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Tv Talk, quarta puntata: Emanuele Filiberto su Pechino Express: “Spero lasci il giovedì e credo in una seconda edizione”. Fiction Italiana, Reali risponde a Virzì

Tv Talk del 27 ottobre 2012: ospiti Emanuele Filiberto, che racconta dell’avventura di Pechino Express e Maurizio Belpietro, chiamato a commentare e analizzare in studio il ”fenomeno’ Santoro, ora sbarcato su La7, e l’addio di Berlusconi alla premiership. Stefano Reali risponde a Virzì sulla fiction Rai?

pubblicato 27 Ottobre 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 00:41

E veniamo alla risposta di Stefano Reali alle accuse sulla fiction italiana lanciate da Virzì. La questione abbraccia contenuti, audience, modi produttivi della fiction in Italia e negli Usa: ovviamente così non possiamo uscircene vivi e lo fa ben capire Reali quando chiama in causa il bacino ristretto di utenza dei nostri titoli, le richieste dei committenti, il peso dello star system, la disponibilità di investimenti. Il punto è, più o meno, questo:cosa farebbero i guru della serialità americani qui in Italia: Dexter o La signora in giallo?

Vexata questio che dimostra, una volta di più, come il prodotto tv sia in sé un sistema complesso. Certo non c’è bisogno di fare cose esagerate per alzare un po’ il livello medio di certi prodotti, ma forse non si può neanche pretendere ‘Lost’. Ma vediamo cosa si son detti, partendo dalla difesa di Reali:

“Io, al contrario di Virzì, la fiction non solo la faccio, ma la vedo e non la trovo così disprezzabile. Non la trovo neanche camomilla per anziani, anche perché viene vista e premiata un po’ in tutto il mondo. La vendiamo poco, magari, ma la vedono nel mondo, su RaiUno. E nei festival si sono affermati, oltre ai polizieschi che vanno sempre molto forte, anche i film storici e in costume che noi pensavamo relegati per gusto al pubblico nazionale. Penso a C’era una volta la città dei matti, Cefalonia, Lo scandalo della Banca Romana…”

Certo, quelli citati (tr cui i suoi) possono essere considerati delle eccezioni: e mentre la Motta delinea le caratteristiche del pubblico italiano, con circa un terzo di quello di prime time mediamente rappresentato da over 65, dagli Usa Salvadore ci illustra un mercato completamente diverso, in cui le emittenti fanno a gara per diminuire anche di un solo punto percentuale la media dell’età dei propri telespettatori, ora attestata sui 49-55 anni. Mirano al target 18-49, quello responsabile degli acquisti. Un panorama del tutto diverso in cui è diversa anche la strategia produttiva e di conseguenza narrativa: fa specie, peraltro, che mentre lo sceneggiatore Luca Manzi (tanti anni a Don Matteo, ora al fianco di David  Seidler) sottolinea come la nostra fiction non riesca a raccontare criticamente la nostra realtà (accusa da ani rivolta anche al cinema), dall’altra parte il giornalista di Sette sia di parere opposto, trovando in alcuni titoli ispirati alla realtà risultati ottimi, crollando nella serialità standard come in programmi come Sposami (giusto per non fare nomi). E Salvadore ci mette il carico da 90, aggiungendo che gli sceneggiatori USA hanno ormai un motto, la distruzione del concetto di buono e cattivo, mentre la lotta buoni/cattivi è sinonimo di fiction pessima. E su questo la fiction italiana è indifendibile…

Ma Reali risponde con un’immersione nella realtà di un certo tipo di produzione, quella più smaccatamente generalista:

