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Francesco De Carlo a Blogo: “Su Rai3 vi racconto la vita di un comico a Londra, tra documentario e stand up comedy”

Leggi l’intervista di Blogo al comico protagonista del nuovo programma di seconda serata di Rai3

pubblicato 13 Dicembre 2017 aggiornato 1 Settembre 2020 02:37

Da domani, 14 dicembre, per tutti i giovedì in seconda serata su Rai3 arriva su Tutta colpa della Brexit, il diario di un comico italiano a Londra. Si tratta di un programma di 4 puntate prodotto da Verve Media Company che offre il racconto reale e diretto della vita di Francesco De Carlo nel Regno Unito tra ottobre 2016 e dicembre 2017, in pieno dibattito sulla Brexit appena votata.

Blogo ha intervistato lo stand up comedian che da qualche anno frequenta la tv italiana, sia in veste di autore sia in quella di comico, tra Aggratis (Rai2), Gli sgommati (Sky Uno), Nemico Pubblico (Rai3) e Comedy Central News e Stand up comedy (entrambi su Comedy Central).

De Carlo, che si esibisce in inglese in ben 15 nazioni e che partecipa ai più prestigiosi festival internazionali, dal Fringe di Edimburgo al Just For Laughs di Montreal in Canada, fino a quelli in Sud Corea e Sud Africa, ha debuttato in tv in Inghilterra nei programmi Paul Hollywood’s Big Continental Road Trip su BBC TWO e Unspun with Matt Forde su Dave Channel), in Spagna e in Sudafrica (Comedy Central).

Ho deciso di tradurre i miei testi in inglese e di partire per il Regno Unito. A Londra ci sono molti comedy club, i comici diventano star, riempiono i palazzetti; per anni ho racimolato le risorse per partire e sono partito proprio nell’anno in cui… gli inglesi hanno deciso di lasciare l’Unione europea!

Cosa vedremo in queste quattro puntate?

I miei sogni di gloria, tra alti e bassi: dal debutto televisivo ai locali di periferia con pochissimo pubblico, passando per il Fringe di Edimburgo; ma anche la mia sopravvivenza a Londra con tutti i luoghi comuni su cibo, alcol, freddo, freddezza degli inglesi e solitudine del comico; manderemo in onda anche qualche primo appuntamento con ragazze che vivono a Londra; e racconteremo anche la Brexit attraverso le voci delle persone che vivono lì.

Come è nata l’idea del programma televisivo?

Lorenzo Torraca di Verve, che produce il programma, conosceva benissimo la mia storia avendo lavorato con me per tre anni a Nemico Pubblico. Abbiamo pensato ad un diario, l’abbiamo girato (io ed un operatore) e l’idea è piaciuta alla Rai.

È un docu-reality?

Non sono molto bravo con la definizione dei generi. Abbiamo provato a fare un prodotto sperimentale che mette insieme linguaggi differenti; sicuramente c’è quello del documentario, perché quello che vedrete è tutto vero. Dall’altra parte, essendo la storia di un comico, ci saranno proprio dei pezzi di stand up comedy, con me sul palco. Con questo programma vorrei dimostrare che si può tentare una carriera all’estero anche nel campo della comicità e non solo se sei ingegnere, cameriere, cuoco o musicista.

A che punto siamo con la stand up comedy in Italia e qual è, invece, la situazione negli altri Paesi?

I contesti sono abbastanza diversi. In Oriente la comicità è stile slapstick, in Sudafrica la gente vuole semplicemente ridere dopo aver superato l’Apartheid, in Russia la gente ha molta voglia di Occidente, a Londra e Edimburgo la comicità è molto sofisticata. In Italia la comicità è molto influenzata dalla commedia dell’arte: trascuriamo il monologo per le imitazioni e le parodie; in Italia fa ancora molto ridere la presa in giro del politico o del personaggio famoso, invece che i comici che salgono sul palco ed esprimono il loro punto di vista. La stand up comedy in Italia prenderà piede quando ci saranno comedy club. Oggi, a Roma, per esempio, non ce n’è neanche uno. Vorrei aggiungere un’altra cosa…

Prego.

In Italia il comico non lo si vede come una persona portatrice di un’idea o di un punto di vista, ma si tende a ridicolizzarlo. In un’intervista mi hanno detto: ‘Sei un comico ma hai anche una laurea in scienze politiche!’ (ride, Ndr). Come se un comico fosse sempre un buffone ridicolo che non possa affrontare tematiche serie. I miei colleghi stranieri scrivono articoli sul The Guardian. A Londra sono visti come pensatori, non come buffoni di corte.

Quindi il tuo futuro sarà lontano dall’Italia?

Questa è la domanda della mia vita (ride, Ndr). La risposta ancora non la so. In Italia sto benissimo, ho tutto, affetti e famiglia. All’estero, però, il contesto lavorativo è più stimolante e i comici, a parità di numero di abitanti, sono molti di più. E poi lì c’è più bisogno di ridere rispetto che in Italia.

Cosa ne pensi della collocazione (seconda serata, periodo natalizio) e che ascolti vi aspettate?

Queste sono tutte dinamiche che non mi riguardano, riflessioni che non faccio io. Quello che provo a fare io è il prodotto migliore possibile, per il resto sono sicuro che la collocazione che è stata scelta sia quella migliore.

Qualche anno fa il comico Maurizio Battista per Rai2 girò il mondo con il programma Tutte le strade portano a… ironizzando sui luoghi comuni.

Sì, vero, ora me lo ricordo. Ma gli esempi sono molti, per esempio anche i Te lo do io di Beppe Grillo, un capolavoro, fu rivoluzionario. Nel mio caso io sono un comico che scherza sui luoghi comuni, ma fino a un certo punto, senza diventare macchietta. Il mio obiettivo è migliorare l’inglese e poter parlare all’estero di temi universali come la religione, i sentimenti e la politica.

Tutta colpa della Brexit è un format tv replicabile per tuoi nuovi viaggi in altri Paesi?

Uno dei miei sogni è andare in America a fare ciò che ho fatto nel Regno Unito. Ora sto andando in un Festival in Sud Corea, poi vorrei andare in Sud Africa, ma anche in Australia. La telecamera me la porterò sempre: quindi sì, un comico che va a lavorare all’estero e racconta quello che vede è un format applicabile a tante situazioni.

Per chiudere: pensi di dovere qualcosa alla tv italiana?

A parte i fenomeni come Robin Williams ed Eddy Murphy che già a 18 anni erano talenti incredibili, nella comicità si migliora col tempo; io mi sono fatto 5 anni di scherzi telefonici a Radio Globo, una radio romana, ed è stato molto divertente. Ma anche Aggratis, Nemico Pubblico e i programmi Comedy Central lo sono stati. Ho fatto cose che mi sono servite. È poco ma sicuro: devo tanto alla televisione italiana. E spero di restarci a lungo.