Talk show stagione 2012/13: Massimo Cacciari è la rivelazione
Anche Paolo Becchi si è fatto notare nella stagione televisiva che si sta chiudendo.
Quella che si sta chiudendo in questi giorni (l’unico superstite in prime time è Ballarò di Giovanni Floris) è stata per i talk show una stagione sicuramente intensa.
Riassumere 10 mesi di tv e di spettacolo della politica non è naturalmente cosa semplice; ancor di più se da settembre scorso in poi si sono registrati avvenimenti molto importanti: dalle primarie del centrosinistra (con eco mediatica elevatissima), all’addio-ritorno in campo di Berlusconi, dalle elezioni politiche all’exploit elettorale del Movimento 5 Stelle, dalla soffertissima elezione del Presidente della Repubblica alle spaccature nel Pd, passando ovviamente per la fine politica di alcuni partiti, dall’IdV all’Udc. E molto altro, ovviamente.
Il talk show (qui ci riferiamo al prime time) di fronte a tutto questo è praticamente rimasto fermo, non proponendo nessuna novità di sorta, né di linguaggio né di contenuto. Il tentativo di Servizio Pubblico di utilizzare la piattaforma Liquid Feedback si è rivelato fallimentare e non ha inciso per nulla nelle dinamiche della trasmissione. Ballarò e Piazzapulita sono rimaste uguali a loro stesse, mentre Quinta colonna – che ha cambiato conduzione e contenuti rispetto alla stagione precedente – si è imposta su Rete4 pur non raggiungendo mai particolari risultati di popolarità (e di credibilità).
È evidente a tutti che nel genere televisivo del talk grande rilevanza la abbia la selezione degli ospiti. Come ogni anno, anche in questa stagione, ci siamo ritrovati di fronte alle solite compagnie di giro. Ogni trasmissione ne ha una. A Ballarò non manca mai un Paolo Mieli, un Massimo Giannini o una Maria Stella Gelmini (e una Alessandra Moretti, finché Bersani è rimasto segretario del Pd). Da Santoro Lara Comi e Daniela Santanchè fanno praticamente coppia fissa, con Fassina terzo incomodo; da Formigli Oliviero Toscani e Roberto D’Agostino sono utili per parlare un po’ di tutto. Per non dire di Del Debbio che oltre a Mastrangeli, Santanchè e Barbato (finché l’Idv è esistita) non si è mai spinto (ah, no, c’è anche Ana Laura Ribas).
La giustificazione che i conduttori di talk adducono a chi rinfaccia loro le ospitate che si ripetono (in realtà un’altra critica dovrebbe concentrarsi sul fatto che gli ospiti molto spesso non hanno ruoli decisivi sulla scena politica e quindi le loro restano parole che non trovano alcun riscontro nella realtà) in maniera perpetua e circolare è che in pochi bucano lo schermo. Tesi assolutamente rispondente al vero.
Il problema è che di quelli fin qui citati nessuno davvero riesce ad assolvere questo compito. Così le uniche sorprese – o rivelazioni, chiamatele come volete – sono state rappresentate da Paolo Becchi e Massimo Cacciari. Due professori universitari che, pur non giovanissime leve, hanno (ri)animato un genere televisivo da molti (Grillo in primis) considerato morto. Tuttavia se il primo è parso da subito come rappresentante di parte, delle idee del Movimento 5 Stelle (uno dei drammi dei conduttori è non avere a disposizione una rosa abbastanza ampia di simpatizzanti dei grillini disposti a ‘mescolarsi’ con gli altri ospiti in studio), cadendo talvolta in gaffes, il secondo è stato il vero jolly.
Il Vittorio Sgarbi (quello vero ha ritrovato spazio da Santoro) del centrosinistra si è fatto apprezzare per la sua incontenibile verve polemica e per la capacità di non essere mai banale, riuscendo a rivolgere velenose frecciate e violente invettive con la stessa efficacia a tutti gli schieramenti politici (sebbene, appunto, Cacciari sia da sempre un uomo di centrosinistra, per il quale ha fatto anche il sindaco a Venezia). Il vulcanico filosofo così si è ritrovato protagonista di litigi clamorosi (pure con il suo simile Sgarbi), di severi rimproveri (clamoroso – e sacrosanto – quello a Lara Comi sul caso Ambrosoli) e di addii anticipati alle trasmissioni: da Servizio Pubblico a La guerra dei mondi. Sempre e solo in collegamento da Venezia. Sempre e solo con un preciso mix di snobismo e cinismo, che alla fine significa ostentata superiorità (l’ultimo bersaglio è stato Flavio Briatore).