“Intanto non è vero che il pubblico anziano digerisce ogni cosa, che è pronto a bersi tutto. I fatti dimostrano che non è cosìLa Rai fece qualche tempo fa un Borsellino, un film tv non pensato per il pubblico giovane, che fece il 29% sui 14 ai 24 anni. La platea della generalista è necessariamente invecchiata con l’esplosione del DTT. Però non è vero che la Rai o Canale 5 non investono, ma questi prodotti devono funzionare qui, ora e subito, con un rapporto qualità/prezzo, costo/ricavo, che ne garantisca la sopravvivenza. Le serie Usa non sopravvivrebbero mai con le nicchie che si sono qui, e poi là investono il Pil dell’Albania per ogni prodotto (…) L’investimento su un pilot di una tv sat americana è apri a 14/15 film indipendenti fatti in Italia e soprattutto come investimento nella scrittura, nel non aver fretta di farlo perché quell’attore è disponibile solo in quel momento.”.

Possibile dunque fare qualcosa di diverso dal solito?
Risponde Manzi:

“Teoricamente sì. Abbiamo una tradizione straordinaria di personaggi di questo tipo: basti pensare alla commedia all’italiana, in cui ‘buono’ e cattivo non sono così netti. Stiamo parlando di ricominciare a fare quello che sappiamo fare perfettamente. Perché questo non si faccia, perché le fiction si facciano solo su RaiUno e Canale 5 e quindi gli anziani non vogliono un certo tipo di genere non lo so, ma noi siamo in grado di farlo, dobbiamo trovare le opportunità industriali per poterlo fare”.

Reali chiosa tristemente:

“Noi purtroppo dobbiamo arrangiarci con il nostro bacino d’utenza. Quindi i confronti con il sistema americano secondo me sono fuori luogo. Il rapporto qualità/prezzo che a noi industrialmente è consentito può essere da stimolo per fare le cose che sono congrue al nostro bagaglio, che non sfigurano né contro il cinema, né contro le fiction europee”.

Insomma, nessuna speranza di miglioramento in media. Chiudiamo con la Motta paladina degli anziani dagli attacchi di Sebastiano Pucciarelli che vede ‘la categoria’ come ‘causa’ della fiction ‘camomilla’:

“Ci rivediamo quando avrai settant’anni: allora la fiction per anziani sarà Boris-…”.

Confrontiamo i reality musicali ITA e USA?


Da Pechino Express a X Factor 6, con una finestra sui reality musicali USA, da The Voice, prossimamente in Italia con Raffaella Carrà presidente di giuria (come anticipato da TvBlog) anche se nel programma si usa prudenzialmente un forse, alla versione USA di X Factor.

“La differenza tra Italia e America è questa: in Italia Raffella Carrà lì Cristina Aguilera, in America Britney Spears, qui Simona Ventura”

disse il principe, che sa come farsi amare dalla sua amica Simona… E rincara aggiungendo che nella versione francese di The Voice (abbiamo capito che i cugini sono avanti… nessun giudice ha più di 45 anni. Simo, incarta e porta a casa.

Ma anche negli Usa la situazione al momento non è buona in termini di ascolti: X Factor ha perso il 26%, The Voice più del 30%, non è una buona annata, come ci racconta Salvadore da NY. E per continuare a dare due numeri, vale pena sottolineare come l’anno scorso uno spot per XFactor o The Voice valeva 468.000 dollari ora ne vale 295.000: in questa stagione il più caro è quello dentro Modern Family con i suoi 326.000 dollari. Anche sul fronte compensi i paragoni sono impossibili con l’Italia, ma in senso relativo danno la misura del calo del genere negli Usa. L’anno scorso Jennifer Lopez percepiva per X Factor 20 mln di dollari, mentre ora Mariah Carey ‘si ferma’ a 18 mln; Shakira fa The Voice per 12 mln, mentre Britney Spears a X Factor ne prende 15. Beh, ognuno fa quel che può.

Emanuele Filiberto spera in Pechino Express 2… e in un cambio di palinsesto”

“Non sono una star televisiva, sono un personaggio tv. E non dico neanche ‘presentatore’, spero di poterlo dire tra 5, 10. 15 anni… Chi va piano, va sano e va lontano”.

