The Handmaid’s Tale 4 su TimVision: la recensione in anteprima
Elisabeth Moss, non solo protagonista ma anche produttrice ed ora regista della serie, si fa sempre più portavoce di un racconto giunto ad una svolta
Fonte: Ufficio Stampa TimVision
Ci sono voluti due anni, di mezzo c’è stata (e c’è ancora) una pandemia, ma alla fine The Handmaid’s Tale continua a raccontare il suo mondo distopico. E nella quarta stagione, che TimVision mette a disposizione da domani, 29 aprile 2021, a sole 24 ore dall’uscita negli Stati Uniti, i confini del bene e del male si allargano, fino quasi a fondersi ed a rendere il tutto ancora più interessante.
The Handmaid’s Tale, dov’eravamo rimasti?
Due anni fa, il finale della terza stagione aveva lasciato tutti a bocca aperta. June (Elisabeth Moss) era riuscita a salvare da Gilead un’ottantina di bambini, facendoli salire su un aereo diretto in Canada reperito grazie anche al Comandante Lawrence (Bradley Whitford). Qui, ad attenderli, anche Emily (Alexis Bledel), Moira (Samira Wiley) e Luke (O. T. Fagbenle), sempre più attivi nel dare una mano a coloro che riescono a sfuggire dalle grinfie della dittatura che ormai da tempo si è instaurata negli Stati Uniti.
June, però, sceglie ancora una volta di restare a Gilead: un enorme sacrificio, il suo, insieme a quello di allontanarsi dalla figlia avuta dalla violenza che Serena (Yvonne Strahovski) ha voluto che Nick (Max Minghella) perpetrasse sulla protagonista. June, però, non solo sa che la sua missione non è finita, ma anche di non potersene andare senza aver raggiunto l’altra sua figlia Hannah (Jordana Blake), avuta da Luke.
Intanto, Waterford (Joseph Fiennes) e Serena, in Canada, vengono arrestati, mentre June rischia la vita per fare in modo che l’aereo possa decollare. Inseguita da alcuni militari di Gilead, prima ne uccide uno, poi si accascia a terra, colpita a sua volta. Le altre Ancelle che l’hanno aiutata nel suo piano la raggiungono e la portano via.
Come inizia la quarta stagione?
I nuovi episodi riprendono esattamente da questo punto: June viene salvata e portata in una fattoria, dove la giovanissima moglie di un Comandante accoglie lei e le altre Ancelle. La convivenza non è però semplice, tanto da far capire a June che quello non potrà essere un rifugio sicuro a lungo: le Ancelle devono continuare a scappare.
In Canada, intanto, Waterford e Serena, sempre più in crisi tra di loro, cercano di capire come rigirare la situazione ognuno a proprio favore, mentre O.T. e Moira apprendono da Rita (Amanda Brugel) nuovi dettagli sulla vita di June ed in generale a Gilead. A loro il compito di costruire nuove vite per i bambini salvati, che però fanno fatica ad ambientarsi ad un ambiente libero.
A Gilead infine, continua la caccia a June: la sua peggiore nemica sembra essere zia Lydia (Ann Dowd), decisa a rintracciare l’Ancella ed a vendicarsi sull’ennesimo gesto ribelle che, questa volta, l’ha vista direttamente coinvolta e lei stessa vittima.
The Handmaid’s Tale 4, la recensione
Finalmente, quindi, ci siamo: i dieci episodi della quarta stagione sarebbero dovuti essere pronti per il 2020: le riprese erano iniziate a marzo, ma la pandemia ha costretto la produzione a fermarsi poche settimane dopo il via. A giugno, Hulu decise di far slittare l’uscita al 2021.
“Una serie tv non vale tanto quanto una vita umana”, aveva detto Moss, che della serie non è solo protagonista ma anche produttrice esecutiva. Insieme agli altri produttori, è stato creato un fondo per aiutare gli operatori al lavoro sulla serie durante lo stop. Il set ha riaperto a settembre, per chiudersi definitivamente nel febbraio scorso.
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Moss, in questa stagione, debutta anche come regista di tre episodi: il suo coinvolgimento in The Handmaid’s Tale sembra andare di pari passo con quello di June nel corso della serie. La protagonista, stagione dopo stagione, lascia andare parti del suo passato scoprendo lati di sé che non sapeva di avere. Questo non significa per forza qualcosa di buono.
Lo avevamo già intravisto nel finale della terza stagione, quando June punta una pistola contro una bambina che la sua Marta vorrebbe salisse su quell’aereo, per poi rendersi conto di stare perdendo il contatto con la realtà. La quarta stagione di The Handmaid’s Tale ci mostra una June decisamente differente rispetto alla prima stagione: Moss fa un lavoro straordinario, riuscendo ad incarnare dubbi, rabbia e dolore in un personaggio che sicuramente resterà nei nostri ricordi per tanto tempo.
Come abbiamo scritto all’inizio, questa stagione allarga i confini tra Bene e Male: il bianco ed il nero non sono più così definiti, ed il caos diventa sempre più evidente. E’ chiaro che Bruce Miller, creatore della serie tratta dall’omonimo romanzo di Margaret Atwood (che vi lavora come consulente produttiva) ha in mente un percorso che porterà The Handmaid’s Tale ad una conclusione in cui nulla sarà come prima, ed ora sta iniziando ad intraprenderlo.
Per farlo, il baricentro del racconto si sposta: se prima la storia di June era assolutamente centrale a tutta la serie, ora non è più così. L’arco narrativo dell’Ancella protagonista viene affiancato dalle vicende dei Waterford, di zia Lydia e di Moira, Emily, Luke e Rita in Canada, tutte con uguale valore.
The Handmaid’s Tale 4 assume così un peso differente rispetto al passato: dal condannare comportamenti ed una società maschilista estremizzandone le conseguenze (ma ahinoi, abbiamo visto come a volte la realtà possa superare la fantasia), ora l’attenzione si sposta verso il futuro possibile.
L’idea, insomma, è che se le prime stagioni ci hanno voluto dimostrare l’importanza di prendere posizione e non vivere passivamente le ingiustizie che fanno regredire la società invece che progredirla, ora invece si vuole pensare alla ricostruzione. Da qui la maggiore importanza che assumono le altre storyline: dalle vicende giudiziarie dei Waterford, all’aspetto psicologico legato ai bambini salvati che accettano a fatica di vivere in un mondo libero, siamo arrivati ad una svolta per la serie.
Il che non vuol dire una conclusione immediata: The Handmaid’s Tale è già stato rinnovato per una quinta stagione (che speriamo sia pronta già per il prossimo anno), ma evidentemente questo è uno di quei racconti che non può durare in eterno. Serve una consapevolezza sulla destinazione, prima che si deragli e non si possa più tornare sui propri passi. Un rischio che, per ora, sembra essere scongiurato.