The Voice, Amici, X Factor: i talent show sono al servizio dei ragazzi con il sogno della musica o delle etichette discografiche?
Cosa c’è dietro all’ingresso di artisti già formati all’interno di un talent?
Molti storceranno il naso, ma spero che altrettanti apprezzino il mio coraggio. Io non vado lì per dimostrare qualcosa, la gente sa che so fare il mio lavoro. Non sono una meteora. Avevo perso voglia di fare musica, ma quando mi è arrivata questa proposta ho pensato che il cerchio non fosse ancora chiuso. E se fosse l’ultimo, cercherò di farlo al meglio.
Questa è la dichiarazione che Chiara Iezzi, cantante milanese che ha raggiunto il successo insieme alla sorella Paola nel duo Paola & Chiara, ha rilasciato per commentare la sua partecipazione alla terza edizione del talent show The Voice of Italy.
Un po’ ingenuamente, quindi, la cantante 42enne ha praticamente confessato che le è giunta sostanzialmente una proposta ben precisa e che, molto probabilmente, una partecipazione volontaria alla terza edizione di The Voice, non le sarebbe passata neanche per l’anticamera del cervello, soprattutto dopo una carriera nel mondo della musica iniziata nel ’95 insieme a Max Pezzali e al progetto 883, dopo la dipartita di Mauro Repetto. Una vita fa.
Da questa dichiarazione, e visto che tutto viene detto e fatto alla luce del sole senza più nascondersi, bisognerebbe interrogarsi sul significato attuale di talent show e di come i suoi reali intenti siano stati geneticamente modificati nel corso di questi ultimi anni.
Non si può negare, infatti, che il talent show in generale aveva un’utilità semplice e facilissima da spiegare: offrire un’opportunità ai cantanti sconosciuti per emergere.
Utilizziamo il verbo avere al passato perché i talent show, ormai, sembrano essere diventati vere e proprie macchine da business al completo servizio delle etichette discografiche.
Attenzione, però…
Non stiamo parlando, infatti, delle major o etichette indipendenti che giustamente puntano su un vincitore o su un cantante che si è particolarmente distinto durante un talent.
Da questo punto di vista, infatti, non c’è alcun modus operandi strano da segnalare: tutto rientra nella norma.
Il naso inizia a storcersi quando un artista che ha già un contratto in essere con un’etichetta, magari anche autorevole (e che quindi, tecnicamente, è un artista già formato e pronto per il mercato), sfrutta il talent show unicamente per visibilità e che, fondamentalmente, tutto il percorso di crescita al quale l’artista in questione si sottopone, e che viene mandato in onda, è pura fuffa e basta.
In poche parole, in questo modo, l’etichetta discografica scarica interamente al talent show l’onere di pubblicizzare l’artista, in un’opera di do ut des effettivamente conveniente per entrambe le parti, perché se l’artista in questione, poi, si rivela anche un personaggio televisivamente funzionante, è un doppio 6 al Superenalotto.
Il concetto iniziale di talent show, però, viene ineluttabilmente a mancare perché l’artista che si presenta al talent show privo di entrature avrà, di conseguenza, la strada più tortuosa.
Prendiamo Briga, rapper presente nell’ultima edizione di Amici: il rapper romano si è giustamente vantato delle milioni di visualizzazioni conquistate su YouTube e un’altra concorrente di quest’edizione, Silvia, durante una discussione, altrettanto giustamente gli ha domandato: “Ma allora perché sei ad Amici?”.
Appunto.
Perché?
Restando nell’edizione in corso di Amici, c’è anche il discorso The Kolors che andrebbe approfondito perché le scoperte hanno dell’incredibile.
La band capitanata dal carismatico Stash è già perfetta così e non avrebbe alcun bisogno di una scuola. Scritto ciò, il loro ultimo album, I Want, un lavoro discografico di ottima fattura, è stato co-prodotto da Alex Trecarichi, masterizzato da Mike Marsh all’Exchange di Londra e arrangiato da Rocco Tanica di Elio & Le Storie Tese.
Non solo, i Kolors hanno aperto concerti di Paolo Nutini, Gossip e Hurts e vantano anche performance all’estero.
Un conto, quindi, è scrivere le canzoni in cameretta e sognare il successo con un talent e un altro conto è cantare e suonare a Stoccolma, Berlino e Londra e sfruttare un talent solo per una visibilità che, fino a quel momento, per un motivo o per l’altro, non c’è stata.
Si potrebbe aprire un discorso anche su Davide Mogavero, entrato ad Amici dopo aver perso una sfida, con Rudy Zerbi che gli ha regalato un banco perché, alla Sony, dopo la sua partecipazione a X Factor, non ci avevano capito niente.
Passando proprio all’ultima edizione di X Factor, invece, troviamo Diluvio, rapper che ha partecipato all’ottava edizione del talent show di Sky Uno con un contratto già firmato con la Quadraro Basement, label tra le prestigiose nell’ambiente rap italiano. Al duo Cecco e Cipo, che si è presentato con la canzone demenziale Vacca Boia, è risultata sufficiente la partecipazione alla fase casting di X Factor per entrare nella classifica Fimi con il loro album già pronto, Roba da Maiali, prodotto dall’etichetta Labella.
Tornando a Chiara Iezzi e quindi a The Voice, la cantante milanese, attualmente anche attrice, è reduce dalla pubblicazione di un singolo e di un EP pubblicati con l’etichetta indipendente Trepertre.
Ci concentriamo solo su questa stagione televisiva perchè gli esempi possono essere innumerevoli e fuori dal nostro controllo (segnalate pure).
Poi, ovviamente, entrano in gioco anche le esigenze televisive: un artista che gode di un nutrito seguito sul web può risultare particolarmente comodo per un programma televisivo.
Come già scritto, però, il concetto di talent show è stato snaturato e ora anche questo sistema risulta inquinato.
Ai ragazzi con il sogno della musica, ormai, forse conviene tornare al vecchio metodo: farsi le ossa nei locali e bussare alle porte delle etichette.
Se tutto va bene, ai talent, poi, ti ci mandano loro.