Una mamma per amica, i creatori sulla miniserie: “Era il momento giusto, abbiamo completato il nostro viaggio”
Amy Sherman-Palladino e Daniel Palladino commentano la miniserie di Una mamma per amica, i tempi di realizzazione e la scelta del formato di quattro film-tv per Netflix
Nove anni dopo la chiusura su The Cw, e con la moda sempre più frequente di riportare in televisione sequel di serie tv storiche, sembrava essere il momento giusto anche per Una mamma per amica di entrare di nuovo nelle case della gente. Ma i due creatori dello show, Amy Sherman-Palladino e Daniel Palladino, hanno voluto pensare ad un formato inedito, che soddisfasse loro stessi ed il pubblico.
E’ nata così l’idea di “A Year in the Life” (in italiano “Di nuovo insieme”), la miniserie composta da quattro film-tv di novanta minuti ciascuno, che Netflix pubblicherà venerdì prossimo. Intervistati da The Hollywood Reporter, i due (che hanno scritto e diretto tutti e quattro gli episodi) hanno spiegato di essere giunti facilmente ad un accordo con la Warner Bros., da cui si erano allontanati alla fine della sesta stagione, quando il loro contratto non fu rinnovato e lasciarono la serie tv.
“E’ stato fantastico, ci siamo incontrati nel momento giusto e con le giuste circostanze”, ha detto Amy. “Siamo andati da Peter Roth (presidente della Warner Bros. Television, ndr), abbiamo deciso di intraprendere questo viaggio insieme, lui è un grande fan dello show”. “Erano a favore della nostra idea”, ha aggiunto Daniel. “Ci hanno accompagnato alle diverse presentazioni [del format] che abbiamo tenuto… E’ bello che non sarebbe stato possibile realizzarlo se non fosse stato per i servizi di streaming online. Alla fine è andato su Netflix. Era la nostra scelta, ma l’abbiamo presentato anche da altre parti, oggi c’è una mentalità più aperta nel fare le cose diversamente”.
La scelta di riportare in tv Una mamma per amica con un format del genere, quattro film-tv ognuno dei quali rappresenta una stagione dell’anno, esprime la volontà dei due autori di voler fare qualcosa che non fosse destinato alla tv nè al cinema, spiega Daniel:
“Non volevamo fare un film di due ore. Non ci sarebbe stato tutto quello che volevamo fare. E non volevamo fare una serie. Non volevamo finire sulla tv generalista. Abbiamo trovato una via di mezzo. E’ il modo creativo perfetto per mostrare dove sono finiti i personaggi, raccontando cosa succede in un anno. Era perfetto per noi e per gli attori. Era qualcosa che non avremmo mai pensato di fare”.
Amy, invece, ha capito che era il momento giusto dopo una reunion del cast:
“Innanzitutto, era passato abbastanza tempo nelle vite dei personaggi da rendere interessante sapere cosa stavano facendo. Non credo sarebbe stato interessante realizzarlo prima. Credo che sia necessario che passi un po’ di tempo per avere delle storie davvero buone, che spieghino dove sono e quali sono i loro problemi. Poi, quando eravamo ad Austin (alla reunion dell’Atx Festival, ndr), ho avuto una sensazione. Il fatto è che al cinema, in televisione, a teatro, non si può mettere di nuovo mano su qualcosa. Puoi dire ‘c’è una grande sceneggiatura’, ‘c’è un grande attore’, ‘c’è un grande regista’, ‘Oh mio Dio, il direttore della fotografia è favoloso’, ma si tratta sempre di magia, di alchimia. C’era qualcosa nell’essere di nuovo tutti sotto lo stesso tetto. Era il momento. Non posso spiegarlo in altro modo, era il momento di agire, siamo andati alla Warner Bros., siamo andati da Netflix, e gli abbiamo detto ‘Che ne pensate, ragazzi?’. Ed abbiamo insistito perchè accadesse in fretta, cosa che non accade di solito perchè ci sono un sacco di contratti da fare, ma pensavamo che gli attori fossero in un periodo in cui sarebbero stati propensi a farlo. Parenthood era finito. Quindi non dovevamo far uscire Lauren Graham (Lorelai) da una serie. Alexis Bledel (Rory) non era in Mozambico a girare in film o chissà cosa. Scott Patterson (Luke) non stava portando in giro la sua band. Ho pensato ‘E’ il momento giusto’. La scomparsa di Ed Herrmann (Richard, ndr) era ancora recente e ne eravamo ancora colpiti, mi sembrava un modo per onorare lui e ciò che significava per noi. C’era qualcosa che mi dava questa sensazione. Io e Dan ci siamo guardati come a dire ‘Accadrà'”.
Così com’è stato semplice capire che la miniserie si sarebbe fatta, anche la scenneggiatura è stata facile da scrivere: “Abbiamo pensato in maniera naturale”, ha spiegato Dan. “Ci siamo chiesti dove fossero i personaggi, dove fossero per poterci dare la giusta quantità di conflitti. Non volevamo realizzare particolari colpi di scena. Certamente, la morte di Richard Gilmore influenza tutti e quattro gli episodi e le storyline in vari modi”.
“L’abbiamo fatto anche con lo scopo di farlo per i fan, di realizzare qualcosa che li omaggiasse”, ha aggiunto Amy. “Ma l’abbiamo anche fatto in modo che chi non ha mai visto Una mamma per amica si lasciasse trascinare dai personaggi, dai temi universali della vita, dei bivi da affrontare, delle tre generazioni di donne che hanno perso il patriarca. Volevamo esaminare dove fossero nelle loro vite e cosa avrebbero fatto. Sono temi che si addicono ad un film. Quindi volevamo applicarli al nostro mondo”.
La miniserie non è ancora uscita, eppure già ci si chiede se Una mamma per amica potrà avere un’altra stagione o se i due autori vogliono chiudere definitivamente, ora che sono riusciti a raccontare la storia che avevano in mente. “Sembrerebbe un po’ ipocrita, la gente ora è concentrata sul fatto che questa sia o no la fine”, conclude Amy. “Avevamo un viaggio preciso in mente e lo abbiamo realizzato. Quindi per noi, questo è il pezzo che volevamo aggiungere. Per quanto riguarda la possibilità di farne ancora, la lasciamo all’universo. Non vedo l’ora che esca. Sono entusiasta che esista. Non esiste ancora, è solo nelle nostre tasche. Siamo molto orgogliosi del lavoro che questi attori hanno fatto”.