1963: Ugo Zatterin realizza per la Rai Viaggio nell’Italia che cambia, un’inchiesta in cinque puntate – marchiate a fuoco nella memoria di chi c’era e delle Teche Rai – con la quale la tv, non ancora decenne, decide di mostrare agli italiani come sono gli italiani, ancora divisa tra economia contadina ed industriale; 2013: la Rai si rimette in cammino per raccontare l’Italia agli italiani 50 anni dopo, con Edoardo Camurri in giro per il Paese a raccontarne pregi e difetti. La nuova versione di “Viaggio nell’Italia che cambia” riparte da domani, sabato 14 settembre, alle 21.30 su Rai Storia (DTT, 54) per un totale di 40 puntate da 50′ divise per tema: le prime cinque saranno dedicate al lavoro, ma per il resto si tratta ancora di un work in progress.
Camurri è ancora in giro per l’Italia, tra metropoli e ‘minima’ provincia, tra luoghi turistici e città ferite dagli ultimi terremoti, a raccogliere le storie dell’Italia reale. Qualcosa è già andata in onda questa estate, come quella dedicata al ‘Drago emiliano’ trasmessa a giugno, e che vi proponiamo in basso, per darvi un’idea di come sia costruito il programma, in un continuo confronto tra quel che eravamo e quel che siamo. Mostrando che, in fondo, gli italiani non sono poi tanto diversi da quelli che 50 anni fa si preparavano a vivere il Boom, anche se adesso stiamo cercando di scrollarci una crisi di dosso.
Cosa troveremo in questo viaggio, quindi?
“Quando uno si mette in viaggio non sa tutto quello che vedrà, si viaggia apposta anche per cambiare prospettiva. Torniamo a guardare i volti degli italiani, perché a colte le immagini valgono più di un discorso. Mi piace l’idea di utilizzare questo viaggio anche per trovare esempi di italiani: Aristotele diceva che per cambiare la vita di un Paese servono soprattutto esempi perché gli uomini imparano per imitazione”
dice Camurri, passato dalla guida dell’ultima edizione di prime time di Mi manda RaiTre a quella di una 500. L’impostazione di questo Viaggio 2013 non è ‘statistica’ e non ha pretese ‘didattiche’:
“Il nostro non è giornalismo d’inchiesta, è giornalismo narrativo. Vogliamo raccontare il Paese senza necessariamente spiegarlo, ma ci ispiriamo a figure roboanti e magnifiche come Mario Soldati, Ugo Gregoretti, Evomndo Berselli: sono questi i nostri maestri”
aggiunge Camurri in un’intervista ad Altri. E aggiunge:
“Non sono un istituto di statistica e non voglio produrre discorsi edificanti, rivendico la libertà narrativa senza pretese di verità”
sottolineando come il programma sia aperto a tutti gli stimoli che potranno arrivare.
“Per motivi produttivi diverse cose le dobbiamo decidere prima, prendere degli appuntamenti, scrivere delle sceneggiature, per il resto vogliamo essere liberi di stupirci e di innamorarci di quel che incontreremo”
dice infatti Camurri sempre nell’intervista ad Altri. Un’altra cosa è chiara, che l’obiettivo di questo Viaggio 2013 non è mostrare la pancia dell’Italia, quella che sempre più emerge nei talk show ‘popolari’ – che usano la piazza per alzare la voce e lasciare i problemi sullo sfondo – ma mostrare la ‘testa’ di un Paese lontano dai salotti, veri o televisivi che siano.
In attesa del ‘come siamo’, vi diamo un assaggio del ‘come eravamo’.