‘Til Death: ancora problemi di coppia per l’ennesima sit-com senza novità
Quanto sono bravi gli americani a darci lezioni di vita. L’hanno sempre fatto, a volte anche egregiamente, facendoci sentire ogni volta in quella posizione di scolaretti sempre pronti a pendere dalle loro labbra, a carpire ogni loro senso della vita, a scoprire il nostro vero io. L’hanno fatto in passato, figuriamoci se non lo fanno
Quanto sono bravi gli americani a darci lezioni di vita. L’hanno sempre fatto, a volte anche egregiamente, facendoci sentire ogni volta in quella posizione di scolaretti sempre pronti a pendere dalle loro labbra, a carpire ogni loro senso della vita, a scoprire il nostro vero io. L’hanno fatto in passato, figuriamoci se non lo fanno oggi o in futuro. Un esempio è la sit-com di Fox “‘Til Death-Per tutta la vita”, che l’omonimo canale 110 di Sky trasmetterà da domani, in un doppio episodio, ogni mercoledì dalle 21:50 (gallery).
La lezione, in questo caso, riguarda i rapporti i coppia, e nello specifico, quelli sfociati nel tanto atteso “lo voglio” matrimoniale. A tenerci, puntata dopo puntata, dei mini corsi di sopravvivenza nei rapporti a due, ci sono Eddie Stark (Brad Garrett, “Tutti amano Raymond”) e sua moglie Joy (Joely Fisher, nella seconda stagione di “Desperate Housewives”), coppia sull’orlo, oltre che della crisi di nervi, anche dei 9 mila giorni passati l’uno accanto all’altra.
A bilanciare la loro lunga unione, arriva nel quartiere una coppia sposatasi da soli 12 giorni: Jeff Woodcock (Eddie Kaye Thomas, nella trilogia di “American Pie”) -il cui cognome sarà subito preso di mira da Jeff-, e Steph (Kat Foster), ancora avvolti dal fumo illusorio del matrimonio perfetto, quello in cui il “finché morti non ci separi” pare più un atto d’amore che una preoccupante minaccia. Bastano pochi giorni, e la vicinanza sul lavoro di Eddie e Jeff (in una scuola) per far girare la ruota delle occasioni per cui vale la pena litigare col proprio partner. Se l’idea non vi sembra delle più originali, avete ragione, e le risate sono un semplice accessorio piuttosto che la colonna portante dello show.
Oltre a qualche battuta tagliente, infatti, la sensazione del già visto o del prevedibile è nell’aria: una situazione iniziale di presentazione, l’interazione delle due coppia che crea problemi agli uni o agli altri personaggi, e la conclusiva serenità riacquisita, con ovviamente morale finale.
Di coppie, in tv, ne abbiamo viste fin tante, ed in “‘Til Death” non c’è niente che ci possa far urlare alla novità sensazionale, anzi: il tema è stato addirittura inflazionato qualche mese dopo, con la messa in onda sulla Cbs del simile “The rules of engagement”, dove i personaggi, però, sono meno stereotipati e più frizzanti.
Il problema della sit-com, che non deve avere per propria natura alcun intento altamente didascalico, è che i personaggi sembrano troppo diversi tra di loro, ed alla fine di ogni episodio, nonostante l’interazione, tutto viene resettato e i novelli sposi tornano ingenui, mentre la coppia affiatata resta tale, sebbene abbia smesso di amarsi alla follia da anni.
Le situazioni vanno a coprire una gamma di esperienze in cui molte coppie si potranno rispecchiare, e questo elemento d’identificazione, che va riconosciuto, lo si deve ai due creatori dello show, Josh Goldsmith e Cathy Yuspa (sceneggiatori di “What women want”), coppia anche nella vita.
Oltre a questo, però, ed a qualche battuta meritevole di, perché no, essere citata con il proprio lui o la propria lei, non aspettatevi di più: ma qui si esprime un’opinione personale, ed è giusto riconoscere che la serie in America ha avuto una media di sette milioni di telespettatori nella prima stagione e di sei nella seconda, motivi per cui una terza annata è più che prevista.
Ora arriva in Italia, pronta a darci lezioni su come comportarci quando non vogliamo che nostra moglie abbia ragione o cerchiamo di far sentire in colpa nostro marito. Prendete appunti, ma poi cercate di essere più naturali.