Torna a casa, Maresciallo (Rocca)!
Hanno ucciso Il Maresciallo Rocca. In senso metaforico si intende, altrimenti l’Italia si sarebbe fermata come ai tempi della morte catodica di Stefania Sandrelli. Quel che hanno fatto al buon Proietti, invece, è un restauro venuto male, che reca più danni che benefici a un’opera ancora in ottimo stato. Reduci dalla seconda e ultima puntata
Hanno ucciso Il Maresciallo Rocca. In senso metaforico si intende, altrimenti l’Italia si sarebbe fermata come ai tempi della morte catodica di Stefania Sandrelli. Quel che hanno fatto al buon Proietti, invece, è un restauro venuto male, che reca più danni che benefici a un’opera ancora in ottimo stato. Reduci dalla seconda e ultima puntata dell’Amico di infanzia, il millantato prequel che voleva essere un ultimo addio seriale a Rocca, è tempo di fare dei bilanci su un funerale annunciato.
Laura Toscano, che con il marito Franco Marotta ne ha curato come sempre la sceneggiatura (sulla falsariga del suo omonimo libro e in omaggio al produttore da poco scomparso Ariè della Solaris) giura che con Rocca ha chiuso. “Non mi interessa più continuare: per me è l’ultimo. Voglio fare altro”. Possibilista, invece, è Gigi Proietti che, pur impegnato (o relegato?) in teatro, non disdegnerebbe di ripensarci su. Eppure, non c’è più molto da fare per rimediare all’autolesionismo appena compiutosi.
Prendete il monumentale carabiniere che ha forse fatto toccare, con la sua prima serie, gli indici più alti della storia di Raidue. Un personaggio di quelli che ti appassionano fino in fondo, a cui ti affezioni senza perdere il lumo della ragione (uno dei pochi fenomeni, per intendersi, in grado di coniugare popolarità e qualità). Ecco, pensate al buon Maresciallo, integerrimo sul piano professionale e bonario su quello degli affetti, ironico ed esilarante sempre e comunque, ridotto alla depressione da una sceneggiatura degna della Janus.
Tutta colpa di un apporto recitativo da Actor’s Studio (prendo in prestito un’opinione del collega Hit emersa da un nostro confronto sull’argomento), che ha visto due arrivi ingombranti come Caterina Vertova e Giancarlo Giannini riempire la fiction di stereotipi: momenti privati al limite della morbosità, flashback da feuilleton, interpretazioni affettate e troppo enfatiche. Con tutta sincerità, il curriculum di lui, ormai, vanta Onore e Rispetto tra i progetti più recenti (e si vede), lei invece ce la ricordiamo nei ruoli di donna frustrata a cavallo tra Commesse e Il Bello delle donne, sino a Ho sposato un calciatore: roba da casalinghe (nostrane) senza pretese.
Che c’entra l’involuzione di Rocca con loro? C’entra eccome. Tutto ciò che c’era di americano in questo sbirro pieno di humour, fortemente caratterizzato e meravigliosamente recitato, ha finito per appannarsi, riducendosi a un surrogato opaco. Rocca era insofferente, nella sua dimensione da transfuga a Roma, condannato a un viaggio nel passato che non fa mai bene ai grandi eroi di un presente senza tempo. Se ci dicessero chi rubava la merenda a Dr. House nell’ora della ricreazione, rivelandoci le sue puerili debolezze, che ne sarebbe del granitico medico tutto di un pezzo e senza macchia?
Eppure, il regista Fabio Jephcott ha voluto sottoporre un gioellino della serialità made in Italy all’operazione nostalgia dei reality: un viaggio nei ricordi più sentimentaloidi intervellato da telefonate di servizio con i propri cari. La Pivetti, più che ritagliarsi un cameo, è stata una presenza volatile, ingiustamente superflua e persino scomoda.
Rocca era troppo occupato nella sua regressione infantile, quella del primo amore e delle rinuncie freudiane, per farsi disturbare. Non a caso, non sono più stati quelli di una volta i telespettatori desiderosi di citofonarlo. Per chi ci avesse provato perché si illudeva di ritrovarlo, nulla da fare: il nostro Maresciallo non era in casa. E come lui, tutto il parentame divenutoci negli anni così familiare…