TvBlogger per l’estate 2007 /31
Per il nostro TvBlogger per l’estate odierno vi propongo un post di Privi che analizza lo schema tipico delle sit-com e ne segnala un paio secondo la sua opinione particolarmente riuscite. Pur non condividendo del tutto le sue opinioni, in particolare quella su South Park, pubblico con piacere il suo pezzo: fra i migliori giunti
Per il nostro TvBlogger per l’estate odierno vi propongo un post di Privi che analizza lo schema tipico delle sit-com e ne segnala un paio secondo la sua opinione particolarmente riuscite. Pur non condividendo del tutto le sue opinioni, in particolare quella su South Park, pubblico con piacere il suo pezzo: fra i migliori giunti al nostro indirizzo di posta, come qualità della scrittura e non solo.
Fuga dagli schemi: esempi di sit-com che funzionano
di Privi
Cosa accomuna un sonetto, un romanzo noir, una sinfonia, una pala d’altare e un western?
Il fatto che sono tutte espressioni culturali sottoposte (o sottomesse, se preferite) a un determinato genere. E che cos’è un genere? In senso lato, potremmo definirlo una sorta di prigione creativa autoimposta, in modo da poter ordinare meglio un flusso di idee.
Tra tutte le prigioni di questo tipo, non ne esiste una più rigorosa della sitcom. Venti, massimo trenta minuti di narrazione lineare con personaggi stereotipati che agiscono sempre negli stessi tre o quattro ambienti. E se nella vita dei protagonisti avviene qualche cambiamento degno di nota, non dobbiamo preoccuparci: a fine puntata probabilmente tutto tornerà come era prima.
Insomma, le storie sono praticamente già scritte. Il problema sorge quando, tra le altre cose, bisogna far divertire il pubblico, evitando di cadere nella trappola dei personaggi troppo stereotipati o delle situazioni forzate. E dunque si ricorre ad una scrittura brillante, a memorabili gag ricorrenti, alla special guest star della settimana, alla famigerata laugh track.
Eppure di tanto in tanto nascono serie TV che, piegando questi schemi a proprio vantaggio, riescono a trasformare in cavalli di battaglia quelli che potrebbero essere dei potenziali punti deboli. Eccone alcune che ci sono riuscite al meglio.
Ma che ti passa per la testa?, titolo originale Herman’s Head
Trasmessa da mamma Rai nei pomeriggi dei primi anni ’90, la serie parla di Herman Brooks, un comune impiegato d’ufficio newyorkese, e della sua vita quotidiana fatta di amori, amicizie, successi e guai.
Cosa c’è di così originale, vi starete chiedendo. C’è che nelle vicende di Herman interviene sempre la sua psiche, personificata da quattro attori che interpretano rispettivamente la razionalità, l’ansietà, la sensibilità e la voglia di divertirsi del protagonista. Esatto, uno dei tre o quattro set di questa serie rappresenta proprio la testa di Herman, sfondo prediletto delle decine di digressioni narrative presenti in ogni episodio.
Herman’s Head fu un esperimento prodotto dalla FOX, in un periodo in cui tale network era nato da poco e idee così originali poteva ancora permettersele. Peccato che poi, consolidata l’audience, ci si accorge che simili esperimenti, pur funzionando, non sono poi così remunerativi. Herman’s Head, con la sua freschezza, dimostra che le nuove idee, se ben sviluppate, possono tranquillamente essere di casa anche nel piccolo schermo.
That’s My Bush!
Dai creatori del mediocre South Park, ecco a voi la meta-sitcom per eccellenza.
Già di per se l’idea di fare una sitcom ambientata alla Casa Bianca è geniale e anarchica nella sua semplicità. Ma in That’s My Bush! c’è meno satira politica di quello che ci si potrebbe aspettare.
Ogni puntata infatti ruota attorno a un’esplicita parodia di un cliché delle situation comedy: il vicino di casa invasivo, i qui pro quo, la visita del parente antipatico, nel caso specifico Barbara Bush. Sommando questi due elementi potete facilmente intuire la potenza di questo show. Mettete infine un pizzico di comicità tipica di Trey Parker e Matt Stone che definire politicamente scorretta sarebbe un eufemismo, e avete il vostro successo assicurato pronto ad essere trasmesso per almeno cinque stagioni. O forse no?
Nata e morta nel 2001, pochi mesi prima dell’11 settembre, That’s My Bush è stata cancellata dalla sua rete originale, Comedy Central (la versione americana non il canale di Mondo Sky), per riorganizzazione di palinsesto e tagli di budget. Nonostante la trattazione neutrale di temi scottanti come l’aborto e il fatto che la classe dirigente statunitense sia molto meno permalosa della nostra, queste giustificazioni ufficiali continuano a puzzare di scusa.