacità non è il classico anti-eroe che in questi anni il pubblico va cercando quasi ossessivamente. Malinconico è altro, una figura di difficile definizione, ma capace forse proprio questa sua mancanza di contorni veri e propri di essere irresistibile e capace di adattarsi alle esigenze di una storia che riesce a sua volta a stare al suo passo.
Siamo abituati ormai a serie tv i cui generi si fondono: esiste il family drama, il legal comedy, e così via. Ma Vincenzo Malinconico 2 va oltre: prende da qui e da là, attinge da un genere e si ispira a un altro, creando un miscuglio di toni che passano dalla leggerezza al dramma, fino al giallo senza quasi che il pubblico se ne renda conto, offrendo come risultato una comedy esistenzialista unica nel suo genere.
Un prodotto generalista, che non stravolge le aspettative, ma che sa anche non adagiarsi sugli allori: ecco che, allora, rispetto alla prima stagione (e grazie all’intervento in regia di Luca Miniero), Malinconico aggiusta il tiro e si sente più sfrontato e libero di staccarsi di dosse qualsiasi etichetta gli si voglia addossare.
E il pubblico stesso diventa personaggio, a cui il protagonista guarda negli occhi, risponde, consapevole che sta vivendo una “seconda stagione”. Seppur presente e dosata nelle quantità giuste, la presenza di Mister Fantasy (Carlo Massarini) è ormai quasi superflua: se nella prima stagione era lui, in qualità di amico immaginario di Malinconico, a rappresentare la quota surrealista della serie, ora ci pensa tranquillamente il protagonista stesso, forte di un patto stretto con il pubblico e che gli conferisce un raggio d’azione maggiore per quanto riguarda l’uscita dagli schemi.
La formula tra narrazione ordinaria e stra-ordinaria, insomma, è perfetta. Con uno sguardo alla fiction scacciapensieri e uno ai ritmi più veloci che impone la serialità contemporanea, Vincenzo Malinconico si è ritagliato uno spazio non da poco, non quello riservato agli eventi, ma neanche quello in cui parcheggiare produzioni meno audaci. Malinconico è davvero qualcosa di altro, qualcosa di cui sentivamo la mancanza pur senza saperlo.