Da un anno alla conduzione in prima serata di Controcorrente, anche quest’estate impegnata tutte le sere nell’access di Rete 4, reduce dall’esperienza dello scorso settembre di Buoni o cattivi su Italia 1, Veronica Gentili è stata intervistata da TvBlog.
A soli quarant’anni sei già stata attrice, sceneggiatrice, giornalista, prima come opinionista, poi come conduttrice. Come si evita il rischio di ricadere sotto la definizione di “improvvisata”?
Quando scegli di cimentarti con esperienze professionali diverse, devi avere una grande spirito di abnegazione. Se vuoi davvero essere credibile e difficilmente attaccabile in quello che fai, devi essere disposto a concedere molto del tuo tempo, della tua dedizione. Io ho sempre fatto così: non mi posso assolutamente rimproverare di essere stata superficiale in tutto quello che ho fatto. Poi credo che comunque tutti i mestieri che ho svolto fin qui siano legati tra loro.
Hai sempre rivendicato il lascito delle tue precedente esperienze professionali. Qual è secondo te l’insegnamento più importante che hai ricevuto?
Gli insegnamenti sono tanti: la presenza scenica, la capacità di gestione delle emozioni, di avere riflessi veloci e soprattutto la comunicazione. Un conduttore vive di comunicazione, così come un attore deve far vivere le parole che sono state scritte. L’ascolto poi è fondamentale: un talk alla fine è come una cena con una amico, non puoi sapere cosa uno dirà e cosa dunque accadrà.
Un anno fa nasceva Controcorrente. Quale era l’obiettivo che vi era stato affidato dalla dirigenza Mediaset?
In partenza l’idea era quella di raccontare l’attualità, rimanendo vivi e presenti anche durante l’estate, andando a raccontare con maggior ampiezza quello che già c’era in access. Il programma è nato in corsa, come un esperimento, senza che ci fosse un lavoro precedente. Un programma di prima serata è un po’ come una casa: prima ci vai a vivere e poi l’arredi.
Controcorrente è poi cambiato nel corso della stagione invernale, probabilmente anche in relazione alle diverse collocazioni in palinsesto.
Volevamo fare un programma che incalzasse e che rispecchiasse le mie peculiarità e attitudini. Abbiamo dovuto trovare una forma anche in relazione al giorno di messa in onda: il mercoledì, al centro della settimana, è molto legato all’agenda politica ed è un giorno che sento quindi molto più vicino rispetto anche a quanto faccio in access. Mi piaceva poi l’idea di unire la dimensione del racconto alla dialettica tipica del talk: abbiamo così cercato di privilegiare argomenti che ritenevamo centrali, anche quando potevano non essere al massimo della loro attrattività.
Con Buoni o cattivi lo scorso settembre hai affrontato su Italia 1 un’esperienza più vicina a questa dimensione di racconto. Qual è il bilancio complessivo di quella avventura?
È stata più un’esperienza occasionale ed era una formula ibrida perché la parte principale di quel programma erano i documentari, all’interno dei quali erano inserite le mie interviste. A me è molto piaciuto fare queste quattro interviste a personaggi famosi che hanno parlato di argomenti su cui magari fino a quel magari non si erano mai espressi con una tale ampiezza e offrendo punti di viste e sfaccettature così varie.
Lo scorso aprile su Oggi uscì l’indiscrezione che si stava pensando a te per la conduzione di una versione estiva di Pomeriggio Cinque. Ti è mai stata avanzata una proposta di questo tipo?
Quella è una di quelle indiscrezioni che escono senza ragioni: non è una cosa che è mai stata agli atti e che quindi io ho valutato.
Ti sentiresti oggi pronta ad affrontare uno slot del daytime?
Rete 4 è un canale d’informazione che ti lascia molta libertà nell’affrontare i temi. In una rete come Canale 5 bisognerebbe farlo in un modo diverso, oltre che in un orario diverso. A me oggi la collocazione in prima serata è la cosa che mi intriga di più. Per un passaggio di rete bisognerebbe trovare un qualcosa di organico a quella che sono e alla mia professionalità, altrimenti significherebbe snaturarsi.
Non hai mai, giustamente, nascosto il tuo aspetto fisico, posando molto spesso in scatti che poi compaiono sui social pochi minuti prima della messa in onda dei tuoi programmi. Non hai mai temuto che la tua fisicità potesse mettere in secondo piano i fatti e le notizie di cui ti occupi?
L’idea di attuare una negazione dell’estetica o di scegliere comunque un basso profilo l’ho sempre trovata un po’ rétro, molto poco femminista. Non credo che bisogna negare quello che si è fisicamente per essere più serie e più credibili. I post su Instagram servono sia per ricordare l’appuntamento sia magari per valorizzare qualcosa che mi è stato dato per la diretta.
Con Controcorrente per i primi mesi di messa in onda indossavi in ogni puntata un tubino identico nel taglio, ma diverso nel colore. Era una precisa scelta di immagine che era stata fatta per il programma?
Era nata come una scelta estiva, funzionale alla stagione. Anche il corpo fa parte di un racconto: quella era una formula carina, stilizzata, che ha segnato una fase. Poi, a proposito dei cambiamenti apportati, ho puntato su una maggiore semplicità. Ora che in estate torno a passare dall’access alla prima serata si propone il tema se cambiare abito o no.
Scena che è diventata famosa per il cambio d’abito che sarebbe avvenuto in pochi secondi prima dell’intervista di un mese fa a Giuseppe Conte.
Quel cambio d’abito è realmente avvenuto nel giro di pochi secondi. L’intervista a Conte era effettivamente stata registrata in precedenza perché c’era il Consiglio Nazionale, mentre l’anteprima era regolarmente in diretta. Io poi, in generale, sono una grande fan della diretta: registro solo quando sono le condizioni esterne che me lo impongono. Se non ho un vincolo incombente non lo faccio: in diretta sei più concentrato, c’è più adrenalina.
In tv c’è qualche altro genere che ti potrebbe piacere esplorare?
A livello di generi mi piacerebbe affrontare una conduzione di infotainment, sul modello di quello che in Italia è sempre stato Che Tempo Che Fa, un genere che unisca quell’ironia e quella leggerezza che probabilmente appartengono più al mio mondo lavorativo precedente a tematiche culturali, sociali e politiche.