TV E UNITA’ D’ITALIA (4)- Un’Italia fuori dal mondo e un’Italia nel mondo, parole di Kennedy
Che il nostro Paese vada non di rado fuori dal mondo, ovvero fuori di testa, lo sappiamo, abbiamo anzi le prove quasi ogni giorno in tanti campi. Glisson. Scivoliamo via. Il rifornimento dei media sui guai è continuo, al punto che ci si può stancare nell’avere conferme. Fuori dal mondo e fuori di testa l’Italia
Che il nostro Paese vada non di rado fuori dal mondo, ovvero fuori di testa, lo sappiamo, abbiamo anzi le prove quasi ogni giorno in tanti campi. Glisson. Scivoliamo via. Il rifornimento dei media sui guai è continuo, al punto che ci si può stancare nell’avere conferme. Fuori dal mondo e fuori di testa l’Italia ci andrà senz’altro, e gravemente, se non risolve i suoi problemi politici e sociali, e se non affronterà con serietà, rigore, severità nell’evitare sprechi e lotte intestine, il tema di un ripensamento federalista che non è e non sarà capace di fare miracoli, e si spera , come si dice, non all’italiana; a voi trarre le conclusioni.
L’Italia è ed è stata invece “nel mondo”. I vuoti di memoria sono all’ordine del giorno. Il nostro è un popolo fra i più vecchi- e qualcuno dice tra i più rincoglioniti- per cui i neuroni cigolano o scompaiono, e i ricordi si dissolvono nel dolce tsunami televisivo che contribuisce non poco a quella forma di special alzheimer che si chiama appunto rincoglimento semivolontario.
Vorrei tappare un buco della memoria. Nelle mie ricerche negli archivi, ho trovato un brano di storia che io non avevo mai visto, e di cui avevo letto solo qualche informazione su internet. Questo brano è un filmato del 1961, ovvero dell’anno di cinquant’anni fa in cui soprattutto Torino, ma anche il resto d’Italia, celebrò senza fumi di esaltazione nè ubriacature retoriche il centenario dell’Unità.
In un bianco e nero molto chiaro, nonostante l’onta del tempo che pur si nota, la cinepresa della tv italiana e della tv americana scende dalle bandiere della ambasciata italiana a Washington, inquadra una piccola orchestra che esegue l’inno di Mameli, senza parole, in modo asciutto e veloce, con rispetto; infine si dedica a riprendere il presidente John Kennedy, in gran forma, bello, sereno, concentrato in mezzo a varie personalità sia americane che italiane.
Tra il pubblico c’era la moglie del presidente Jacqueline. Jackie Kennedy la donna che era spesso accanto al presidete, e lo fu anche nel giorno dell’attentato di Dallas, nel 1963, due anni dopo la cerimonia dedicata all’Unità d’Italia. Kennedy parlò non troppo a lungo, convinto, con calore. Estraggo la parte che ho inserito nel mio film “Concerto Italiano- Storia e storie dell’Unità d’Italia” che presto comincerà a circolare in Italia.
Questa: “Se Cavour, Mazzini, Garibaldi e Vittorio Emanuele II hanno fatto l’Italia a fare gli italiani hanno contribuito in modo spesso ignorato i milioni di emigranti italiani che hanno portato con sè nel mondo, e in America, valori e tradizioni, creato identità e appartenenze. Essi sono partiti come napoletani, veneti, siciliani, lombardi, ed erano italiani, creando legami con il paese e la regione di origine, consolidando l’Italia e la sua storia”.
Parole schiette, precise, senza sbavature. Kennedy riscosse un vibrante applauso. Forse qualche lacrima sembrò brillare negli italiani o negli italoamericani presenti. Il presidente strinse qualche mano e se ne andò con un sorriso sobrio. Erano parole dedicate ai 27 milioni di italiani che avevano lasciato l’Italia per andare nel mondo, molti dei quali arrivati sotto la Statua della Libertà.
Storie forti, drammatiche, di speranza. Storie di gangster. Storie di grandi banchieri. Storie di grandi industriali. Storie di grandi attori e registi. Eccetera. Storie anche di persone invisibili, oneste, che balbettano la nostra lingua e se possono tornato al paese d’origine, sperduto nelle campagne, nelle montagne, lungo i mari.
E costoro, adesso, cosa trovano? Essi contribuirono, hanno contribuito…disse Kennedy.
E’ passato solo mezzo secolo dal 1961.
Italo Moscati