TV OGGI (3) – Voglio pagare il canone Rai anche se non ho un euro…
Storie da Edmondo De Amicis, oltre un secolo dopo “Cuore”. Il cuore di una signora di 86 anni, Livia, batte per la Rai e pagherà il canone anche se percepisce 500 euro di pensione. Giusto segnalarlo, come fa Massimo Gramellini sulla “Stampa” , nella sua rubrica “Buongiorno”, di solito affilata, pungente, d’attacco.Ma i colpi di
Storie da Edmondo De Amicis, oltre un secolo dopo “Cuore”. Il cuore di una signora di 86 anni, Livia, batte per la Rai e pagherà il canone anche se percepisce 500 euro di pensione. Giusto segnalarlo, come fa Massimo Gramellini sulla “Stampa” , nella sua rubrica “Buongiorno”, di solito affilata, pungente, d’attacco.
Ma i colpi di cuore, come quelli della signora Livia, sono un forte tonico e una bomba di vitamine per noi scettici, abituati a vivere in una situazione di crisi, quella annosa della Rai , che suscita ahitutti sempre più un atteggiamento di tenace diffidenza e sfida.
Ho letto il trafiletto toccante di Gramellini mentre ero alla posta, in fila, per pagare il mio abbonamento alla Rai, che conosce bene e in cui ho lavorato e talvolta lavoro ancora. Rapidamente, serenamente, le mie sensazioni di fronte al trafiletto hanno aperto una botola di pensieri, emozioni, idee.
In un momento in cui le parole d’ordine contro il pagamento dell’abbonamento (tassa) sono in aumento e vengono preferibilmente dalla lega (non necessariamente quella del Nord) degli italiani che vivono secondo i principi “dell’arte di arrangiarsi”.
C’è la crisi italiana, europea, mondiale ed ecco che questa numerosa lega approfitta più che in passato di una protesta anarchica e sciocca, sciocca perchè risentita, vile, però in una certa misura specchio di una delusione confermata. “Così non pago ,visto che mi mettono le mani in testa”, dicono i più arroganti e recidivi leghisti “dell’arte di arrangiarsi”; e mugugnano, mettono le mani in tasca ai lavoratori della Rai che vedono rischi per i loro stipendi, vengono spaventati da un destino cupo, e non hanno colpa di quel che sta accadendo. Quei lavoratori che fanno il loro dovere.
A tutti la signora Livia, con il coraggio delle sue scelte, propone senza saperlo una doppia sfida. Da una parte ai leghisti dell’evasione e dall’altra alla, anzi alle dirigenze della Rai.
Queste dirigenze, nei gradi molto alti, hanno un comportamento strano. Si fanno aumentare gli stipendi perchè hanno il potere di farlo; preparano buone uscite quando sentono che non è più aria e che saranno sostituiti perchè in parlamento una maggioranza nuova sostituirà o sostituisce la maggioranza che li ha voluti al comando; ottengono posti e compensi più alti in altre aziende o istituzioni o strutture defilate o sommerse quando sono “costretti” a dimettersi.
Da molti anni in qua- non è cosa di oggi o non solo di oggi- queste abitudini (cattive) vivevano in un alone romantico, colmo di sentimento, toccante. “Sono e sarò sempre innamorato della Rai”, hanno detto e dicono le dirigenze al momento dei commiati, al momento di riscuotere i benefici postumi del servizio reso alla logica “dell’arte di arrangiarsi”, vertici senza rossori.
Essi se ne vanno in lacrime verso le banche e i loro conto correnti, o verso enti inutili che diventeranno ancora più inutili ma utili a loro.
Ci fu una dirigenza che, in nome della moda “apriamo al nuovo”, mandarono a casa centinaiai di autori e programmisti ancora nel fior degli anni. Fu un disastro. La stessa dirigenza, una volta al sicuro, fece l’autocritica proclamando pubblicamente di essersi sbagliata e di avere mandato a casa i migliori, sostituendoli con tanti che stanno facendo danni alla programmazione, alla qualità, agli ascolti, al pubblico, e infine naturatmente al merito.
La signora Livia ci dà non solo la prova di rispettare le regole e di rispettare chi opera in Rai con la consapevolezza, la passione, la professionalità che può apprezzare quando ci riesce il grande pubblico degli abbonati restanti (e degli abusivi, evasori). Dimostra soprattutto una fiducia nelle istituzioni politiche e culturali che possono prendere a “cuore” la questione e avviarla a una soluzione, anche provvisoria, seria, all’altezza dei problemi e delle esigenze del Paese che non può rinunciare a un servizio pubblico oggi purtroppo sfigurato.
Gramellini osserva: le persone che contribuiscono a tenere “in piedi questa baracca chiamata Italia sono quelle come Livia. Che non lanciano accuse, non cercano alibi, non fanno paragoni. Hanno un’idea di comunità nella testa e la rimangono fedeli con rettitudine, senza sentirsi nè vittime nè eroi. Semplicemente normali”. Condivido.
Sono ancora alla posta. Non sono il solo lì a pagare l’abbonamento.
Lo faccio ma perchè lo faccio? Me lo domando. Sono forse un esempio di rettitudine, sono semplicemente normale?
Non so. So che non mi viene alle labbra la frase “innamorati della Rai”, i dirigenti che facevano o fanno lì dentro, nel servizio pubblico, i fatti con i loro misfatti. Il “cuore” non batte per questi innamorati e i loro simili.
Italo Moscati