A differenza del nome scelto per il suo blog, Capuozzo è lontano dai ‘mezzi toni’ nel senso che non ha mai rinunciato a fare il suo mestiere, l’inviato ‘duro e puro’ dalle zone di guerra e s può dire che sia il solo, ancora aggi, a cercare di tenere accesa una telecamera sui conflitti internazionali, dalle storiche dirette dalla Sarajevo assediata dei primi anni ’90 per arrivare ai giorni difficili di Damasco 2013.
“Mi sono addormentato nel vecchio familiare e sempre uguale rumore della guerra”
scrive Capuozzo nelle quattro ‘lettere da Damasco’ pubblicate sul suo blog che fanno da diario di viaggio e da struttura per il suo video-reportage per la tv. Un modo attraverso il quale il giornalista ha cercato di spiegare al pubblico italiano, quello meno distratto e intenzionato ad ascoltarlo, cosa stia succedendo in Siria e soprattutto da dove nasce questo conflitto sempre più sanguinoso.
“Cosa sta succedendo? Succede che una rivolta iniziata pacificamente due anni e mezzo fa si è trasformata in guerra civile. Per due anni ha avuto la simpatia distratta del mondo, e l’appoggio di molti paesi, ed è arrivata a controllare più di metà del paese. Poi è cambiato tutto. Saranno stati i sequestri, o forse il fatto stesso che la rivolta è stata sequestrata dai guerrieri della jihad, saranno state le persecuzioni contro i cristiani, ma quel piccolo patrimonio di distratta simpatia si è esaurito. Forse il bacio della morte sono state le tentennanti minacce di intervento di Obama, forse il bacio della vittoria per Assad è stata l’abilità di Putin: sta di fatto che l’America è rimasta con il cerino acceso in mano, che l’Europa è ridotta a contare i profughi siriani, che a Ginevra 2 – il tavolo delle trattative che dovrebbe fornire il laccio emostatico alla guerra civile – le sedie vuote rischiano di essere quelle di un’opposizione debole, divisa e ininfluente sul terreno”,
spiega Capuozzo sulla via per Maloula, fulcro del suo reportage. Così descrive il villaggio cristiano a 50 chilometri da Damasco, in ostaggio dei Jihadisti da settembre:
“Potrebbe essere un paese di Calabria, o dell’Abruzzo, accovacciato ai piedi della montagna. Con tante case incomplete, come da noi, e qualcuna, quella di chi ha fatto il pellegrinaggio a Gerusalemme, con una traccia di azzurro che sta scolorendo nel buio che cala. (…) Maloula è una città morta.
Aveva duemila abitanti, e molti di più l’estate, per il fresco dei suoi milleduecento metri, e più ancora il 7 di settembre, alla festa della Santa Croce, con i suoi fuochi d’artificio e l’hotel Ambasciatori, in cima al paese, pieno di turisti…”.
Poi un assedio senza tempo e senza ragione che ha reso questo un inferno di cecchini e di vite negate, teatro ‘del racconto dell’assurdo’ che invece è drammaticamente reale ma lontano dall’interesse dell’Italia, stretta tra le rotture del Pdl e le Primarie del PD, tra la legge di Stabilità e la decadenza di Berlusconi.
Stile asciutto, racconto empatico senza concessioni al personale, profondo senso del ‘dovere’: questo mi ha sempre colpito di Capuozzo, che sa bene come invece il ‘pubblico’ sia sordo a certi argomenti e soprattutto a un stile che concede poco al sensazionalismo cronachistico.
E alla fine anche lui un po’ ‘cede’, nel tentativo di far presente cosa voglia dire documentare la Siria per un reporter e di far capire quanto terribile sia la situazione dando un’unità di misura facilmente ‘comprensibile’, mettendo in un ‘post scriptum’ un po’ di sé, una traccia di ‘io’:
“So che la Siria non appassiona gli italiani. Essendo scritta, questa lettera, per un social, avrei forse dovuto raccontarlo in modo più personale, tipo il momento in cui mi sono chiesto chi me lo avesse fatto fare (…) o essere più intimo, e dire della paura, e dei ricordi che ti fanno compagnia, in quei momenti.
Mi basterebbe raccontare che il mio cameraman è stato sequestrato e gli hanno tolto quasi tutti i denti a uno a uno, prima di essere scambiato. Ma la storia è un storia che spetta di diritto a Maloula..”
Come a dire, parafrasando un vecchio spot, ‘potrei stupirvi con effetti speciali, ma questa è scienza non fantascienza’. E questa ‘scienza’ del reportage va in onda stasera lunedì 28 ottobre, alle 23.50 su Rete 4.