Vengo anch’io con Fabrizio Frizzi tocca il fondo: bambini in giuria o invasati dalle famiglie
Leggi la recensione di Vengo anch’io, il family talent di domenica 4 settembre
Qualcuno dovrebbe distogliere Fabrizio Frizzi, il presentatore più didascalico della tv, il più amato dal Presidente della Repubblica, dall’accettare programmi lesivi della sua onorabilità. Dopo il brutto – ma fondamentalmente innocuo – Adamo ed Eva e il ripetitivo Attenti a quei due, Vengo anch’io è l’ennesimo imperdonabile errore di valutazione della sua presenza in prime time.
Il conduttore, con l’azzardata ingenuità di sempre, lo definisce “la gara-spettacolo delle famiglie italiane”. In realtà è ben di peggio: qui i bambini si confondono tra gi adulti, perché la gara non si rivolge solo a loro, ma a un “talento” di qualsiasi età che, pur di imbucarsi in tv, trascina un suo familiare connivente sul palco.
E’ lo sdoganamento dei tele-invasati, con la complicità del parentado che li aizza a darsi arie. Roba da rimpiangere la disciplina di fondo di Ti lascio una canzone e Io Canto, dove sullo scimmiottamento molesto prevale una sincera sfida di talento (e i genitori si limitano a fare gli accompagnatori, anziché rubare la scena ai pargoli).
Vengo anch\’io: le foto delle famiglie
Chi ha vinto? Scoprilo dopo il salto!
- La prima edizione di Vengo anch’io è stata vinta dall’acrobata Igor Matyushenko e il figlio Andrea. Seconda classificata la famiglia Santi, terzi i Marano e quarti i Milencovic.
Scimmiottamenti di dubbio gusto
Questa sera si sono susseguite esibizioni-orrore, da due fratellini impegnati in una squallida bachata all’ennesimo baby-clone di Michael Jackon, Riccardo Marano, che ha reclutato la lolitesca sorella maggiore per aggiudicarsi la prima manche,
Baby-giurati importuni
L’aggravante sta nel fatto che qui i bambini vengono pure “elevati” a giudici delle esibizioni altrui, con domande ai limiti dell’importuno. La peperina Giulia insiste sul chiedere a un concorrente coetaneo se siano fidanzati o no. E il serio bambino violinista della famiglia Milencovic risponde secco: “Ho una compilation, devo eliminare qualcuna”. Per non parlare dei “nipoti-opinionisti” che hanno già imparato le frasi fatte dei talent: “Voto loro perché mi hanno comunicato un’emozione”.
Tutto questo mentre Frizzi si fa la sua risatina d’ordinanza, prendendo tutto come un gioco. Gravissimo, sottovalutare un format simile apparentemente senza pretese, ma in realtà inquietante feticcio delle famiglie partecipanti. Basti pensare alle loro segnalazioni dilaganti tra siti web e stampa locale, della serie “noi andiamo in tv, voi rosicate pure”.
Gli zii Tosca e Biagio
Se “la zia” Tosca D’Aquino rinfaccia a un piccolo partecipante di aver detto “Quand’ero un bambino”, come se ora fosse un adulto, lo “zio” Biagio Izzo dice che “il livello qui è molto alto” e che “io avrei dato la vita per fare uno sketch con i miei genitori”. Della serie i sentimenti filiali, ormai, si avviano a misurarsi in partnership televisive.
Protagoniste della serata dodici famiglie, composte da mamme, papà, figli, nonni, zii, ecc. (la composizione del team può essere la più varia), che si esibiranno in qualsiasi disciplina, senza limitarsi al classico ballare-cantare-suonare. Ogni tipo di capacità e di talento, anche i più disparati e insoliti, potrà essere sottoposto al giudizio della giuria, composta da Tosca D’Aquino, Biagio Izzo e da cinque bambini, e del pubblico in studio.
Le dodici famiglie si esibiranno tre per volta, in quattro manche. Al termine di ogni esibizione (tutte della durata di pochi minuti), i giurati si confronteranno ed esprimeranno il proprio parere, determinando, insieme al voto espresso dal pubblico in studio, le quattro famiglie vincitrici di ogni singola manche, che accederanno alla fase finale. Spetterà al pubblico in studio, dopo aver rivisto un estratto delle esibizioni di ciascuna famiglia, eleggere la famiglia vincitrice dell’intera serata.
Gli autori del programma sono: Flavio Andreini, Filippo Cipriano, Andrea Palazzo e Nicola Fuiano. La scenografia è di Stefania Conti, la regia di Sergio Colabona.