Tutto chiede salvezza, la recensione: un road trip per scoprirci deboli senza vergognarcene
Con un cast che convince (a partire dal protagonista Cesari) e una trama che avvolge lentamente il pubblico, Tutto chiede salvezza affronta tante questioni
Fonte: Netflix
Da estranea a sensibilmente vicino, per un motivo o per l’altro, a ciascuno di noi: è l’impressione che si ha appena finito di vedere Tutto chiede salvezza. Grazie a Netflix, che mette a disposizione dei suoi abbonati tutti e sette gli episodi da venerdì 14 ottobre 2022, abbiamo potuto vedere la serie completa in anteprima. Ci siamo immersi nel mondo del protagonista Daniele (Federico Cesari), che altri non è che la trasposizione di Daniele Mencarelli, l’autore dell’omonimo libro da cui il racconto è tratto e che ha vissuto questa esperienza direttamente, tante estati fa.
La recensione di Tutto chiede salvezza: Cesari (e il cast) supera la sua prova del nove
La presenza di Mencarelli anche tra gli sceneggiatori della serie, così come di Francesco Bruni, che ne è anche regista, dà un senso di garanzia a questo progetto. Come se si fosse creata nella stanza degli autori, una sorta di intimità tale da dare vita a quei personaggi che prima non avevano volto ma erano solo descritti su carta e che, ora, hanno preso forma grazie ad un cast che non si è mai tirato indietro.
A cominciare dal protagonista: per Federico Cesari, abituato a ruoli e linee narrative da teen drama, diventare Daniele e vivere con lui questa settimana da Tso è la prova definitiva che oltre a Skam Italia c’è di più. Ma non possiamo non citare tutto il resto del cast, in primis un egregio Andrea Pennacchi (ma su di non avevamo alcun dubbio) ad un toccante e mai sopra le righe Vincenzo Crea (a cui è andato uno dei ruoli più difficili, quello di Gianluca) fino a Fotinì Peluso, capace di rendersi antipatica fino alla fine con la sua Nina, colei che più di tutti all’interno della storia fatica ad accettare la verità, ovvero che tutti, appunto, chiediamo salvezza: dobbiamo solo fare il primo passo e iniziare a cercarla.
Tutto chiede salvezza, il road trip è dentro di noi
La ricerca è centrale in tutti gli episodi: così centrale che Tutto chiede salvezza fa compiere al protagonista un vero e proprio viaggio, pur nella condizione in cui Daniele si ritrova, da “recluso” in una stanza di un reparto psichiatrico romano perché sottoposto a Trattamento Sanitario Obbligatorio. Eppure, questa immobilità, questo cambiare poco location da parte della regia (anche se qualche uscita, qua e là, c’è), il pubblico non la avverte per niente.
E non è poco per una storia che fa della ricerca interiore tutta la sua potenza narrativa: il materiale letterario di partenza era, d’altra parte notevole (e non è un caso che con il libro da cui è tratta la serie Mencarelli abbia vinto il Premio Strega Giovani 2020), ma la regia di Bruni ci mette del suo, senza indugiare sull’effettiva malattia di cui soffrono i vari personaggi, ma preferendo andare oltre e mostrare al pubblico ciò che la malattia nasconde: delle persone.Tutto chiede salvezza può quindi essere considerato un road trip, ovvero una serie che in fin dei conti fa del viaggio il centro intorno a cui si concentrano Daniele, Mario (Pennacchi) e gli altri? Assolutamente sì: perché se c’è una cosa che questa serie ci ricorda è che andare lontano non serve a nulla se con la testa non si è mai deciso di affrontare un altro viaggio, quello nelle oscurità del nostro essere vivi, senza alcuna vergogna.
Tutto chiede salvezza, Daniele si trova di fronte alle varie fasi della vita?
Nel corso degli episodi ci è anche emersa un’altra chiave di lettura di questa serie. Daniele, nel momento in cui entra in reparto, inizia ad interagire soprattutto con tre personaggi: Mario, Gianluca e Giorgio (Lorenzo Renzi). Tre personaggi che rappresentano, ciascuno a modo suo, vari fasi dell’esistenza umana così come la convenzione pretende di conoscere. C’è la fanciullezza in cui è incastrato il corpo da gigante di Giorgio, la spregiudicatezza tipica degli anni dell’adolescenza di Gianluca e, infine, la presa in carico delle proprie responsabilità che denota l’atteggiamento di Mario.
Daniele, di fronte a loro, è come se si vedesse rappresenta la vita così come gli altri pretenderebbero fosse da lui vissuta: è stato bambino, ha scherzato da ragazzo, dovrà diventare uomo. Il protagonista si trova in una fase di passaggio e la crisi che lo porta al ricovero non è altro che una rottura tra una convenzione e la realtà che vive nella sua mente, in cui il bambino, l’adolescente e l’adulto possono co-esistere, trovare il giusto equilibrio ed diventare suoi compagni di viaggio in quella ricerca di cui abbiamo scritto sopra.
Tutto chiede salvezza e l’abbattimento della mascolinità tossica
Netflix ha intrapreso da qualche anno un percorso per cui le storie che produce fanno molta attenzione alla rappresentazione delle figure femminili e maschili. Anche le produzioni italiane si stanno muovendo in tal senso e, dopo una serie di titoli in cui si è puntato sulla proposta di ruoli femminili forti e indipendenti, ora ci si sta muovendo verso l’abbattimento della cosiddetta mascolinità tossica derivante dalla cultura patriarcale.
Già Skam Italia, nella quinta stagione, ha iniziato a mostrare personaggi maschili che non hanno paura di esternare i propri sentimenti tra di loro. Tutto chiede salvezza fa altrettanto e rilancia, focalizzando il racconto su un reparto maschile di Psichiatria, in cui di ogni ricoverato tutto si può dire ma non che nasconda la necessità di aver bisogno di aiuto. Magari non tutti se ne renderanno conto, ma proprio da questi piccoli esempi si costruiscono nuovi modelli, più sani e rappresentativi di una società che include, accetta, comprende. E salva.