Tiki Taka, Chiambretti promosso. Ironia, leggerezza e l’errore di non aver cambiato nome al programma
Tiki Taka saluta la gestione Chiambretti che in due stagioni ha regalato ironia e leggerezza al programma. L’errore forse è stato non cambiare nome
Finisce Tiki Taka e termina ufficialmente l’era Chiambretti. Una gestione lunga due stagioni nel corso delle quali il conduttore torinese ha dato una chiara identità alla trasmissione di Italia 1. Diversissima da quella offerta nei sette anni precedenti da Pierluigi Pardo, che a Chiambretti ha lasciato a malapena il titolo del programma.
E proprio da lì occorrerebbe partire. Forse il più grande errore di Mediaset è stato non cambiare l’intestazione, che avrebbe dato fin da subito il segnale di una discontinuità che è stata evidente, drastica.
Chiambretti, nella metamorfosi, ha riproposto se stesso. Nella scenografia, nei colori, nei personaggi ospitati, già intravisti nelle precedenti esperienze a Rete4. Forse è lì che Chiambretti ha un tantino esagerato, premendo eccessivamente sull’acceleratore dell’autoreferenzialità. Un po’ come se volesse esporre a tutti i costi il suo marchio di fabbrica, il suo timbro.
Con Tiki Taka i giudizi si dividono in due: c’è la parentesi calcistica e quella prettamente televisiva. I puristi della prima categoria hanno rimpianto Pardo, considerato più centrato e legato all’universo pallonaro. Sul fronte televisivo, invece, è lampante l’apporto portato da Chiambretti, sia in fatto di ironia che di una leggerezza che non ha mai intrapreso la via dello sbraco. Sì perché se da una parte si viaggiava per temi, con Pierino la sensazione è sempre stata quella di una costruzione minuziosa dei singoli momenti. Che non significa assolutamente perdita di spontaneità.
Da Ivan Zazzaroni a Giuseppe Cruciani (letteralmente rigenerato), passando per Ciccio Graziani e il pianista Andrea Bacchetti, l’intesa è stata perfetta. Soprattutto col pianista, irresistibile corpo estraneo chiamato a fornire supporti musicali che puntualmente naufragavano. Il calcio, pertanto, è sempre stato un contorno, mai il protagonista assoluto.
Il rapporto tra sport e intrattenimento, si sa, non è mai stato in discesa. Serie A e Balalaika hanno insegnato quanto la convivenza sia difficile. Ma se chiami Chiambretti, c’è da aspettarsi una linea differente. A volte sofferta, altre volte mal sopportata, con scivoloni riferiti a scalette ritenute distanti dalla stretta attualità e iniziative personali – vedi la classifica virtuali senza errori arbitrali – non accolte proprio con entusiasmo.
Gli ascolti
Con l’innesto del sottotitolo ‘La Repubblica del pallone’, Chiambretti ha chiaramente segnato un solco profondo tra lui e il suo predecessore. Il pubblico dal canto suo ha risposto, con un epilogo che ha garantito medie superiori al 7%. Diversi, tuttavia, i momenti di difficoltà, incrementati dalla concorrenza diretta dei reality di Canale 5 (Gf Vip e Isola) che garantivano una sovrapposizione quasi integrale e traini non sempre eccellenti, come Il viaggio della musica.