Teo Mammucari a TvBlog: “Lo Spaesato? Spero si rifaccia, ma con più puntate. Se mi richiamasse Mediaset, non ci tornerei”
Teo Mammucari a tutto campo: “Se torneremo, dovremo fare almeno otto puntate, allungando la durata alle due ore. Ho rischiato, lasciai Mediaset perché non sperimentava più nulla. Ho fatto L’Acchiappatalenti per riconoscenza a Milly”
Felice, soddisfatto ma allo stesso tempo anche un po’ amareggiato, dato che l’ultima puntata andrà in onda contro la partita della Nazionale. Teo Mammucari si gode il successo de Lo Spaesato e già guarda alla possibilità di una seconda edizione. “Mi auguro che dopo tutte le critiche positive ottenute ci possa essere un bis il prossimo anno”, confessa il conduttore a TvBlog. “Siamo partiti in sordina, sfidando dei mostri sacri con un prodotto di appena un’ora e trenta. Se torneremo, dovremo fare almeno otto puntate, allungando la durata alle due ore”.
Quello che sembra un auspicio, in realtà è una vera e propria condizione che Mammucari porrà all’azienda: “Se me ne riproporranno cinque non accetterò. C’è bisogno di un respiro più largo. Sarebbe un peccato mortale sprecare un lavoro così faticoso che ha ottenuto ottimi risultati. Molta gente nemmeno sapeva che eravamo in onda, lo ha scoperto in corsa. Abbiamo sfiorato il milione e, proprio perché parliamo di un’offerta nuova che è andata bene, c’è bisogno di una consacrazione nella prossima stagione”.
Agropoli, Ostra, Sonnino, Acerenza e, lunedì prossimo, Tricase. Lo Spaesato è un viaggio alla scoperta dei borghi italiani e dei suoi abitanti, protagonisti di un’esistenza totalmente differente da quella che si vive in una grande città. “Questo programma racchiude tutto. La parte goliardica, emozionale e il racconto di un’Italia messa da parte. E’ un racconto che si divide in tante storie che rappresentano il luogo in questione”.
Come sono stati scelti i cinque paesini?
Sono stati individuati in base alle loro caratteristiche. Acerenza ne ha alcune, Sonnino altre. Abbiamo fatto in modo che gli argomenti fossero diversi, calcolando le differenze. Non dovevano sembrare realtà simili.
Quando avete girato?
Le riprese sono state un problema. Partendo tardi, abbiamo girato a luglio e agosto con il caldo terribile di quest’estate. E’ stato parecchio complicato, ma siamo stati ripagati dalla soddisfazione di ciò che abbiamo realizzato. Se ci sarà la seconda stagione gireremo tra aprile e maggio.
A tal proposito, ha ricevuto delle rassicurazioni?
La Stand by Me mi ha già chiesto la disponibilità. Le persone mi fanno i complimenti perché finalmente vedono qualcosa di nuovo e penso che l’esperimento debba essere premiato. Dopo che si arriva in Champions League, in genere si lavora alla costruzione di una squadra con lo scopo di fare meglio. Se la Rai mi dirà che non si farà nulla mi dispiacerà per loro e andrò altrove. Però non credo che dopo tutti questi pareri favorevoli avrà il coraggio di rinunciare al programma.
Ne Lo Spaesato si è rivisto il vecchio Mammucari, non più incasellato e soffocato in un ruolo marginale.
Quando ho visionato i vari format, ho voluto sposare proprio Lo Spaesato. Contiene varie chiavi che hanno punti di contatto con me. Ho avuto la possibilità di tirare fuori la goliardia in modo insolito.
Il montaggio ha reso qualche passaggio un po’ troppo ‘meccanico’, soprattutto nel blocco a teatro.
Il programma lo facciamo io e il montatore, che è bravissimo. Le parti più belle le regaliamo al pubblico, ma dico sempre che io faccio un film, il montatore ne fa un altro. Deve raccogliere il meglio del materiale girato e assemblarlo. A Tu si que vales partecipavo ad un programma che, col montaggio, diventava un’altra cosa. Tornavo a casa stanchissimo dopo otto ore in studio, poi in tv rivedevo le parti migliori incluse in tre ore di show ed era tutto differente. Ne Lo Spaesato la parte meccanica sta nella scrittura e nella ricerca delle storie. Una volta che cominci a girare devi affidarti alla creatività e trovare degli spunti. E a teatro, ti assicuro, è tutto completamente improvvisato.
