Unto e Bisunto – La vera storia di Chef Rubio è un esperimento ben riuscito per almeno tre ordini di motivi: il protagonismo, grazie a una scrittura che celebra Chef Rubio spingendo sul pedale dell’ironia senza trasformarlo in una macchietta; il protagonista, con un Gabriele Rubini sorprendente, che si muove con disinvoltura tra diversi registri come mai diversi attori di fiction sono riusciti a fare nella propria carriera; la qualità della confezione, fiore all’occhiello del prodotto fin dalla sua prima stagione, che riesce a non tradire la serie restituendo ai suoi aficionados il sapore delle inquadrature, dei tagli, del montaggio, di tutti quegli ingredienti che hanno reso Unti e Bisunti un cult.
Tutta l’epopea ‘rubiana’ è ripercorsa con ironica reverenza, dalla commovente riproposizione del baffetto da sparviero degli esordi alla sfida napoletana che richiama lo storico pilot, dalla gag con ‘U Russ alla carnalità della sfida, dalla preparazione quasi ‘carbonara’ del cibo all’assaggio ‘splatter’. Ma l’ingrediente segreto resta l’ironia, qui calibrata con particolare finezza. Il film, infatti, riesce a omaggiare il mito di Chef Rubio senza retorica, lo innalza agli altari, ma prima li fodera di porchetta: gioca con la sua fama da sex symbol inserendo uno ‘spogliarello’ in pieno mercato napoletano, ma nel controcampo piazza lo sguardo ‘rapito/perplesso’ dello sfidante; evoca i red carpet, ma li condisce di gesti ‘apotropaici’. Insomma scherza col culto e proprio per questo lo rende ancora più grande agli occhi dei devoti.
D’altra parte, però, si vede che si tratta di un esperimento. È una prima volta al lungometraggio per la squadra di Unti e Bisunti ed è anche la prima volta che si traspone un format tv in una sceneggiatura intrinsecamente fictional. Una doppia sfida che ha visto qualche inciampo principalmente sul piano narrativo, a mio avviso. Accantonata la solida griglia del format e scelta la formula della favola, si è finito per cucinare una sorta di ibrido che ha cercato di non rinunciare ai capisaldi del programma, come le sfide e le preparazioni, provando però a innestarle in un arco d’evoluzione del personaggio. E alcune fasi di questo procedimento risultano deboli.
Quasi ellittico, ad esempio, il passaggio dalla sfida sul palato a quella sulle preparazioni tra Giancarlo e Rubio, che mai si è visto cucinare, ma solo mettere alla prova il suo palato assoluto (e sì che pure la porchetta prima o poi toccava farla); giustapposto il primo turning point, col rapimento e l’incarcerazione dell’assaggiatore Rubio in Puglia, che ha il sapore solo di una ‘scusa’ per omaggiare ‘U Russ e dare la ricetta per le orecchiette (ma la scelta di montaggio sulla ricetta allevia un po’ la sensazione di superfluo); un tantino confuso il segmento post diagnosi, che sembra solo rallentare il ritmo in attesa del secondo turning point, il ritorno alla tellina del Cuoco pescatore. Un po’ debole a mio avviso anche la ‘morale finale’ (l’emozione è l’unica cosa che conta) che rischia di mortificare, invece, un finale commovente (sì, la lacrimuccia è scesa) che unisce tempi diegetici e personaggi, ‘incarnando’ in loro l’unica vera missione, la salvaguardia del gusto e delle tradizioni, dei suoi lavoratori e dei suoi ingredienti. E quell’arrivo sulla spiaggia sembra quasi un Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Gli si può (quasi) perdonare la mancata ‘consecutio’ temporale sul finale della linea narrativa in spiaggia, col crepuscolo che lascia spazio al sole quando non dovrebbe.
Risente di alcune incertezze anche il ritmo, che accelera e decelera anche quando dovrebbe tendere a una progressione, il che lascia una diffusa sensazione di lentezza soprattutto nella parte centrale del racconto. Non aiuta in questo la forte spinta in partenza data dal prologo – accattivante e accurato nell’immaginare un prossimo futuro e un Rubio imbiancato – e dal primo atto, con quell’assaggio di infanzia di Rubio da standing ovation per l’interpretazione divertita e divertente di Rubini, per la scrittura, per la regia (le soggettive al primo compleanno sono deliziose) e i bambini in scena. Con la sfida della porchetta inizia la frenata; si torna a ingranare la marcia con la sfida della Minestra di carne cotta a Napoli, il cuore del film, ciò che davvero restituisce, potenziata, tutta l’essenza della serie. Questo secondo atto – verrebbe da dire anche tutto il film – appare come un atto di amore verso Napoli.
