Anticipare è la parola d’ordine, più che mai nell’epoca della comunicazione social, della informazione urlata e del click-baiting selvaggio. All’interno di questo contesto si spiega facilmente e benissimo la tendenza da parte delle principali reti generalista di anticipare la messa in onda dei telegiornali serali.
E così il Tg1 delle 20.00 in realtà da anni si è trasformato nel Tg1 delle 19.56, l’edizione delle 20.00 del Tg5 è diventata l’edizione delle 19.54 del Tg5, che peraltro si apre ogni giorno con Prima Pagina, un’anteprima che viene conteggiata a parte da Auditel, ma che evidentemente serve a calamitare l’attenzione del pubblico, proprio negli istanti in cui su Rai1 è in onda la pubblicità tra Reazione a catena (o L’Eredità, nel periodo autunnale) e il Tg1 (che non prevede anteprime, ma si apre subito con i titoli).
Insomma, la gara a chi arriva prima non riguarda solo la capacità di scovare e diffondere notizie (con il rischio, talvolta, di difettare nella fase di verifica della news), ma anche più semplicemente l’orario di messa in onda. Trattasi di scelta editoriale ben precisa e non casuale, per almeno due motivi: 1) accade puntualmente da anni 2) i programmi che precedono i telegiornali sono, salvo rarissime eccezioni, registrati e quindi la loro durata è misurata ad hoc per permettere alle edizioni serali dei telegiornali di guadagnare qualche minuto.
In tutto ciò, i telespettatori a casa non possono che ‘subire’ strategie di questo tipo, che sono in linea generale le stesse alla base dello slittamento del prime time ormai a orari improponibili (su Canale 5 le prime serate in autunno iniziano non prima delle 21.35, talvolta anche alle 21.45 – d’estate va un po’ meglio, ma comunque sempre ben distanti dagli orari indicati sui palinsesti ufficiali. E la stessa cosa succede fronte Rai, nonostante qualche promessa più o meno recente).