Immagino che i personaggi più caratteristici del paese vi siano stati segnalati a monte.
Guarda, l’anziana di Agropoli che cantava l’ho conosciuta casualmente in un negozio. Mi ha detto che faceva il limoncello, sono andato a casa sua per assaggiarlo e lì ha iniziato a intonare il coro su San Giovanni. Sono situazioni che non puoi studiare prima. E’ un racconto che non prevede la possibilità di organizzare qualcosa prima. Non sai mai quali saranno i risvolti, esattamente come mi accadeva a Libero. Non sapevo quali sarebbero state le telefonate più belle. Hai davanti persone che non fanno il tuo mestiere. Le vai a conoscere, indaghi sulla loro vita e, alla fine, emergono a teatro. Quelle che secondo me meritano risalto le piazzo in prima fila. Difficilmente mi sbaglio.
Non c’è il rischio che una seconda edizione possa comportare la perdita di spontaneità da parte dei protagonisti?
Non ho questo timore. Non è come il pulmino di Stranamore che un tempo arrivava in città, siamo ancora qualcosa di nuovo e fresco. Ho una certa esperienza, se vedessi la perdita di spontaneità mi fermerei. Tieni conto di un aspetto: non parliamo di volti del Grande Fratello che hanno interesse ad alimentare il personaggio, ma di gente normale che vive in piccoli borghi.
Prima citava la Champions League. Possiamo dire che Ballando con le Stelle e L’Acchiappatalenti sono stati i preliminari doverosi per potersi giocare questa partita da protagonista?
Direi di sì. La Champions me la sono conquistata a L’Acchiappatalenti e soprattutto a Ballando, dove ho partecipato dando il cuore e mettendomi in gioco professionalmente. Poi ho detto: ‘signori, io mi sono buttato nelle vostre mani, ora datemi in mano un progetto’. Sono ripartito da zero, con molta umiltà. Con trenta programmi condotti alle spalle ho dimostrato quello che potevo dare, pur non essendo protagonista.
Nuovi progetti. Una richiesta che pone da anni.
Ho rischiato. Ho lasciato Mediaset perché non sperimentava più nulla e una poltrona al fianco di Gerry Scotti e Maria De Filippi dove prendevo un sacco di soldi. Sono anni che dico che bisogna fare qualcosa di inedito. Ora mi sto togliendo le mie soddisfazioni.
Oltre a Tu si que vales mollò pure Le Iene.
Anche in quel caso ero lì da tanti anni e quando lasciai mi presero per matto. A Le Iene stavo benissimo, io devo tanto a loro e loro devono tanto a me. Però volevo fare nuovi programmi e a Mediaset hanno preferito Papi e le trasmissioni che sappiamo. Tuttavia, parlare del passato non ha senso, ho scelto la mia strada e adesso sono alla Rai. Sarebbe come parlare di una ex fidanzata che non frequenti più. E anche se mi dovessero richiamare non ci tornerei.
Quindi nessun rancore verso nessuno.
Non ho niente contro le persone. Il discorso è semplice: quando fai una cosa e la ripeti per anni, alla fine vuoi cambiare. Sono un artista e dopo un po’ le motivazioni cambiano. Non sono uno da posto fisso per tutta la vita.
A proposito di Tu si que vales, L’Acchiapatalenti per molti non è stato altro che una brutta copia dello show di Canale 5.
Dissi di sì per riconoscenza a Milly (Carlucci, ndr). Abbiamo deciso di rischiare assieme, poi le trasmissioni possono venire bene o male. Bisogna accettare sempre ciò che avviene. Io non posso giudicare, sarebbe scorretto. Non era un mio programma, ho aderito al progetto di altri.
Qualcuno ogni tanto rilancia la suggestione di un ritorno di Libero. A venticinque anni dal primissimo lancio sarebbe ancora attuale?
La risposta la sai già. Non si potrebbe rifare per mille motivi, a partire dalle leggi sulla privacy. E, soprattutto, non sarei favorevole. Sono qui a rivendicare a volontà di creare cose nuove e poi mi rimetto a fare Libero? Lasciamo perdere. Ci sono state tante edizioni belle e non sarebbe giusto macchiarle.