Il principe modesto regala le sue chicche subito.

“Io vedo la tv italiana anche se ci sono programmi che spingono a fare più o meno sul telecomando”…

Qual è la differenza tra la tv italiana e quella francese? La risposta è interessante, ovvero che lì Pechino Express è alla nona edizione con il 30% di share (controlleremo).

Su suggerimento di Bernardini, il principe promette di non cantare più a Sanremo con Pupo, ma non esclude affatto una sua partecipazione da solista (aiuto!). Stupisce sentirgli dire che per lui “la prima esposizione pubblica è stata quella di Ballando con le stelle“. E Quelli che il calcio? Non era ancora rientrato in Italia, era in collegamento dall’esilio, non aveva ancora un contatto con il Paese.

La sua vittoria a Ballando è stata uno sdoganamento, contro anche l’ostilità dei critici, di chi, come ad esempio Sposini, non era molto tenero con lui nei giudizi. Certo è che il milione di voti ottenuti per Ballando, suo vanto, stridono con i 21.000 raccolti nelle elezioni: meglio la tv, suggerisce Bernardini.
Con Il Principiante e Pechino Express crediamo di aver fatto un passo in avanti. Lo conferma il sondaggio lanciato sul sito, al quale il principe confessa di aver partecipato, votando per Pechino Express. Il dubbio su quel milione di voti ottenuti a Ballando viene…

Al di là degli ascolti, stabilizzatisi su un 7% di pubblico ‘aristocratico’ come evidenzia Silvia Motta, che delinea un pubblico culturalmente alto e con un 10% tra i 25-34 anni che ‘ringiovanisce’ la rete. Considerando il riscontro registrato anche al di fuori dell’Auditel, Emanuele Filiberto pensa che una seconda edizione si farà. Ama questo programma, che segue con devozione da anni in Francia e ribadisce di essersi tagliato il compenso arrivando a 10.000 euro a puntata. “L’ho fatto perché amo questo programma”… e la paura che dicesse “Paese” ha attraversato sia noi che Bernardini.

“Credo che in questo programma non ci sia un conduttore ma un accompagnatore. Io non credo di aver dato nessun contributo a questo programma, i protagonisti sono le dieci coppie. Io fin dall’inizio ho scelto di fare un passo indietro… Una mia impronta non c’è”.

Ah, ma allora insiste sullo stile retorico di Berlusconi…

Emanuele Filiberto spera che Pechino Express venga spostato, perché al giovedì c’è troppa roba. Conferma che mercoledì scorso c’era stata una mezza idea di spostare il programma dal giovedì sera per non scontrarsi con Santoro, Lo Show dei Record, Terence Hill. Emanuele Filiberto, quindi, spera in un ripensamento della rete, spera che RaiDue tuteli il programma spostandolo in uno slot più ‘tranquillo’. Di fatto:

“Santoro ha mangiato tutti. Ha fatto più di Fazio e Saviano su la 3”,

ovvero RaiTre, eh. Ma la tv italiana – e anche la lingua – talvolta lo tradiscono…

Maurizio Crozza, Formigoni, Zambetti, Renzi e il Pulcino Pio


Si cambia registro pur restando nell’ambito di tv e politica. In fin dei conti anche di ‘informazione’…
Share scende vista la durata ‘originale’ del programma, che dura un’ora: e se i giovani sembrano lasciarlo – stando ai dati elaborati – è anche vero che i social lo amano. Gli analisti ne criticano la scarsa durata, Simonelli lo elogia proprio per quello. Tutti d’accordo però su un fatto: Crozza ha talento e non serve Berlusconi per mettere alla berlina una politica che a far ridere (e piangere) ci pensa benissimo da sola.

… e il servizio pubblico della Rai: siamo condannati a sognare la BBC?

