This is us, la perfezione è nei dettagli (ed è tutta una storia di letti…)
L’ultima puntata di This is us va in onda il 24 maggio su NBC: il series finale chiude una delle migliori serie di sempre. E si capisce anche dai dettagli.
This is us è al suo ultimo atto: martedì 24 maggio va in onda su NBC l’ultima puntata della serie che ha riscritto il family drama tv. Un viaggio durato 6 stagioni, tante quante ne aveva decise il creatore Dan Fogelman, che ha portato il pubblico di mezzo mondo nelle vite di una famiglia americana, i Pearson da Pittsburg, poi espansisi tra Philadelphia, Los Angeles, New York, ma sempre connessi. Una storia di famiglia che sembra eccezionale, ma che alla fine non è tanto diversa da quello che attraversa la maggior parte delle case, tra amori, lutti, conflitti generazionali, idilli, malattie, aborti, adozioni, feste allargate, tradizioni, litigi, leggende e rimozioni. Un affresco individuale e collettivo giocato su storie minime, dialoghi chirurgici, su personaggi sfaccettati, su dinamiche comuni che la serie ha saputo raccontare, mostrando la vita in tutta la sua complicatissima semplicità. E scrivere una cosa del genere, in grado di far identificare chiunque e ovunque, di muoverlo alle lacrime, di scatenare i neuroni specchio come neanche Bambi è mai riuscito a fare, non è da tutti. Neanche interpretarlo, ma la squadra che lo ha portato in scena dovrà probabilmente combattere con questo ruolo per il resto della sua carriera. È il ruolo di una vita.
Come dicevamo, martedì 24 maggio il viaggio di This is us si concluderà definitivamente, ma tutta questa sesta stagione è stata un lungo addio, è stata la lunga costruzione dell’ultimo atto, che pero non sarà l’ultimo. No, non stiamo parlando di un’altra stagione – anche se si rincorrono voci di un possibile film, che aleggia come una specie di salvagente per fans in lacrime da mesi più che come un reale progetto – ma del fatto che l’intera serie è stata pensata per essere in sé l’evoluzione di una famiglia e come tale destinata a sopravvivere a se stessa. I figli diventano genitori, quindi nonni e la ruota continua. “Non è la fine”, dice William a Rebecca in una delle scene della penultima puntata (“The Train”, un capolavoro assoluto di scrittura), una scena che ha tutto il sapore del manifesto della serie stessa e del commiato degli autori al pubblico.
+++++ ATTENZIONE SPOILER +++++
Chi non è in linea con la messa in onda USA – e quindi non ha visto la S06E17 | The Train – non prosegua oltre.
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“The way I see it, if something makes you sad when it ends, it must have been pretty wonderful when it was happening. Truth be told, I always felt it a bit lazy to just think of the world as sad, because so much of it is. Because everything ends. Everything dies. But if you step back, if you step back and look at the whole picture, if you’re brave enough to allow yourself the gift of a really wide perspective, if you do that, you’ll see that the end is not sad, Rebecca. It’s just the start of the next incredibly beautiful thing.”
“Per come la vedo io, se qualcosa ti rende triste quando finisce vuol dire che deve essere stata davvero meravigliosa da vivere. A dire il vero ho sempre pensato che fosse un po’ banale pensare al mondo come un posto triste, perché molte cose magari lo sono o perché tutto finisce. Tutto muore. Ma se riesci a fare un passo indietro, se riesci a guardare tutto l’insieme, se sei abbastanza coraggioso da concederti il lusso di vedere la tua vita da una prospettiva davvero ampia, allora vedrai che la fine non è triste, Rebecca. È solo l’inizio di quel che verrà ed è incredibilmente bello”
dice William a Rebecca prima di aprirle la porta dell’eternità. Quell’eternità che gli autori di This is us rappresentano con un movimento semplice, una inquadratura comune, un momento straordinariamente quotidiano: appoggiare la testa sul cuscino e voltarsi verso la persona che si ama. Tutto qui. Una scelta così semplice da essere sorprendente. Da essere tutto.
