Vermicino, Piero Badaloni: “La diretta del Tg1 non era necessaria, ma la volle Fede. Perché?”
Piero Badaloni critica apertamente la scelta del Tg1 di Fede su Vermicino e risponde, indirettamente, alle dichiarazioni di Vespa a La Vita in Diretta.
“Lo dico oggi, per la prima volta, 40 anni dopo: il Tg1 poteva evitare la diretta da Vermicino. C’era già quella del Tg2, iniziata mezz’ora prima di noi. Eppure l’allora direttore del Tg1 decise che anche noi dovevamo seguire la diretta dal pozzo. Perché? Non era necessario…”.
Così Piero Badaloni, ospite dello Speciale Vermicino di Rai News 24 di venerdì 11 giugno, risponde alla domanda di Eva Giovannini che ripropone uno dei ‘sospetti’ più gettonati nella ricostruzione di quella no-stop Rai dall’11 al 13 giugno 1981. “Quella diretta fu un tentativo di ‘distrarre’ da quello che stava succedendo in quelle ore, ovvero la scoperta delle liste della P2 e il rapimento di Roberto Peci?” la domanda piuttosto standard che accompagna spesso il commento alla diretta di Vermicino che Giovannini rivolge al suo ospite.
Ebbene, questa volta Piero Badaloni – costante negli speciali del 40ennale finora programmati – mette da parte il suo tradizionale rigore per criticare apertamente la scelta fatta 40 anni fa dal Tg1.
“Io mi domando perché il Tg1 decise di andare in diretta quando ormai già il Tg2 era in diretta da mezz’ora… Fu una scelta del direttore. Sì, quel direttore si chiamava Emilio Fede. Sì, questo è il suo nome”
dice Badaloni, facendo quasi intendere che dietro quella decisione che ‘giornalisticamente’ era a dir poco ridondante ci fossero ragioni altre rispetto al desiderio di seguire in diretta il salvataggio – dato per certo e immediato – di un bambino. Non si dice mai però che si tratti di ragioni legate magari alla volontà di distrarre dal clima politico particolarmente caldo di quelle ore. Altri osservatori, invece, hanno notato a freddo, anche in questi giorni, come quella camera accesa in diretta fosse un modo per la Rai di ‘recuperare’ quel primato informativo che le tv locali stavano erodendo e che avevano toccato l’apice negli anni precedenti con le immagini di Moro esanime nel bagagliaio della Renault 4 parcheggiata a Via Caetani nel maggio del 1978 catturate dalla GBR.
La dichiarazione di Badaloni scuote lo speciale che stava procedendo secondo ‘copione’ (un copione discutibile, come approfondiremo in un altro articolo). Sollecitato dalla Giovannini, che cerca di capirne di più, Badaloni raddrizza il tiro e lo orienta a favore di una ‘verità storica’ che sembra ancora lontana dall’essere definita o comunque verso un tentativo di ricordare a tutti che la responsabilità di quella diretta non può ricadere su chi è stato mandato in onda, sul campo o in studio:
“Io non sto nella testa di quel direttore, ma dico che non era necessario che ci fossimo anche noi in diretta. Mi domando perché si sia deciso di iniziare una diretta sul Tg1 alle 13.58. Sia chiaro, io non mi pento di averlo fatto. […] Dico questo, però, perché ieri pomeriggio qualcuno si è scandalizzato…”.
Ma chi si è scandalizzato nel pomeriggio? Il riferimento sembra essere rivolto a Bruno Vespa, ospite de La Vita in diretta nel pomeriggio di giovedì 10 giugno, così come Badaloni, ma in collegamento. Vespa ha rivelato ad Alberto Matano di aver rifiutato ogni intervista in questi giorni legata a Vermicino e di parlare per la prima volta in questo 40ennale proprio al tavolo della VID:
“Io mi rifiutai di seguire questo caso. Mi rifiutai perché capivo che sarebbe finito molto probabilmente male e che la televisione si scatenasse in questo modo mi sembrava davvero troppo. Tanto è vero che quando ci fu il telegiornale… ci fu il Tg2 che non accettò di staccare la spina… io implorai il direttore di fermarsi. Il Tg2 volle andare avanti, il Tg1 volle andare avanti. Io tornai a casa, spensi il televisore sapendo benissimo che mi sarei svegliato senza più Alfredino”.
Badaloni, in chiusura, ricorda le responsabilità dei giornalisti a Matano che riassume, con le parole di Vespa, quella diretta come una pagina nera della televisione:
“Noi giornalisti abbiamo una grossa responsabilità e dobbiamo ricordarcelo sempre, soprattutto in momenti come questo, in cui se si prende la decisione che è stata presa, e certamente non da me che conducevo e non dirigevo il Tg1 di allora, dicevo se si prende questa decisione poi bisogna comportarsi in un certo modo e stare attenti anche alle virgole. Perché il coinvolgimento emotivo è così forte da parte dei telespettatori… Si parla di 25 milioni di telespettatori e questo fa capire come fosse necessario stare attenti a che il coinvolgimento emotivo si trasformasse in curiosità morbosa. Vale per la tv e per la carta stampata: bisogna stare attenti a evitare il sensazionalismo”.
La scelta di accendere anche le telecamere del Tg1 fu fatta da Fede per distogliere da altro? Se Veltroni, ospite dello speciale di Rai News 24, si appella alla dirittura morale dell’allora direttore della Rai Sergio Zavoli (“che non si sarebbe piegato di fronte a nessuna telefonata che fosse arrivata da chicchessia“, come già ricostruito nello speciale Atlantide), l’allora direttore del Tg1 ribadisce ancora oggi che fu una scelta dettata solo dalla voglia di far vedere un salvataggio, come dichiarato in una recente intervista all’ADNKronos:
“[…] Non è mai stato capito che nacque per esaltare la solidarietà, non la disperazione; per raccontare le lacrime, le preghiere, il desiderio di salvare la vita; far capire la speranza, il dovere e quindi la gioia di salvare […] Quella di Vermicino è una storia che per come nasce, cresce e muore non ha precedenti. Ero appena stato nominato direttore ed era la mia prima riunione per l’edizione delle 13. Un redattore mi ha parlato di Vermicino e riferito che una squadra di vigili del fuoco stava andando a tirare fuori il bambino dal pozzo. Così ho detto: mandiamo una telecamera“.
Di certo c’è solo che quel pozzo di Vermicino è una ferita ancora aperta per chi l’ha vissuta e sembra proprio che ancora non si sia riusciti a chiudere in conti con quanto è successo, davanti e dietro le telecamere.