E rimanendo in tema di informazione, politica e ‘servizio pubblico’ si recupera un estratto di Report in cui si racconta come si nominano i consiglieri in Rai, tra segnalazioni e curricola. Scatta un confronto con la BBC, dove tutto passa per bandi pubblici e dove in compensi e le spese sono pubblicati sul sito della BBC. Vabbé, ma che confronti sono… Nell’ottica della trasparenza la Gabanelli dichiara i suoi costi: 150.000 euro complessivi a puntata coperti in parte dal canone in parte dalla pubblicità. L’occasione è gradita per fare una discussione ritrita (ci perdoneranno) sui rapporti tra politica e Rai in Italia, con Belpietro che si domanda a cosa serva la Commissione di Vigilanza Rai: domanda ovviamente retorica che serve a introdurre il tema della privatizzazione della Rai.
E Barbara Serra, da Londra, ci racconta un mondo diverso. Ma anche la BBC ha i suoi guai: si entra nel caso di Jimmy Savile, noto conduttore di trasmissioni per bambini scoperto pedofilo dopo la sua morte. BBC avrebbe coperto il caso. Se è vero che qualcuno ha taciuto e ha impedito che News Night trasmettesse un servizio sul caso, è anche vero che poi la stessa BBC ha poi cercato di ‘fare ammenda’, trasmettendo un’inchiesta. Beh, sembra quasi guardare la pagliuzza nell’occhio dell’altro (al netto della gravità del caso di specie…).
E si entra nel mondo dell’errore giornalistico. Se Gomez, dall’alto della sua esperienza web, sottolinea come “in rete non si può mentire perché resta tutto. Se sbagli devi correggere e chiedi scusa”, dall’altra Belpietro ammette che “molti giornalisti quando ricevono lettere per in cui vengono messi in luce gli errori rispondono in modo sgarbato” e afferma che “è sbagliato”. Prendere nota, please.

Il Servizio pubblico di Santoro….


Da Berlusconi a Santoro, secondo un vecchio schema destinato a quanto pare a resistere ancora un po’. Si parte con gli ascolti: il 12,99% è sicuramente un dato molto importante per La7, con quasi tre milioni di telespettatori, dato che più o meno – ci dice la Motta – era stato raggiunto da Servizio Pubblico l’anno scorso in multipiattaforma, con una media poi scesa al 7%. Numeri per la prima di Santoro che La7 aveva visto anche con una puntata di Crozza e con Fazio e Saviano. Dallo studio gli analisti appaiono alquanto critici e ‘contestatori’ che lamentano i toni freddi del programma, l’eccessiva ‘calma’. Una scelta precisa, come conferma Gomez: l’idea di Santoro è quella di raffreddare i toni per non fare quel che succede negli altri talk (basta risse, insomma) e per favorire la riflessione in un tempo particolare come quello che sta vivendo l’Italia. Per dimostrarlo Gomez chiama in causa anche la maggiore durata dell’intervento di Travaglio. Beh, si sarebbe potuto leggere come una strizzatina d’occhio a Saviano.
Ma è bellissimo Belpietro su Santoro:

“Sono anni che Santoro dice che è l’ultima volta, che è stanco, che vuole cambiare… e poi torna sempre, sta sempre là”.

Belpietro non poteva sapere cosa sarebbe successo poche ore dopo quella sua frase…
Lucida, come sempre, l’analisi di Simonelli che individua in questo Servizio Pubblico 2012 l’idea che ci fossero due programmi in uno, con una partenza fortissima, con i suoi servizi d’apertura (elogiati anche da Belpietro, per linguaggio tv, contenuti e cura) e poi un talk ‘morbido’ “che torna indietro di 10 anni, con protagonisti che sembrano vecchissimi”, senza risparmiare stoccate al giovane Renzi; sottolineato anche il tipo di rappresentazione offerta che supera la sfida tra politici per aprire al confronto tra opinione pubblica e politica. Un modo di ‘parlare di politica in tv’ che di certo non è nuovo per Santoro (che richiama come sua ispirazione Campanile Sera) e che può vedersi come l’asse intorno al quale si è costruita l’anti-politica. E spunta Grillo con la sua invettiva contro il giornalista di Quinta Colonna (“Posso non rispondere vero? Sei un pivello, un precario”… etc etc)