“Quante gioie gioie m’ha dato ‘sta città” dice Chef Rubio arrivato al mercato di Antignano. Tante gioie l’ha date anche ai suoi fans, che l’hanno amato nel pilot napoletano, anche grazie all’apporto di Paolo Russo, che qui torna nelle ancora più determinanti vesti di perfetto ‘aiutante’ (proppianamente parlando), nonché spalla comica di un Rubio sempre più disposto a giocare con la macchina da presa e soprattutto a prendersi in giro. In questo, Russo è il contraltare perfetto: i due potrebbero fare coppia fissa per capacità di gestire i tempi comici e per la visibile complicità che traspare in ogni inquadratura.
Corsi e ricorsi storici, quindi. Là dove tutto ebbe inizio sembra quasi terminare: quella che fu l’origine della fortuna dello chef diventa la cornice del suo declino. Ma quella tra Rubio e Partenope è una storia viscerale, che passa non a caso per trippa, cularino e interiora, attraversa i vicoli di Napoli Sotterranea e arriva ai Quartieri, tra pastiere, casatielli (“Cioè, tu dici una cosa e quella nel Casatiello ci sta...” è la quintessenza della ricetta alla napoletana, per inciso), brodo di purpo e minestra di carne cotta. E siamo ben oltre la tradizione, siamo alla memoria, che è cosa ben diversa.
Una memoria che si manifesta anche in alcune citazioni, più o meno dichiarate. Se da una parte c’è quel “Biv’, aggia vere’ se mi posso fida’ ‘e te“, che arriva dritto dritto da Gomorra – La Serie (e soprattutto dalla parodia dei The Jackal), dall’altra mi sembrano ci siano dei richiami a De Filippo e/o De Sica nella scena dell’arrivo del dottore per Rubio. Quel capannello di gente davanti alla porta della Cantina della Tofa mi fa tanto assembramento al ritorno di Gennaro Iovine in Napoli Milionaria o dell’arrivo dei Carabinieri in Ieri, oggi, domani: un topos dell’iconografia cinematografica che ha i vicoli di Napoli come protagonisti. Un topos che si modernizza con la scena nella stazione della metro di Piazza Garibaldi, tra scale mobili e acciaio, specchi e giochi di prospettiva. Perché il racconto per immagini si fa proprio con le immagini, ma spesso la tv se lo dimentica. Unti e Bisunti no.
In conclusione torniamo anche noi, ciclicamente, all’inizio, ovvero al protagonista. In questo quarto stadio di Unti e Bisunti, infatti, Gabriele Rubini riesce far fare un passo in avanti al suo personaggio e a se stesso: la prova attoriale convince, forse più di quanto lui stesso avrebbe mai potuto immaginare; nello stesso tempo il ‘gioco dell’attore’ gli permette di prendere un pizzico di distanza dal suo ‘alter ego’, di cui sembra quasi si diverta a mostrare il lato intimo, sofferto, a fronte di una serie tv che l’ha sempre mostrato sfrontato e sicuro di sé, come nella prima parte del film, in cui si racconta l’infanzia e la gioventù di Rubio. In tutta il secondo atto, invece, si guarda l’altra faccia di Rubio, il ‘lato B’: è come se Gabriele avesse applicato anche al suo personaggio quella ricerca del ‘nascosto’ che è stata la missione culinaria del programma e che ora anima la sua esperienza da fotografo e documentarista.
Autoironia, voglia di mettersi in gioco, un pizzico di gioiosa incoscienza e tanta consapevolezza di sé e del proprio cammino: sono questi gli ingredienti vincenti di un Rubio che regala chicche da commedia e momenti ‘drama’. Difficile non assegnargli il premio come Migliore attore protagonista per l’anziano sulla spiaggia, come Miglior attore non protagonista nel ruolo di ‘Papà’ e un Gran Premio della Giuria per la scena che lo vede seduto all’addiaccio sulla gelida spiaggia alla vigilia di Natale. Menzione speciale per la coppia di corridori, davvero spettacolare. A loro anche il compito di accompagnare il pubblico lungo la saga dello chef. Li aiuta comunque il racconto, costruito perché tutto sia perfettamente collegato con raccordi, richiami, stacchi che non lasciano nulla al caso e che ancorano la storia alla serie tv e all’immaginario collettivo (cfr Forrest Gump). Visto che siamo in vena di Menzioni, cito anche il sonoro in presa diretta: non c’è doppiaggio e nelle fiction è cosa molto rara. Chapeau.
