The Decameron, Netflix non sa essere boccaccesca: non fatevi ingannare dal titolo. La recensione
Netflix ri-percorre la strada di Bridgerton e crea una serie in costume che guarda ai nostri giorni. Ma questa volta la formula non funziona: fatta qualche eccezione, il suo Decameron è qualcosa di scontato e poco divertente
Per una serie come The Decameron, disponibile con tutti ed otto gli episodi da giovedì 25 luglio 2024 su Netflix, non poteva esserci cosa più fuorviante che il titolo stesso. Perché a parte la premessa iniziale e un timido riferimento finale, del capolavoro trecentesco di Boccaccio non c’è nulla. The Decameron non è “liberamente ispirata a”, ma è proprio qualcosa di differente, una produzione che per certi versi ha davvero poco da dire e che riesce solo negli ultimi episodi a prendere una piega un po’ più interessante rispetto a quanto viene proposto all’inizio.
La recensione di The Decameron su Netflix
Il titolo più adatto? Non è The Decameron
Dicevamo, solo premessa e un vago accenno nel finale ci rimandano all’opera originale. Evitiamo di citare il finale, ma la premessa è quella che conosciamo tutti: nella Firenze travolta dalla peste, un gruppo di giovani uomini e donne decide di rifugiarsi in una villa in campagna per sfuggire al contagio. Fine.
Kathleen Jordan, creatrice della serie girata in Italia (e che vanta tra i produttori Jenji Kohan, creatrice di Orange is the New Black), neanche ci prova a trarre vera ispirazione dal capolavoro originale, calando nel contesto sopra citato una storia di sua invenzione: c’è sì la convivenza forzata di un gruppo di personaggi, ma The Decameron diventa esso stesso una storia di quelle che i protagonisti dell’opera di Boccaccio avrebbero potuto raccontare durante i loro giorni di quarantena dalla città.
Netflix sfrutta un titolo conosciuto a livello globale e di facile attrazione e fascino, per poi deludere chi si aspettava anche solo una rivisitazione lontana di quel contenuto. Quindi, meglio saperlo prima: più che The Decameron, questa serie potrebbe intitolarsi Non è il Decameron.
Neanche la metafora con i tempi moderni e le scene “hot” salvano il Decamerone di Netflix
Detto questo, cosa aspettarsi dagli otto episodi della miniserie? Anche in questo caso, la delusione non manca, perché The Decameron mette in scena personaggi e dinamiche abbastanza stanche fin dal debutto. Ci sono le signore e le loro serve, i nobili ed aitanti uomini che però, privi di un titolo nobiliare, non possono meritare le attenzioni delle donne presenti (spoiler: le riceveranno comunque).
I componenti del gruppo che si ritrova nella villa fuori città sono sì diversi l’uno dall’altro, ma al tempo stesso navigano tutti sulla stessa barca, quella della disperata ricerca di un riconoscimento. C’è chi, come Pampinea (Zosia Mamet) vuole a tutti i costi maritarsi; chi come Licisca (Tanya Reynolds) approfitta di una situazione imprevista per rubare l’identità della sua signora Filomena (Jessica Plummer) e chi, come la serva Misia (Saoirse-Monica Jackson), annulla se stessa pur di essere fedele al suo status di serva. Aggiungete degli uomini confusi, insicuri o costretti nel ruolo che la società di allora gli ha imposto e avrete una metafora neanche troppo velata dei nostri tempi, in cui tra apparenza e necessità di essere accettati viene meno il senso del rapporto umano.
Una rappresentazione che, però, non cattura per fascino, almeno non fin dall’inizio: come detto, le dinamiche che vengono messe in scena non brillano per originalità e non catturano l’attenzione per la profondità della sceneggiatura. Quest’ultima, va detto, resta abbastanza superficiale fatta qualche eccezione (di cui parleremo tra poco), fino a giocarsi la carta del “bollino rosso” per mascherare la propria scarsità. Le scene di sess0 in The Decameron sono forse la delusione maggiore: da una serie “liberamente ispirata” a un’opera che ai tempi fece scalpore per i suoi contenuti erotici ci si sarebbe potuto aspettare qualche provocazione in più. E invece no: questo Decameron non è così scandaloso come si potrebbe pensare.
Una nota di merito: il racconto di una relazione tossica
Abbiamo fatto cenno alle relazioni tra i personaggi e a come, queste, in fin dei conti si sviluppino dentro binari abbastanza ordinari. Ci teniamo, però, a sottolineare la dinamica di una coppia, capace di ben rappresentare quelle che oggi viene definita “relazione tossica”.
Ci riferiamo al rapporto tra Pampinea e Misia: la prima padrona, la seconda serva. Pampinea nel corso della serie riesce a tenere Misia sempre dalla sua parte, costringendola anche ad azioni disumane grazie alla sua capacità di illudere la giovane serva che il loro rapporto non è di subordinazione, ma una vera amicizia. Misia ci crede e farebbe di tutto per Pampinea, ma non si potrebbe dire viceversa.
E neanche quando Filomena cerca di far aprire gli occhi a Misia sul fatto di essere sfruttata da una donna il cui unico obiettivo è quello di diventare sposa di qualcuno e migliorare il proprio status sociale, la serva riesce ad accettare la verità, ovvero di essere stata ingannata con l’arma più dolorosa, il finto sentimento.
“L’amore ha lunghi artigli”, dice Misia, la cui evoluzione la porterà a compiere un gesto estremo che non sveliamo. Quel che conta è che The Decameron riesce molto bene a mettere in scena una dinamica di cui oggi parliamo tanto e che spesso non riusciamo a realizzare, soprattutto quando ne siamo direttamente coinvolti. Perché se è facile riconoscere dall’esterno una relazione tossica, è altrettanto difficile capire di essere finiti in una gabbia in cui promesse, rassicurazioni ed esternazioni pseudo-romantiche diventano l’unico appiglio per potersi sentire vivi.
Sì, anche noi abbiamo pensato a Bridgerton (ma anche alle american comedy)
La cosa più scontata che potrete leggere di recensione in recensione sul Decameron di Netflix è il paragone con Bridgerton. Scontata, ma vera: entrambe le serie rileggono i tempi in cui sono ambientate cercando di avvicinarli alla contemporaneità, facendo vivere ai personaggi situazioni ed emozioni più vicine a noi che all’epoca dei fatti raccontati.
The Decameron segue in fin dei conti quel formato che tanto successo ha regalato a Bridgerton, ma proprio perché il paragone è con una delle serie più in voga nel catalogo di Netflix il risultato è più deludente. Se a Bridgerton può andare il merito di aver intrapreso una strada rischiosa ma i costume drama non avevano ancora esplorato, The Decameron si limita a ri-percorrere quella strada, senza cercare deviazioni che le conferissero altra originalità (cosa, invece, fatta da un’altra serie in costume uscita di recente, My Lady Jane, di cui abbiamo parlato qui).
Ecco, questa è forse la delusione maggiore di questa serie: non riuscire a regalare nulla di nuovo. Anche la commistione con il genere comedy non ci dice nulla di nuovo, ma ci fa ricordare tutte le commedie americane semi-demenziali uscite al cinema in questi anni. Di cui, francamente, avremmo fatto a meno.
Ecco che, allora, The Decameron di Netflix si riprende solo verso gli episodi finali, quando l’azione entra davvero nel vivo, ma anche quando il pubblico potrebbe avere deciso di abbandonarne la visione perché di commedie poco divertenti e costume drama alternativi se ne trovano già in giro.