Ti sembra normale?: una puntata zero che non sarebbe mai dovuta andare in onda
Ennesimo game in tv, format debole, una puntata pilota che forse non avremmo mai dovuto vedere. La recensione di Ti sembra normale?.
È una Rai2 a tutto game quella che abbiamo imparato a conoscere questa settimana. Dopo il debutto di Una scatola al giorno, Stand By Me offre a mamma Rai un nuovo format, questa volta importato dall’estero: Ti sembra normale?, infatti, nasce come adattamento di Are you normal?.
Si è deciso di partire con una puntata che ha volutamente il sapore di una puntata pilota, data la scelta di ribattezzare l’appuntamento odierno La prima partita (servirà anche per non conteggiare il dato Auditel di oggi con i successivi?). A giocare in coppia sono stati Angela Rafanelli e Ciro Ferrara e non una coppia di persone comuni come avverrà nel corso delle prossime puntate. Il tentativo dichiarato era quindi quello di testare il programma e capire se funzionasse: ad occhio e croce, dopo questa prima puntata, chi lavora al programma dovrebbe aver capito che ci sono tanti aspetti su cui lavorare in vista delle prossime puntate.
Partiamo dal volto scelto per la conduzione: la Rai, per precisa volontà della direttrice dell’Intrattenimento Daytime Simona Sala, ha deciso di chiamare Pierluigi Pardo, noto per le sue telecronache frizzanti e per la storica conduzione di Tiki Taka. Il ruolo da conduttore di game almeno al debutto non è risultato proprio calzante – per usare un eufemismo – ai suoi panni.
Pardo ha faticato a guidare i telespettatori alla scoperta di un nuovo programma come lo è Ti sembra normale?, in cui è fondamentale conoscere i meccanismi per avere bene in mente le condizioni di ingaggio per poter provare a giocare anche da casa, in quello che dovrebbe essere lo spirito del gioco, nato per coinvolgere i telespettatori nel “sabato italiano” postprandiale – così ribattezzato proprio dall’ufficio stampa Rai quest’estate per presentare il palinsesto del pomeriggio prefestivo di Rai2.
Allo stesso tempo il giornalista non ha trovato ancora neanche una forte complicità con la sondaggista Alessandra Ghisleri, avvezza alla tv, ma troppo distante da Pardo non solo per la distanza fisica del trono su cui è stata messa, ma soprattutto per toni e confidenzialità. Con la presenza di Ciro Ferrara ci si poteva almeno immaginare una forte complicità del conduttore con uno dei due giocatori della coppia e invece anche questa previsione non si è avverata, mentre paradossalmente si sono affiatati molto più facilmente Rafanelli e Ferrara fra loro, pur probabilmente non conoscendosi in precedenza.
Il format di per sé non regala grandi sorprese, fra la materia sondaggi iper-abusata anche attualmente per costruire dei game, inserendo poi elementi assolutamente inutili e irrilevanti in un contesto del genere, come lo sono stati i frammenti ricavati dalle Teche Rai, rispetto ai quali paiono ben più ben contestualizzate le vox populi, se non abusate, muovendosi dunque come si è cercato di fare in questo caso già nel corso della prima puntata.
Il panel in studio si rivela uno strumento da utilizzare alla Soliti ignoti con “identità”, per la precisione aneddoti, che la coppia di giocatori ogni settimana dovrà attribuire a uno degli otto componenti. Non interviene però negli altri momenti e così manca nel programma una voce calda ed entusiasta riguardo alle tante situazioni normali o meno normali per gli italiani che vengono sottoposte nei primi quattro quesiti ai due concorrenti.
Pardo non si diverte nel giocare e nell’alimentare la tensione circa la scelta che la coppia di concorrenti dovrà compiere: è una conduzione di corsa, frettolosa, non empatica e non coinvolgente. È un nuovo genere e probabilmente si dovrà tarare di conseguenza nel corso delle prossime puntate.
Il risultato finale però di questo debutto di Ti sembra normale? è davvero deludente, per un format che non porta in tv nulla di nuovo, né nella scelta della materia da cui attingere, né nelle modalità di gioco, né negli elementi di contorno, dalla sondaggista isolata su una poltrona all’immancabile panel, fino alle vecchie e care vox populi.