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The L word, fine della quarta stagione

Finita ieri sera, negli States, la quarta stagione di L word. Poco entusiasmante, duole dirlo, e con un fastidioso “effetto Melrose Place” nel farsi e disfarsi delle coppie. Amori troppo repentini per risultare credibili, come quello tra Alice e Tasha (nella foto) e tra Jody e Bette (sarà che in fondo Bette e Tina sono

26 Marzo 2007 20:58

Finita ieri sera, negli States, la quarta stagione di L word. Poco entusiasmante, duole dirlo, e con un fastidioso “effetto Melrose Place” nel farsi e disfarsi delle coppie. Amori troppo repentini per risultare credibili, come quello tra Alice e Tasha (nella foto) e tra Jody e Bette (sarà che in fondo Bette e Tina sono fin dal primo episodio della prima stagione la struttura portante della serie, e tutti le rivorrebbero insieme, e magari chissà..). Personaggi inseriti con poca convinzione, come Phyllis (Cybill Shepherd), o mal sfruttati nel potenziale comico, come la pepata Papi. E altri personaggi troppo veloci da dimenticare, vedi Carmen e Dana, rispettivamente abbandonata all’altare e morta di cancro nella stagione precedente…

A proposito della stagione precedente, forse è da ricercare nella sua drammaticità davvero intensa la ragione della frivolezza di questa appena conclusa, dove peraltro la parte più toccante non ha nulla a che vedere con storie d’amore ma riguarda l’anomalo affidamento, ai limiti del reato, del piccolo Shay alla sorellastra Shane (e l’assonanza non è casuale). E quando il legittimo padre se lo viene a riprendere viene da urlargli (visto che si tratta di Erik Roberts): “Hey! Tornatene a Perfetti ma non troppo e a Guida per riconoscere i tuoi santi, ma lascia in pace Shane, che se la prende sempre in saccoccia nonostante noi le si voglia tanto bene”. Di bello, in questa stagione, ci sono più che altro momenti sporadici: il musical di Marina-Karina, oppure la sempre sublime Pam Grier che riprende a farsi di coca, bere e dire “motherfucker”, o i cappellini di Alice.

Nel complesso, però, a poco valgono la spinta sul côté politico (con Tasha reduce dall’Iraq e pronta a tornarci) quella sul multietnico (con i frequenti giochini autoreferenziali della “girl from the (latino) block” Papi) , quella sull‘erotismo d’azzardo (con la neo diseredata Helena che gira i casinò del mondo con la torbida e aristocratica Catherine) e quella sul metatesto (con il film ispirato al libro di Jenny ispirato alla “vera” storia delle protagoniste). O meglio, valgono, sono spunti interessanti, ma questa volta non sembrano aver creato una fidelizzazione, in un serial che, a dispetto della “sottocultura” che mette al proprio centro, ha una struttura piuttosto classica: intrighi di un gruppo di trentenni che amano e cercano di realizzarsi. Pur restando un ottimo prodotto, raffinato e diverso, per questa quarta stagione The L word è stato un po’ sottotono, e non solo a mio avviso (english required). Speriamo in meglio per la quinta, che comunque è già stata annunciata.

La7