Il racconto del Vajont di Paolini, una diretta indimenticabile (ora su RaiPlay)
Per il 58° anniversario, RaiPlay pubblica Il racconto del Vajont di Paolini: una diretta che fece storia e insegna ancora oggi cosa può fare la tv.
Il 9 ottobre 1997 i telespettatori che si sintonizzano in prima serata su Rai 2 vivono un’esperienza mai fatta prima e che difficilmente dimenticheranno: in occasione del 34° anniversario del disastro del Vajont, Rai 2 trasmise Il racconto del Vajont, o meglio portò in scena, in diretta, Vajont 9 ottobre ’63 – Orazione civile, un monologo teatrale di rara bellezza ed efficacia scritto e interpretato da Marco Paolini. La prima di quel monologo risale al 1993, per il 30° anniversario di quella tragedia davvero annunciata che vide la morte di circa 2000 persone e la cancellazione di 6 paesi della valle del Vajont a causa di una frana, a dir poco ‘sottostimata’, che piombò con tutti i suoi 270 milioni di metri cubi di rocce e terra nell’invaso colmo d’acqua, facendolo tracimare in soli 20 secondi. 25 milioni di metri cubi d’acqua si riversarono sulle cittadine della valle spazzandole via. Erano le 22.39 del 9 ottobre 1963.
Il racconto del Vajont, la tv si fa evento civile
Quello spettacolo arriva in tv il 9 ottobre nel 1997: una diretta senza break pubblicitari – una circostanza davvero eccezionale fino a quel momento e ripetutasi di rado in tv – allestita ai bordi della diga – illuminata magnificamente dal direttore della fotografia – di una versione rieditata apposta per la tv da Felice Cappa e Gabriele Vacis, regista teatrale della versione originale, scritta con e portata sul palco da Marco Paolini per la prima il 9 ottobre del 1993, trent’anni dopo il disastro.
“Un sasso è caduto in un bicchiere colmo d’acqua e l’acqua è caduta sulla tovaglia. Solo che il bicchiere era alto centinaia di metri – continuava lo scrittore e giornalista – il sasso era grande come una montagna e sotto, sulla tovaglia, stavano migliaia di creature umane che non potevano difendersi”
scriveva Dino Buzzati sul “Corriere della sera”, l’11 ottobre 1963. Una descrizione semplice di una tragedia complicatissima, nata alla fine degli anni Venti e riassunta da Paolini in stato di grazia senza saltare passaggi sostanziali, in diretta e d’un fiato, alternando toni leggeri e ricostruzioni drammatiche.
Quello spettacolo, quell’orazione civile che ha poi ha anticipato altri racconti come I-Tigi su Ustica, è stato un evento televisivo in senso pieno: un teatro perfettamente televisivo, rigorosamente in diretta, con un racconto sincronizzato al minuto che permette all’autore/attore di arrivare alle 22.39 a descrivere la frana e le sue conseguenze, un allestimento a dir poco suggestivo, una regia che tiene insieme la maestosità dell’opera ingegneristica e lo sgomento dei singoli al racconto di Paolini, riuscendo ad esaltare entrambi.
Un’esperienza televisiva a tutto tondo, accolta e promossa dalla Rai 2 diretta da Carlo Freccero, che chi ha seguito live quella sera non ha potuto dimenticare: un rito collettivo di conoscenza e di partecipazione che ha unito il Paese nella testimonianza di una tragedia, ma soprattutto nella consapevolezza di un modo italiano di fare le cose che sopravvive, ahinoi, ma che oggi trova difficile rappresentazione in un clima di continua bagarre politica priva di argomentazioni e di contraddittorio.
E allora rivedere quel momento di televisione diventa quasi un dovere, soprattutto per chi ama la televisione, per chi ne capisce il potenziale: l’orazione civile di Paolini sul Disastro del Vajont è una delle dimostrazioni migliori di cosa possa fare la messa in scena televisiva nel pieno del suo linguaggio, la diretta. Per fortuna RaiPlay ha reso di nuovo disponbile, e integralmente, quella trasmissione in occasione del 58° anniversario della tragedia. Vale la pena vederla: gli anni, sia pur visibili nella sgranatura delle immagini e in un formato old fashioned, non sono passati per la forza, la tenuta narrativa, la passione dell’interpretazione. E nonostante la registrazione, si sente tutta la tensione viva che passa su quello slargo suggestivo, magnificamente illuminato, incredibilmente potente, ai bordi del precipizio.