VADO ALLA MOSTRA DI VENEZIA CON LE ORECCHI E GLI OCCHI BENDATI…
Vado alla Mostra del cinema di Venezia per le dirette per RaiSat. Quest’anno compio 40 anni di Venezia. La prima volta che mi recai alla manifestazione era il 1968. Poco prima, nel giugno, ero stato alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro. Sempre per motivi di lavoro. Non avevo i soldi per andarci in vacanza
Vado alla Mostra del cinema di Venezia per le dirette per RaiSat. Quest’anno compio 40 anni di Venezia. La prima volta che mi recai alla manifestazione era il 1968. Poco prima, nel giugno, ero stato alla Mostra del nuovo cinema di Pesaro. Sempre per motivi di lavoro. Non avevo i soldi per andarci in vacanza o da cinephile. Ma amavo e amo il cinema.Lavorai in entrambi i casi. Il destino, per così dire, mi fu propizio.
Capitai sia a Pesaro che a Venezia nel bel mezzo della contestazione. Quell’anno la contestazione andava forte. Circolava la protesta in tutto il mondo contro la guerra nel Vietnam e la rivendicazione degli studenti americani (datata inizi anni 60) per la libertà di parola negli atenei, a cominciare da quello di Berkley (si veda il film “Fragole e sangue”). Protesta e rivendicazioni si fusero e sbarcarono in Europa, a cominciare in sordina in Italia e in Germania,e poi con sempre più energia a Berlino e a Parigi.
Gli studenti trovarono, specie in Francia, masse operaie in sintonia. Gli intellettuali si svegliarono. Scoprirono che bisognava non perdere il treno in corsa. Vi salirono e cominciarono a contestare anche loro, vivacemente, a Parigi, al Festival di Cannes (Jean Luc Godard guidò la protesta e costringendo il festival a sospendere le proiezioni), al Festival di Berlino e poi, dopo Pesaro (dove ci furono duri scontri tra gente che partecipava al festival e studenti di destra, in una nuvola di gas lacrimogeni), alla Biennale di Venezia, a poco meno di un mese, un mese e mezzo dalla Mostra del Lido.
Per inciso, rischiando l’accusa (fondata?) di vanità, vorrei ricordare a chi è curioso che tutte queste storie le ho raccontate nei libri “Pasolini passione” (lo scrittore-regista fu protagonista, ma anche tartassato, dalla contestazione a Venezia), in “1967- Tuoni prima del Maggio” e “1969-Un anno bomba”, nonchè nel doc “Frammentatori?” presentato qualche mese fa al Festival delle culture giovanili a Salerno e nella trasmissione su Radio1Rai “Ma com’era il ’68?” che torna in onda da martedì 26 agosto alle 11.03. Più in una serie di scritti che si ritrovano in cataloghi e su vari siti internet. Di recente, sono stato intervistato per il doc “Venezia 68” di Sarno e Della Casa che verrà proiettato nei giorni della Mostra che va ad incominciare; e che ha suscitato tante polemiche, in parte oziose, su cui magari si potrà tornare.
Chiuso l’inciso vanitoso, provo a descrivere l’atteggiamento con cui vado domani a Venezia. Un atteggiamento, come sempre positivo, ottimistico, non mi sono mai piaciuti tutti coloro che trasformano l’occasione della Mostra per attacchi generici alla Mostra stessa, ai suoi direttori, alla Biennale, al cinema italiano (che viene regolarmente massacrato). Se vi diverte andate a cercare soprattutto il libro “Pasolini passione”, una vera via crucis per un artista vero che nel ’68 teneva ad essere a Venezia per amore del suo film “Teorema”: vi troverete una descrizione spero seria e documentata (credo che sia tale) di quel che accadde prima di quell’anno e anche dopo alla manifestazione veneziana.
Detto questo, vado a Venezia con gli occhi e le orecchie bendate. Toglierò le bende solo per vedere e ascoltare i film, le conferenze stampa più meritevoli (a mio giudizio), incontrare registi, critici, amici e non degni d’interesse (sempre a mio giudizio). Ma terrò le bende a portata di mano. Contro l’invadenza dei politici prèt-a-porter, di certi uffici stampa, di certi giornalisti e critici, di certi mediocri registi e cineasti, di fanatici di ieri di oggi e anche di domani (non è sempre facile riconoscerli).
Insomma, cercherò di non vedere e non sentire le solite melensaggini sulla salute del cinema, sui rapporti cinema-tv, sulle crisi, sui finanziamenti (capitolo sprecato in un festival che è quasi sempre una fiera delle vanità), sulle ideologie e sulle estetiche imposte, sui recuperi funebri, sulle velleità di certe tv o istituzioni.
Ce la farò? Non so. Ci provo.
Sono preoccupato. Sento campane antiche. Scontri e diverbi che vengono dai luoghi dei processi e delle celebrazioni catechistiche di destra e di sinistra. Sento e vedo già al lavoro opinionisti targati in agguato, pronti a farsi intervistare, a gettarci addosso le polpette di loro tempi andati, spaesati e spensierati (senza pensiero). Le pellicole avvolte dalle parole della stampa e delle tv sono fossili ancora prima di vivere sullo schermo. Come il rito del tappeto rosso, del gossip o del divismo (a volte di mezze calzette).
Aiutatemi, aiutiamoci. Il cinema è troppo importante- ancora- per lasciarlo nelle mani e delle idee (non di rado stantie) di chi lo fa, lo predica, cerca di imporlo, a prescindere, ovvero senza dare importanza a ciò che lo merita veramente: i film, la loro qualità artistica, la loro capacità di creare interesse e di aiutarci a capire qualcosa nel matto mondo della glocalisation.
Ciak, buona la prima o…
ITALO MOSCATI