Giudici di talent show: chi disprezza è comprato?
Oggi è Lodo, ma tanti sono stati quelli che da detrattori sono diventati sostenitori del genere televisivo. E c’è anche chi ha cambiato idea a posteriori.
Con la nomina di Lodo Guenzi de Lo Stato Sociale si è chiuso il toto-nomi per il sostituto di Asia Argento al tavolo dei giudici della dodicesima edizione di X Factor; contemporaneamente al rimpiazzo, si è riaperta la polemica sui cantanti che, nonostante i giudizi critici sul valore artistico dei talent show, accettano poi di giudicare da un bancone coloro che scelgono il piccolo schermo come trampolino di lancio per la loro carriera musicale.
L’episodio di Lodo a Sky rientra nella casistica? Stando alle parole pronunciate in un’intervista dello scorso maggio, quando ventilò l’ipotesi dell’assegnazione al cantante bolognese di quella poltrona occupata poi da Asia Argento, da parte della voce de Lo Stato Sociale non sarebbero mai state rivolte parole di scherno circa i meccanismi del talent. Le opinioni della band su X Factor, riprese spesso dai giornali, non rappresenterebbero infatti quelle proprie di ogni componente, anche se espresse al plurale:
Quando si riporta un’intervista di tutti e cinque, non è detto che si tratti di me. Anzi, la dichiarazione che ha fatto polemica è di Bebo. Quindi non capisco le accuse di incoerenza: mi riesce difficile essere coerente con un’opinione che non ho mai espresso.
A poche ore dalla firma del contratto, Guenzi ha condiviso coi propri follower di Instagram un lungo post in cui ha motivato il suo incarico e rivelato di essersi innamorato della musica proprio con X Factor, ascoltando i giudizi taglienti di Morgan. Con la speranza che la carriera di Guenzi non termini con l’esperienza da giudice di un talent show (lui, nato rockstar), è opportuno ricordare alcuni tra gli artisti della storia dei talent italiani che hanno fatto più di un passo indietro sulla bassa considerazione del genere televisivo.
Quattro anni fa Levante dichiarò in un’intervista che i talent show plasmano “artisti catodici, in mano a case discografiche che decidono tutto”, poco interessati a fare come lei una gavetta libera da costrizioni. La cantante siciliana aveva giustificato quelle parole una volta divenuta giudice dell’undicesima edizione di X Factor, specificando che proprio perché non avrebbe mai partecipato come concorrente in un talent, lo scopo della sua partecipazione sarebbe stato di “trasmettere alla sua squadra che non è importante la competizione”. Un’anarchica del talent, nata e cresciuta nell’ambiente della musica indipendente proprio come Lodo Guenzi, che non si è in questo caso smentita: nessuno dei suoi talenti è arrivato alla finale dell’anno scorso. Missione fallita e non rinnovata.
Chi, invece, la missione l’ha superata a pieni voti è Manuel Agnelli, per il terzo anno di fila al bancone di X Factor e padre artistico del gruppo-rivelazione della passata edizione, i Måneskin. Il leader degli Afterhours, nel 2013, vaticinò in un’intervista a Linkiesta il destino dell’industria musicale, istigata al suicidio dai talent show, “fenomeni creati dalle case discografiche come ricerche di mercato, per non rischiare niente e investire in prodotti sicuri”:
Le televisioni buttano nella mischia una serie di dilettanti allo sbaraglio; la gente sceglie chi preferisce; la casa discografica che finanzia il format produce un disco a costo zero, perché l’artista ha firmato un contratto capestro all’inizio della trasmissione. Insomma, è puro marketing.
Nel 2016 la proposta di indossare i panni del giudice di X Factor, il padre del talent show modernamente inteso, genere che fino a pochi mesi prima era stato paragonato al circo dall’artista, rimasto deluso dalla piega presa dal mondo “fascista” dell’alternative rock:
Prendi le persone, le togli dal loro contesto, gli fai cantare delle canzoni ”X”: sono bravi “giocolieri”, sanno cantare di tutto, hanno un’estensione della Madonna, sanno stare sul palco. Ma sono acrobazie, non musica.
Un doppio tradimento, la cui principale motivazione è tuonata nei primi giorni dall’assegnazione della poltrona ad Agnelli, poi letteralmente scomparsa dai radar. Un altro anarchico nato incendiario e morto pompiere, potrebbe dire qualcuno. Forse, ma che non ha mai nascosto la scelta di partecipare anche per ampliare la sua popolarità e portare a termine alcuni progetti. A che prezzo?
Il tira e molla di Morgan tra X Factor ed Amici, condito da affermazioni piuttosto crude sul mondo dei talent show, è ben noto; lo sono meno le scelte al contrario di altrettanti artisti, pentiti di aver prestato il proprio talento alla causa televisiva. Riccardo Cocciante, coach della prima edizione di The Voice of Italy del 2013, rivelò in un’intervista a Libero del 2017 di aver provato molta pena per i concorrenti del talent, “buttati via” una volta spenti i riflettori degli studi. Nel 2009 fu Claudia Mori a rimproverarsi di aver accettato di entrare nel cast di X Factor; lei, all’epoca sospettata di aver portato al fallimento la prima serata di Rai 2, che criticò il format già durante la fase dei Live.
La tendenza che va per la maggiore, però, è quella contraria: meno redenti, più convertiti, come messo già in luce qualche mese fa da Le Iene, che in un servizio ha dimostrato come alcuni dei più spietati avversari del talent siano disposti ad accettare un ruolo di giudice ad X Factor. Tra questi, il nostalgico Red Ronnie e l’intransigente Mario Luzzato Fegiz, autore di una pièce teatrale Io odio i talent show. È vero quel che il cinema ci ha insegnato: solo i morti e gli stupidi non cambiano mai opinione.