Su RaiUno sta andando in onda la prima puntata di Un minuto per vincere, con un’operazione di linguaggio piuttosto complessa: far incontrare Giochi senza frontiere e lo Show dei record. Da una parte si torna alla tradizione ludica della prova superata (con tanto di super replay) che il game televisivo sembrava aver perso. Dall’altra si opera una riverniciata stilistica, coniugando per la prima volta il racconto della real tv (rvm inclusi) con la viralità del videogame (il concept delle “vite” applicato malamente agli omini di uMan).
Tutto questo in un numero zero dal ritmo veloce, finalmente pensato e non a caso “ben dosato” in quattro puntate domenicali. Perché questo non è un quiz che si può fabbricare in serie per il quotidiano. Dietro c’è tanto lavoro di scrittura, una varietà di prove (con un ritorno al varietà in preserale, in anticipo rispetto a Avanti un altro di Bonolis) che rasenta il machiavellico e la voglia, finalmente, di osare.
Il tutto con i limiti e rischi che può comportare una sperimentazione così ardita su RaiUno. Un minuto per vincere si rivolge decisamente a un pubblico più “smart”, chiamato a riconoscere la voce fuori campo di Desperate Housewives come introduzione tensiva alle prove. Chi mai avrebbe immaginato tanta spregiudicatezza?
David Salvatori – Un minuto per vincere
Demenziale all’amatriciana
Peccato che le prove rasentino una dimostrazione di abilità spicciola, che stride con la costruzione fortemente “elaborata” del tutto. Come al solito, insomma, si prende un concept demenzial-agonistico alla Takeshi’s Castle o Wipe out, dunque molto contemporaneo, e lo si italianizza in chiave caciarona (con un Waka Waka che, seppur tormentone della concorrente in gara, stufa).
Sempre più al centro della scena un finalmente ben vestito Max Giusti, nell’inedito ruolo – non del tutto inadeguato – di divulgatore un po’ cialtrone.
La vittoria è di tutti
Intanto dalla coralità dell’Eredità si passa alla formula dell’one man/woman winner, con tutte le emozioni che la vittoria di un game comporta. A tifare per il protagonista di turno i suoi genitori, l’intero studio e lo stesso conduttore, in una dimensione di catarsi collettiva dalle ansiogenie del game.
Gioco-tormentone
E’ l’empatia, e una ritualità scandita dal refrain musical-testuale, a caratterizzare come “novità” Un minuto per vincere. O sarà un tormentone, o un salto più lungo della gamba. In ogni caso, ancor più di Colpo d’occhio, non lascerà indifferenti.