Home Netflix Netflix cancella The OA dopo due stagioni. Brit Marling “Siamo molto tristi”

Netflix cancella The OA dopo due stagioni. Brit Marling “Siamo molto tristi”

Non ci sarà una terza stagione di The OA.

pubblicato 5 Agosto 2019 aggiornato 30 Agosto 2020 16:07

Update 22:00 Brit Marling ha commentato la cancellazione della sua serie “Siamo molto tristi di non poter finire questo racconto […] quando l’ho saputo mi sono fatta un bel pianto“. Poi prosegue nel post su Instagram ringraziando Netflix e i fan per il supporto e nelle foto che racchiudono le sue dichiarazioni cita in un passaggio anche Elena Ferrante (l’autrice del ciclo L’Amica Geniale) come paragone di chi ha saputo raccontare la propria realtà che è quello che potrebbe fare in futuro, oltre lo sci-fi, anche se non ha mai visto il suo racconto come sci-fi. “Posso promettervi che anche se non siamo riusciti a finire questa storia ce ne staranno altre” conclude l’attrice e autrice che prova a trovare anche una forma di consolazione “magari, in qualche modo, va bene non chiudere le storie di questi personaggi, Steve sarà sempre presente nella nostra immaginazione, continuerà a evolvere e magari alla fine riuscirà a raggiungere l’ambulanza“.

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Dopo due stagioni Netflix decide di chiudere The OA, il finale della seconda stagione diventa così il finale di serie, ma difficilmente era quello immaginato da Brit Marling e dal regista Zal Batmanhlij.

Un annuncio che arriva quasi in sordina a 4 mesi dal rilascio della seconda stagione, arrivata tre anni dopo la sorprendente prima stagione, capace di sconvolgere gli spettatori di tutto il mondo con una trama intricata e a tratti intrigante, mischiando filosofia, antropologia, sociologia e tante altre “-gia” con i “twist” e le svolte tipici della serialità.

Siamo molto orgogliosi dei 16 episodi, dei 16 capitoli di The OA, grati a Brit e Zal per aver condiviso la loro audace visione e averla condivisa attraverso la loro arte” ha commentato Cindy Holland vice-presidente dei contenuti originali di Netflix. “Ci piacerebbe continuare a lavorare con loro in futuro, in questa o in un’altra dimensione”.

Come è apparso sempre più chiaro con le cancellazioni di One Day at a Time e Santa Clarita Diet dopo 3 stagioni, Netflix stabilisce i propri rinnovi e cancellazioni sulla base di una formula matematica che mette in correlazione dati di visualizzazione con i costi di produzione. Un costo che aumenta dopo la terza stagione, normalmente e non è un caso che molti degli originali della piattaforma hanno tre stagioni. In questo caso, evidentemente, non era conveniente nemmeno realizzare una terza stagione.

Probabilmente per The OA la complessità della trama, il numero degli attori coinvolti, delle location necessarie per continuare ad aumentare il viaggio nella mente, nello spazio e nelle dimensioni della serie e della sua protagonista OA, era diventato insostenibile a fronte di un numero di visualizzazioni non così elevato.

Sui social e in particolare nel (ristretto) mondo di Twitter italiano #TheOA è balzato subito al primo posto delle tendenze con messaggi di disperazione, rabbia e delusione verso la scelta della piattaforma arrivati dai fan italiani.

Netflix è pur sempre un’azienda che deve rispondere a esigenze di bilancio e per dover scegliere dove allocare le proprie risorse deve basarsi su un sistema che non sempre può accontentare tutti. Certo da fan, da utenti viene da chiedersi se la strategia di puntare sempre su qualcosa di nuovo piuttosto che investire sul vecchio, sull’esistente, possa bastare nel lungo periodo a mantenere gli abbonati oltre che portarne sempre di nuovi attratti dalla star di turno o dalla nuova storia.

Forse però, per non scontentare i fan, Netflix dovrebbe imparare quello che i canali broadcaster generalisti hanno imparato negli ultimi anni, l’importanza di dare una chiusura, di dare una forma di finale alle proprie serie piuttosto che lasciare dopo 2-3-4 stagioni senza un vero e proprio finale gli spettatori. Perchè la conseguenza è una forma di disillusione verso il racconto a puntate (lungo) che può portare sempre più ad abbracciare la formula delle limited series, delle miniserie. Investire, quindi, una piccola quota nel dare un episodio, un doppio episodio, un film conclusivo ai prodotti che si vogliono chiudere dopo 2-3 stagioni è l’appello che ci sentiamo di lanciare a Netflix e a tutti gli operatori. Per salvare il racconto seriale a puntate.

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