È stato nel momento in cui ho visto rappresentare l’aldilà con quel gesto così intimo e familiare, tanto desiderato da tutti – nella storia e davanti allo schermo – che ho realizzato una volta di più come This is us sia un esempio di scrittura da tenere caro. È stato nel momento in cui ho visto di nuovo insieme Jack e Rebecca che ho pensato a come tutto era iniziato: Jack che aspetta Rebecca – nudo ma coperto solo da una ‘terribile tovaglietta’ che la moglie incinta di tre gemelli aveva recuperato come regalo dell’ultimo momento in un pomeriggio infuocato nella Pittsburgh del 31 agosto 1980 – seduto sulla punta del loro primo letto da marito e moglie, in attesa del ballo sexy che è ormai tradizione di famiglia. Ma le cose non andranno come previsto, tra risate, paura, gioia e attesa.
Un letto. Una storia di famiglia.
Una storia di letti, una storia di famiglia
“This is real. This is love. This is life” recitava il pitch: direi che è stato assolutamente centrato.
P.S.: C’è posto anche per il Dr. K
Un posto speciale speciale nella famiglia Pearson ce l’ha di certo il dr. K, o meglio il dottor Katowsky, il vero motore di tutta la storia narrata nella serie. È il medico che assiste Rebecca nel parto, sostituendosi al suo ginecologo per necessità e diventando il perno di una famiglia che rischiava di sbandare: è la vera colonna per la giovane famiglia Pearson, la figura paterna che Jack non ha avuto e a cui Kate si appoggia nei momenti più duri. Non a caso è presente nella penultima puntata, in una scena piena di citazioni e rimandi alla storia di famiglia, una storia della quale lui non solo fa parte, ma che viene ‘esportata’ grazie a Jack in quella che sembra essere l’ennesimo ciclo che si chiude (cfr. sempre The Train). Non arriverà ad essere anziano, ma avrà modo di dire a un altro uomo quel che il dr. K gli disse nel momento più duro della sua vita, in quello stesso ospedale, 18 anni prima:
“I’d like to think that one day you’ll be an old man like me talking a young man’s ear off explaining to him how you took the sourest lemon that life had to offer and turned it into something resembling lemonade.”
“Mi piace pensare che un giorno sarai tu l’uomo anziano che spiegherà a un giovane uomo come sia possibile trasformare il limone più aspro che la vita gli abbia mai offerto in qualcosa che somiglia a una limonata.”
Non solo il dr.K ha un ruolo essenziale nella serie (in fondo quella battuta rappresenta la morale stessa della serie), ma lo ha anche nel suo finale. Ecco perché non stupisce che anche lui abbia ‘un letto’ nella serie, ovvero uno spazio speciale nel cuore della famiglia Pearson. Lo vediamo nel lettino del ‘suo’ ospedale, dove è ricoverato in una vigilia di Natale che vede tutti correre al pronto soccorso per l’appendicite di Kate. I Pearson si stringono al suo capezzale, temendo il peggio, traghettandolo verso la guarigione anche grazie a una palla di neve che Randall regala all’uomo che gli ha cambiato la vita.
Quel regalo viene citato anche nella penultima puntata. Per quanto se n’è parlato, per tutto quello che abbiamo detto contenere, sembrerebbe che questa penultima puntata duri 2 ore: e invece no, ha la durata consueta, solo che This is us sa sfruttare tutti i secondi a disposizione (e si pensi alla prima puntata della quinta stagione, altro capolavoro assoluto, in cui i primi 9 minuti sono usati mirabilmente). Altro che serie italiane in cui in 50 minuti non succede nulla di nulla. Ma siamo su livelli imparagonabili (con buona pace di chi ha avuto l’ardire di farne un adattamento italiano).
This is us, è stato un vero piacere
I Pearson ci mancheranno. E per quanto gli autori non scompaiano con la serie, al momento sembra difficile immaginare un altro prodotto così perfetto nell’immediato futuro.
Prendete tanti, ma tanti fazzoletti. Comunque sia, il commiato sarà straziante. Ma come dice William, vuol dire che nel frattempo il viaggio è stato incredibilmente meraviglioso.