Nel corso della quinta puntata di Tale e Quale Show, Deborah Johson ha interpretato Dori Ghezzi, in duetto virtuale con il compianto padre Wess. L’esibizione ha colpito molto la giuria, tranne ovviamente il solito Cristiano Malgioglio, che si dimostra ogni settimana l’innesto perfetto di questa edizione, agendo come ottimo contraltare a una giuria tradizionalmente buonista (“Dori Ghezzi è una grandissima artista, ma la voce non c’era“).
Al termine dei giudizi di rito tuttavia, il conduttore Carlo Conti non ha voluto rinunciare a togliersi un sassolino dalla scarpa:
“Spero che adesso non ci sia qualcuno che ha qualcosa da ridire su questo whiteface”.
Il presentatore toscano si riferiva alle accuse di blackface (qui se non sapete di cosa si tratti) rivolte alla trasmissione, una pratica che la Rai ha vietato da quest’anno dopo le proteste delle associazioni Lunaria, Italiani senza cittadinanza, Arci, Cospe e Razzismo Brutta Storia.
Viale Mazzini aveva dichiarato:
“Nel merito della vicenda per la quale ci avete scritto, diciamo subito che assumiamo l’impegno – per quanto è in nostro potere – a evitare che essa possa ripetersi sugli schermi Rai. Ci faremo anzi portavoce delle vostre istanze presso il vertice aziendale e presso le direzioni che svolgono un ruolo nodale di coordinamento perché le vostre osservazioni sulla pratica del blackface diventino consapevolezza diffusa”.
Ma Carlo Conti già durante la conferenza stampa di presentazione dello show aveva fatto capire di non aver digerito (e compreso, come evidenzia il nostro Ivan Buratti), la decisione di mamma Rai:
“C’era la volontà e l’indicazione di non fare più i cantanti di colore. A me sembrava una grande ingiustizia, un grande modo per ghettizzare un genere musicale e tanti artisti. Allora la lampadina si è accesa: non possiamo prendere una persona bianca che deve interpretare una di colore? Allora prendiamo una cantante di colore e lei è Deborah, che interpreterà tutti i cantanti e le cantanti di colore”.
Stasera, con Deborah Johnson nei panni di un’artista bianca, Carlo Conti ha voluto come sfogarsi per un torto subito. Senza entrare troppo nel merito della questione, occorrerebbe ricordare alle maestranze televisive una serie di elementi: nel tempo le sensibilità cambiano, muta la società, muta il pubblico. In poche parole, anche i neri guardano la televisione italiana. Nessuno vuole accusare Carlo Conti di razzismo, ma come sosteneva qualche settimana fa la nostra Giorgia Iovane a proposito del “caso scimmia” al Gf Vip 6, sul politicamente corretto esiste un grande equivoco: non può essere solo il mittente ad avere voce in capitolo, con l’unica realtà possibile in tasca. E poi, come ha detto la sociolinguista Vera Gheno, “Quando vi contestano con il fatto che con il politicamente corretto non si possa dire più nulla, provate a chiedergli cosa sia il politicamente corretto: nel 99.9% dei casi non vi sapranno rispondere“.
Il blackface è una pratica storicamente associata alla schiavitù e al razzismo, una ferita aperta per larga parte delle comunità nere. Occorrerebbe a volte anche una dose di immedesimazione, di adozione del punto di vista dell’altro. Proviamo a fare un esempio un po’ assurdo. Mettiamo il caso che Benito Mussolini fosse stato anche un cantante e che negli Stati Uniti d’America vada in onda Tale e Quale Show. Un concorrente interpreta il Duce canterino, magari con tanto di saluto romano a inizio performance. La comunità italoamericana insorge, il conduttore si difende dicendo che Mussolini in quanto artista andava rappresentato e che il fascismo è stato un fenomeno solo italiano (o al massimo europeo), non di certo americano. La polemica varca i confini statunitensi: nel nostro Paese non si proverebbe a boicottare qualsiasi cosa a provenienza Usa, con Starbucks in testa?