Vikings, la serie tv di History tra Storia e metafora dei nostri tempi: la rivoluzione si fa con la conoscenza (e poca violenza) – foto e video
Vikings, la serie tv di History, fa della Storia del popolo di conquistatori una metafora della voglia di cambiamento dei giorni nostri. Senza troppe scene di violenza o sesso.
Partiamo da una premessa: la nuova serie tv “Vikings” non ha nessuna pretesa educational, nonostante la mission del canale americano su cui viene trasmessa, History Channel, sia principalmente quella di fare cultura attraverso programmi attrattivi ma sempre precisi nelle ricostruzioni.
Lo show di Michael Hirst (“The Tudors”), seguendo questa linea, potrebbe deludere le aspettative di chi si aspettava l’ennesima serie tv tutta sangue e sesso: la direzione intrapresa dall’autore è ben diversa da quelle che ci hanno mostrato negli ultimi anni alcuni suoi colleghi, che hanno fatto delle scene splatter e di nudità a volte gratuite alcuni dei loro punti forti.
Sebbene “Vikings” non sia un telefilm pulito e casto, le scene di violenza assumono un significato preciso all’interno della storia, che vuole proporre al pubblico l’ascesa del leggendario leader vichingo Ragnar Lodbrok (interpretato dal modello Travis Fimmel) contro le idee conservatrici di Haraldson (Gabriel Byrne, “In Treatment”).
Ragnar vuole esplorare nuove terre, navigare acque che fino ad allora il suo popolo non ha conosciuto, trovarsi di fronte a nuove popolazioni. Ma la sua, oltre che una sete di conoscenza, è soprattutto una sete di potere: solo cercando nuove vie, pensa, potremmo arricchirci sulle spalle degli altri popoli, saccheggiandoli e facendo conoscere la nostra forza. La sua voglia di diventare capo del suo popolo s’intreccia al desiderio di conoscere nuove nozioni, come si nota dalla storyline del frate Athelstan (George Blagden), divenuto di proprietà di Ragnar ma non per schiavizzarlo, quanto per assorbirne il più possibile la sua cultura, tanto diversa quanto interessante.
Forma così una piccola flotta, composta da pochi amici fidati, tra cui il geniale ma stravagante Floki (Gustaf Skarsgård, fratello di Alexander), che gli costruisce una nave dalle forme nuove e più adatte a viaggiare su rotte diverse da quelle fino a quel momento conosciute, il fratello Rollo (Clive Standen) e la moglie Lagertha (Katheryn Winnick), una skjaldmær, ovvero una donna che ha scelto di combattere a fianco degli uomini, figura tipica della mitologia norrena.
Non basandosi su eccessive scene di sesso e violenza, “Vikings” non è da considerarsi un polpettone istruttivo da far sbadigliare, anzi: la scelta degli autori è stata quella di raccontare la Storia di un popolo attraverso la storia di un uomo, il protagonista, portavoce di un valore più che mai attuale: la voglia di cambiamento.
Ragnar ed i suoi costituiscono una metafora del mondo moderno, in evoluzione ed insofferente di fronte alla staticità di chi vuole preservare gli interessi di pochi ai danni di molti. I vichinghi di History sono pronti a sbattere in faccia ai potenti in crisi la loro mole di idee e nuove visioni del mondo: se nelle prime puntate dello show (in tutto nove per la prima stagione, che in America stanno ottenendo buoni ascolti, sempre superiori ai quattro milioni di persone) lo scontro tra Ragnar ed Haraldson è solo accennato ed espresso a colpi di parole e piccoli gesti, bastano queste poche scene a contenere tutto il senso della serie tv.
E’ questo scontro di visioni a fare la vera forza di “Vikings”, che trova la sua svolta rispetto alle altre serie epiche nel proporre una sfida più di testa che di corpo, dove oltre alle spade si deve saper sfruttare bene anche l’intuito e la strategia. Capiamo ora come mai il network rifiutò “The Kennedys”, che era stato realizzato per History e poi trasmesso su ReelzChannel: la Storia, per appassionare, non deve essere per forza scandalosa.