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Tutto può succedere, Raiuno punta al suo pubblico con un family drama dall’impostazione americana

Tutto può succedere rispetta gli schemi del family drama di cui è il remake, ma cerca di adattarlo alla nostra tv con pochi aggiustamenti, creando un effetto di diffidenza da parte di chi ha visto il format americano

pubblicato 27 Dicembre 2015 aggiornato 2 Settembre 2020 06:45

Non si può dire agli autori di Tutto può succedere di aver preso a piene mani idee, storyline e personaggi da Parenthood: la fiction di Raiuno è il remake della serie tv della Nbc e, fin dai titoli di testa, lo show americano viene citato esplicitamente. Non c’è motivo di stupirsi, quindi, se chi ha seguito Parenthood abbia un po’ storto il naso di fronte alla versione nostrana.

E’ una reazione legittima, dovuta all’affezione del pubblico della serie tv durata per sei stagioni: rivedere i protagonisti di cui si sa già quali saranno le svolte e le difficoltà ma interpretati da attori diversi può essere un deterrente.


La fiction, però, punta ovviamente anche ad un altro pubblico, quello più generalista che non ha mai visto Parenthood: come potrebbe reagire di fronte a quella che sembra una serie tv che vuole prendere le distanze dagli altri family drama italiani?

Tutto può succedere mantiene quell’impronta delle serie tv americane di voler raccontare la realtà attraverso personaggi complessi, che sappiano sia far emozionare che ridere, che sappiano essere a due dimensioni e non avere un’unica faccia. Rispetto alla serialità statunitense, la serie tv italiana rispetta anche la varietà di storyline, cercando di sviluppare gli spunti narrativi di ogni personaggio dando maggior ritmo al racconto ed ad ogni episodio.

Il lavoro fatto dagli autori di Parenthood, inoltre, era stato di percorrere la strada del realismo familiare senza eccedere in colpi di scena e drammatizzazioni. Nè in Parenthood nè in Tutto può succedere, quindi, troviamo misteri, storyline thriller e tutto ciò che potrebbe contaminare l’idea semplice di voler raccontare una famiglia contemporanea.

Gli autori dell’adattamento italiano hanno trovato gran parte del lavoro già fatto: non hanno fatto altro che aggiustare qualche dettaglio relativo ai personaggi ed al contesto, ma non hanno intaccato la forza del format americano. Proprio questa mancanza di particolari novità (per chi ha visto Parenthood), però, permette a Tutto può succedere di differenziarsi rispetto alle fiction made in Italy, e di portare su Raiuno una narrazione adatta al tempo stesso ad un pubblico generalista ma anche a quei telespettatori in cerca di produzione più di nicchia ed intelligentemente scritte.

Per lavorare ad un progetto del genere, gran parte del lavoro stava nello scegliere un cast azzeccato: la produzione ha fatto delle buone scelte, da Pietro Sermonti a Camilla Filippi nei panni di due tra i personaggi più affascinanti della serie, passando per di Maya Sansa alle prese con l’insicurezza del suo personaggio, Ana Caterina Morariu in versione donna in carriera ed infine l’immaturità quasi comica del personaggio di Alessandro Tiberi. A loro il duro compito di incuriosire il pubblico di Raiuno, con dialoghi veloci ma troppo impostati rispetto al format americano. Uno dei punti di forza di Parenthood era proprio il caos delle scene corali, che qui sembrano lasciare il passo ad un ordine più ragionato, per permettere di seguire meglio il tutto.

Saranno due, principalmente, le opinioni su Tutto può succedere: chi la troverà una fiction giovane e diversa dalle altre proposte da Raiuno e chi, invece, una copia fin troppo evidente di una serie tv americana. Tutto sta nelle intenzioni di chi l’ha scritta di volersi buttare nel family drama italiano con una proposta audace o di dimostrare che anche nel nostro Paese sappiamo fare bene i remake.