Tiberio Timperi: “Guadagno 210 mila euro lordi all’anno”. Liorni, Magalli, Di Mare, Isoardi e Giletti non lo dicono
Una circolare interna Rai vieta “esternazioni e divulgazioni di notizie e documenti”.
“Quanto guadagni?”. Un giornalista de Il Tempo, Fra.Piz., ha chiamato alcune ‘star’ della Rai per fare questa domanda così indiscreta quanto attuale per il servizio pubblico italiano. Il tema ‘stipendi’, in quel di Viale Mazzini, è assai delicato. Il piano trasparenza, relativo agli stipendi di dirigenti e giornalisti (sopra i 200mila euro) resi pubblici, ha scatenato proteste ed indignazioni. Restano fuori gli artisti, tranne i giornalisti-conduttori Federica Sciarelli (270.474 nel 2015, meno di 200mila nel 2016) e Gerardo Greco (234.906 nel 2015, meno di 200mila nel 2016).
“Se pubblicassi il mio compenso direbbero ‘mamma mia’ al contrario. Cinque anni fa guadagnavo intorno ai 200mila euro lordi. Oggi sono ben lontano da quella cifra. Ben venga la trasparenza, è giusto che ci sia. Però attenzione, occorre fare dei distinguo: ci sono i privilegi e i diritti. Se un conduttore, un giornalista o altro, lavora bene, porta dei risultati ottimi in termini di share e pubblicità, penso sia giusto che gli sia corrisposto un buon compenso”, debutta il conduttore di Sereno Variabile Osvaldo Bevilaqua.
Non si sbilanciano più di tanto Franco di Mare (“Sono probabilmente il giornalista meno pagato di tutta l’azienda, quindi non avrei difficoltà a pubblicare lo stipendio. Ma questo, quando e se lo pubblicherò, lo vedrete […] Lei quanto guadagna?”) ed Elisa Isoardi (“Io sono pronta a pubblicare il mio compenso, se la Rai me lo chiede. Di sicuro non lo dico a voi”).
E se Massimo Giletti sostiene di essere stato “tra i primi a dire quando guadagno, ora non venite a chiedermi se sono d’accordo o meno a pubblicare il mio compenso” (si parla di circa 500mila euro lordi), Giancarlo Magalli non cede alle provocazioni: “Sicuramente (guadagno, ndr) meno del direttore generale e di altri elencati. Ci siamo sempre un po’ ribellati quando si è trattato di rendere pubblico il nostro compenso. La Rai ha capito che è una stupidaggine che solo Brunetta vuole, non è giusto farlo. Perché ci sono colleghi, non parlo di me, che guadagnano fino a 2 milioni di euro l’anno e non so quanta simpatia si attirerebbero se il pubblico sapesse il cachet. E quella mancanza di simpatia finirebbe per riflettersi sugli ascolti del programma […] C’è un altro problema che riguarda la concorrenza. Se uno mette in piazza i propri guadagni, la concorrenza offre dieci euro di più e se lo porta via”.
“Rendere pubblico il mio stipendio? Se lo fanno tutti, forse […] Mi piacete come giornalisti, siete molto sfacciati, ma la risposta non cambia: se lo fanno gli altri, sarei disponibile anche io”, dice invece Marco Liorni. Quindi parla di una circolare interna: “I dipendenti o collaboratori della rete non sono tenuti a rilasciare dichiarazioni sulle politiche interne”.
L’unico, fra i contattati da Il Tempo, a parlare del suo stipendio è stato Tiberio Timperi. “Io guadagno mediamente tremila euro lordi a puntata. Sono circa 70 quindi siamo sui 210 mila euro lordi. Sono, badate bene, un’esterno. Di questa somma il 52% va via in tasse e il mio programma fa uno share che va dal 24,5 al 27,5 con punte di oltre il 30%. Se sto male o altro vado in onda e se la Rai ci conferma da vent’anni un motivo ci sarà. Non ho contratti a tempo indeterminato, ma va bene così. Sono felice del mio lavoro, non ho problemi a dire quanto percepisco”.
Tornando alle dichiarazioni di Liorni, in effetti esiste una circolare inviata dal direttore generale Campo dall’Orto a tutti gli oltre 10mila dipendenti e collaboratori a contratto. Oggetto della mail: “Dichiarazioni agli organi di informazione e altre dichiarazioni pubbliche”. Il testo invita ad “astenersi scrupolosamente e, con riferimento a qualsiasi contesto pubblico – testate online, blog, social network, eccetera –, dal fare commenti, divulgare notizie o informazioni […] Ogni violazione di quanto stabilito, come più volte ricordato, sarà valutato per i profili di carattere disciplinare”.