Una buona stagione, Raiuno ha la sua fiction – soap senza sorprese
Una buona stagione è una fiction banale, con trama e personaggi che sanno di antico e non riescono a rendere la storia moderna, avvicinandosi ad uno schema che rende il tutto scontato e poco innovativo
Laddove Raiuno si vanta di avere fiction moderne ed attuali, ecco che arriva l’eccezione: “Una buona stagione” fa fare un passo indietro al tentativo del servizio pubblico di cercare racconti adatti ai tempi di oggi, con una storia che sa tanto di soap e rasenta il trash per banalità e dialoghi.
La trama (una famiglia proprietaria di una tenuta decide di venderla quando il figlio lontano da anni torna e prova a mettere tutto a posto) non lascia spazio ad invenzioni ed a riferimenti a temi utili a dare una svolta più moderna alla fiction: si resta sul racconto adatto ad ogni occasione, lontano dall’attualità e per questo estraneo ad una qualsiasi traccia di impegno da parte degli autori di scrivere qualcosa di contemporaneo.
Piuttosto, il tentativo è quello di trovare una storia che possa fare da concorrente ai teleromanzi di Canale 5: seppur con toni ed interpretazione diversa (Garko e la Arcuri sono un marchio di garanzia per certe fiction), “Una buona stagione” punta a quel pubblico che cerca gli sguardi intensi, i primi piani, fotografia patinata e le musiche da melodramma. L’ambientazione in Trentino è, forse, l’unica differenza, per il resto si tratta di una fiction senza impegno che non vuole fare la differenza.
Un cast di bellocci, battute ad effetto, colpi di scena scontati che portano allo sbadiglio prima della fine della fiction: Siamo di fronte ad una serie tv che campa di stereotipi, che non si vergogna di avere una trama che sa di già visto e che pensa di poter avere il consenso del pubblico con facilità.
“Una buona stagione”, insomma, ha le caratteristiche della vecchia fiction nostrana: un prodotto che Raiuno manda in onda pensando di catturare un pubblico che si accontenta. Come un vino in scatola che ha l’etichetta prestigiosa.