 

Il video-messaggio di Berlusconi (già vecchio) commentato da Belpietro e Gomez

Silvio Berlusconi video messaggio 25 ottobre 2012

Partiamo col dire che un ‘triste’ sottompancia segnala al pubblico che la puntata è stata registrata prima della sentenza di Primo Grado che ha condannato Berlusconi per il caso MediaTrade, e prima, quindi, che Berlusconi decidesse di restare in campo di fronte alla ‘barbarie dei giudici. Al netto di questa precisazione, che ovviamente ‘pesa’ sull’analisi politica del messaggio, non su quella tv, come già detto, si va di notazioni. Di commenti da fare su questo video-messaggio ce ne sono eccome eppure si va veloci (tagli post-condanna per aggiornre la registrazione): mentre Belpietro concorda con Bernardini che sottolinea la stanchezza che ‘sprizza’ dalla voce di Berlusconi, Gomez mette in gioco il messaggio del 1994, quello della discesa in campo sottolineando la mancanza delle foto di famiglia sullo sfondo. Ma nessuno nota il planisfero su cui poggia mani e scaletta? E nessuno la cartellina di documenti al lato. Per Simonellì l’errore di base è quello di aver voluto riproporre il modello del 1994: lo stesso errore che hanno fatto J.R. e Dallas…
Belpietro nota che questa volta Berlusconi non parla di ‘comunisti’: certo è che la prima persona singolare e i temi dell’amore e della patria restano. E oggi torna quello della giustizia…

Tv Talk, quarta puntata: gli argomenti e le anticipazioni


Anche questa settimana Tv Talk, il programma di Massimo Bernardini al via tra poco su RaiTre, è pronto a spaziare tra informazione, reality e fiction: ospiti di ‘grido’ della puntata di questo pomeriggio, infatti, sono Maurizio Belpietro, direttore di Libero, Emanuele Filiberto di Savoia che racconta la sua esperienza alla guida di Pechino Express, e il regista Stefano Reali, che ha firmato fiction come Caruso (ultima in ordine di tempo), Lo scandalo della Banca Romana, Al di là del lago e la prima stagione di Come un delfino. A lui ‘l’ingrato compito’ di rispondere all’attacco alla fiction italiana (“una camomilla per anziani”) sferrato la scorsa settimana da Paolo Virzì proprio dallo studio di Bernardini? Siamo qui per scoprirlo: seguiamo live la quarta puntata di Tv Talk.

Con Belpietro spazio al commento sulla prima puntata di Servizio Pubblico su La7 e sul ‘passo indietro’ di Silvio Berlusconi 19 anni dopo la sua discesa in campo con un videomessaggio, oggi come allora. Ma lo scenario nelle ultime 24 ore è cambiato, visto che Berlusconi ha appena annunciato che resterà in politica per la grande riforma della giustizia: l’ufficialità Berlusconi la darà con una conferenza stampa alle 17.00, trasmessa in diretta su La7.

Ciò non toglie il valore semiotico di un video-messaggio per annunciare la sua ‘risalita da campo’ (che poi sia durata poco è una questione meramente politica): spazio quindi alla valutazione mediatica del video da parte di ospiti e analisti. Non dimentichiamo la partecipazione di Barbara Serra, in collegamento dalla sede Rai di Londra, di Luca Manzi dalla sede Rai di Roma, e di Andrea Salvadore da New York. In studio anche Peter Gomez e Paolo Martini, oltre a Daniele Doglio, Giorgio Simonelli e Andrea Bellavita. Pronti a seguire con noi questa quarta puntata di Tv Talk?

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