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Tv Talk, Lucio Dalla e l’omosessualità in televisione

Come la tv ha parlato della scomparsa di Dalla. E della sua omosessualità.

pubblicato 10 Marzo 2012 aggiornato 4 Settembre 2020 06:21


Nella puntata odierna di Tv Talk si è parlato, fra le altre cose, di come la televisione ha parlato di Lucio Dalla e, in particolare, dell’apertura del dibattito sulla questione della sua omosessualità. Per Costanzo è una cosa che si poteva evitare. Per Walter Siti era praticamente inevitabile. Questa la premessa, cui bisognerebbe aggiungere quel che era stato detto da Costantino Della Gherardesca qualche settimana fa proprio a Tv Talk.

«Complici dell’omofobia gli attori che non rivelano la loro omosessualità».

Poi si mostra Lucia Annunziata che, a Servizio Pubblico aveva fatto una provocazione piuttosto dura («Avrei difeso Celentano anche se avesse detto che i gay devono andare al campo di sterminio», per spiegare per assurdo la sua difesa a oltranza della libertà di parola) e che poi aveva fatto, il 4 marzo, giorno dei funerali del cantante, una puntata di In 1/2 Ora a proposito della tematica omosessuale. Dicendo, fra l’altro, «Il caso Dalla: è un’espressione di quanta omofobia ci sia in questo paese», e proponendo un collegamento con un ex finanziere omosessuale e una vigilessa lesbica. Fra le altre cose, la Annunziata chiedeva all’ex finanziere: «Quanti gay non dichiarati ci sono nella Guardia di Finanza?»

Si susseguono una serie di opinioni in merito in studio di cui diamo conto per chiarire le varie posizioni espresse in corso della trasmissione, e anche della complessità della questione.

Maurizio Costanzo: «Ma possibile che dobbiamo fare tutto ‘sto casino intorno a una frase dell’Annunziata? Io trovo una cosa straordinaria questa: della propria sessualità, si avrà diritto di fare quel che uno crede, se non danneggia gli altri? Mi sembra un’impudicizia che quasi – sarà che sono un anziano signore – arrossisco, quasi. Qui si fa dell’essere omosessuali una professione».

Walter Siti «In realtà non mi pare una cosa così grave [quel che ha fatto l’Annunziata, ndr]. La cosa precedente è inesistente: [la frase detta] da Santoro era evidentemente un “per assurdo”. Quanto alla trasmissione dedicata a Dalla, era un pretesto per parlare delle leggi antiomofobia. Certo è stata una cosa indelicata. Anche ridicola: chiedere quanti gay in guardia di finanza è stato come chiedere quante vergini lavorano in televisione. Sarebbe stato meglio farlo in un altro giorno, rispetto al funerale.
Imporre l’outing – chiedere alle persone note di dire che si è omosessuali -, a parte che non lo si chiede agli eterosessuali, rischia di fare dell’omosessualità una cosa come off e on nei computer, nelle macchine: o uno è omosessuale o uno è etero. Bisognerebbe, piuttosto, spiegare che l’omosessualità non è una cosa per cui uno è incasellato e marchiato per sempre. Sei omosessuale? Intanto, uno potrebbe rispondere: «di che genere?» E poi uno potrebbe dire: dipende da quando me lo chiede».


Giorgio Simonelli: «Ricordate Quarto potere? C’era la figura di Diana, la produttrice rampante. Un vecchio giornalista faceva un’invettiva contro di lei: «Sei come la tv, insensibile alla bellezza, indifferente al dolore». Ecco, di fronte a un artista come dalla, al patrimonio che ha lasciato, è assurdo parlare di queste cose».

Sebastiano Pucciarelli: «Riconosco i limiti di un certo trattamento anche terminologico: la tv è poco attrezzata a parlare di queste cose, e la Annunziata lo ha dimostrato. Detto questo, a me sembra che questa sia anche un’opportunità per porre un tema: sono tre anni che i “Dico” o i diritti per i gay non sono trattati in alcun modo. E allora preferisco la provocazione intellettuale della Annunziata a ore e ore di contenitori pomeridiani che invitano il vicino di casa a parlare del ricordo di Dalla».

Si parla poi del caso di Marco Alemanno, definito dal Tg1 “amico di una vita” di Dalla; si manda poi in onda un pezzo di Qui Radio Londra, in cui Giuliano Ferrara accusava la Annunziata di anticlericalismo. Ancora Pucciarelli: «A parte l’inadeguatezza, io non ho visto anticlericalismo. Anzi, ho visto un tentativo nobile di spiegare che c’è un vuoto normativo».

E’ un peccato che non sia stato citato anche un pezzo di Aldo Busi in merito. Che ha suscitato notevole dibattito in rete, e che iniziava così:

«Conta di più la vita o l´opera? L´opera, se la vita ne è la superflua coerenza. Se la vita non è coerente con l’opera che produce, il dibattito resta aperto, ma non per me: non conta né l´una né l’altra, entrambe contano solo per l´occasione sprecata di farne tutt’uno».

Siti chiosa: «Essere gay o no non dovrebbe essere una notizia. Bisognerebbe lavorare civilmente in modo tale che non sia così grave sapere questa cosa. Bisogna parlarne con gli eterosessuali e fare il meno possibile queste contrapposizioni, che mi sembrano rendere l’omosessualità una notizia».

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