Un ultimo atto piacevole, quindi, per la saga di Unti e Bisunti, che però non travolge: sorprende, conquista a tratti e arriva anche a commuovere, col finale e con le due clip di best of che appaiono brevemente nel corso del film tv. Quei volti e quelle storie sono state Unti e Bisunti, questo lungometraggio è stato soprattutto una celebrazione, non retorica, di Rubio. Il format ci mancherà. Ora toccherà farne uno anche meglio….
Unto e Bisunto, La vera storia di Chef Rubio | Anticipazioni
Il momento è arrivato: questa sera, martedì 20 dicembre, alle 21.10 su DMAX (DTT, 52) va in onda Unto e Bisunto – La vera storia di Chef Rubio, il film tv che chiude la saga di Unti e Bisunti, diventata un cult per il suo modo del tutto singolare di raccontare la profonda tradizione del cibo di strada regionale attraverso le storie dei suoi più veraci depositari, stanati da un narratore televisivamente atipico, per gli standard nostrani, come Gabriele Rubini.
Apparso ormai tre stagioni fa con baffetti da sparviero e tatuaggi in ogni dove, mani immerse nel cibo e sguardo attento a cogliere le mille sfumature delle tradizioni culinarie nei meandri più genuini dello Stivale, Chef Rubio ha colpito col suo modo carnale di portare in tv il cibo. Da ‘sacerdote’ laico al servizio del lavoro segreto di chi tramanda ricette, Rubio si fa ora protagonista di una favola natalizia, che costituisce una nuova evoluzione di un format partito come una tradizionale serie episodica e sviluppatosi fino a diventare una sorta di narrazione fictional in salsa kitchen, che testa ora il formato cinematografico.
Per la prima volta, quindi, un programma tv si fa film. Una sfida produttiva e di linguaggio – come emerso dalle interviste a Cristiana e Riccardo Mastropietro – per la quale si è scelta la formula della favola natalizia, con un protagonista baciato dal superpotere del palato assoluto, una cornice tra il magico e l’ironico e un messaggio da veicolare, ovvero la necessità di coltivare il proprio gusto, conoscere le proprie peculiarità gastronomiche e rispettare il cibo come espressione di ogni territorio, di ogni cultura, di ogni epoca.
Tutto, dunque, ruota intorno a Chef Rubio, alias Gabriele Rubini: la sua ‘vera storia’ è un pretesto per costruire questo esperimento narrativo nato, come ci raccontato lo stesso Rubio, essenzialmente per rendere omaggio alla serie, per salutare i fans e per far conoscere questo personaggio a chi finora non l’aveva mai incrociato. Si legittima, con l’ironia, Rubio nel ruolo del ‘paladino’ dei sapori più autentici, apprezzati anche grazie a un dono che è origine delle sue fortune e causa dei suoi mali, che lo porta dalla sua Frascati alla scoperta del mondo, con la Roma nel cuore e una missione (forse) da compiere.
Non c’è traccia del rugby, del suo diploma all’Alma di Gualtiero Marchesi in questo ‘biopic’ che non ha intenti ovviamente documentaristici, ma gioca – tra flashback e flashforward – a immaginare un Rubio ormai anziano, ritiratosi in solitudine sulla spiaggia, che ripercorre la sua vita e le sue disgrazie, le sue avventure tra Napoli, Puglia, Roma e dintorni, la sua infanzia e le sue scoperte.
Prodotto da Pesci Combattenti per Discovery Italia, questa favola di Natale ‘all’amatriciana’ – o anche cinepanettone col guanciale, come l’ha definito il regista – ha anche una colonna sonora particolare, o meglio dei titoli di coda decisamente personalizzati. Ad accompagnare il film tv, infatti, c’è un brano inedito di Frankie hi-nrg mc, con tanto di videoclip d’ispirazione fumettistica cui hanno partecipato, oltre a Chef Rubio, anche le campionesse paralimpiche Bebe Vio e Martina Caironi, che potete vedere in alto.
Per il film tv con Rubio protagonista, invece, bisogna aspettare le 21.10 di oggi, martedì 20 dicembre 2016. E intanto scaldate le repliche, perché alla fine di questo ‘cinepanettone’ avrete voglia di ripercorrere tutto il viaggio di Rubio tra le tappe di Unti e Bisunti.