Venezia 2010 e Tv: dentro e fuori le Teche, e le idee e i racconti?
Tutte le televisioni, specie in Italia da anni a questa parte, lavorano molto con gli archivi, preferibilmente quelli del Luce e della Rai. Grandi bacini di immagini, di sonori, di realtà. Quelli del Luce fortissimi sul periodo del fascismo, della guerra e del dopoguerra. Quelli della Rai fortissimi anch’essi, dal 1954 in poi. Alla Mostra
Tutte le televisioni, specie in Italia da anni a questa parte, lavorano molto con gli archivi, preferibilmente quelli del Luce e della Rai. Grandi bacini di immagini, di sonori, di realtà. Quelli del Luce fortissimi sul periodo del fascismo, della guerra e del dopoguerra. Quelli della Rai fortissimi anch’essi, dal 1954 in poi. Alla Mostra un giornata in gran parte dalla storia e dai documenti. Fuori concorso: 1960 di Gabriele Salvatores e di Niente paura di Piergiorgio Gay.
Due viaggi in Italia. Il primo quasi esclusivamente nelle Teche della Rai, sempre da lodare; il secondo, fatto anch’esso di documenti televisivi ma in buona parte girato, soprattutto sono interviste a personaggi della cultura, opinionisti, testimoni, e a ragazzi italiani, o in qualche caso immigrati divenuti italiani. Casseforti cariche di ogni bendiddio, e siccome le conosco bene (per i miei lavori in tv), talmente fitte da sembrare foreste inesauribili.
Salvatores, con i suoi collaboratori, fidando in Giuseppe Cederna come voce narrante, propone una ideale avventura di un ragazzo del Sud che lascia la sua terra e parte verso Roma, poi verso Milano, in cerca di un destino diverso. Le Olimpiadi, i treni carichi di lavoratori e famiglie per cercare un po’ di benessere e un destino, i programmi della tv, le balere, il cinema, la dolce vita felliniana, e il resto potete immaginarlo.
Un anno storico e non solo perché è trascorso mezzo secolo da allora. Curiosità, nostalgia, sorrisi, malinconia, volti speranzosi. Qualcosa che passa veloce sui fatti politici, sugli avvenimenti di cronaca più drammatici (ad esempio la cronaca nera), sulle ombre che pure c’erano, avviando quel processo di trasformazione e di delusione dietro la facciata che lo stesso Fellini aveva anticipato nel suo film più giustamente famoso.
Niente paura (qui il trailer) ha non solo come sfondo il beniamino del rock nostrano Luciano Ligabue, le sue canzoni dedicate al nostro paese, i suoi affollatissimi concerti. Il tema generale è però quello della identità italiana, della mafia e delle stragi, insomma di tutto un po’, sul filo di citazioni e commenti sugli articoli della Costituzione. Il progetto è intonato al periodo e ai vicini 150 anni dall’Unità d’Italia. Lodevole intento.
Ma lo svolgimento del racconto, nel cercare di mescolare passato e presente, oltre che stille di fiducia nel futuro, si allunga troppo, talvolta si perde nelle interviste e nella ripetizione dei personaggi, nonché nelle parole del grande Luciano che si prende sul serio e perde, così, quella comunicativa e sincerità che viene fuori dai suoi concerti, grazie all’entusiasmo di fans che lo seguono non dico con devozione ma certamente con passione. Anche in questo caso una visita in cassaforte molto gradita. Il tesoro è parzialmente soddisfacente. Album. Meglio di quelli che spesso vanno in onda incollando con lo sputo le immagini. Si vedrà. Servono idee. E racconti più freschi, meno scontati.