Stefano Buttafuoco a TvBlog: “Con Il Cacciatore di Sogni racconto storie di disabilità senza pietismo”
L’inviato di Vita in diretta Stefano Buttafuoco presenta a TvBlog la nuova edizione de Il cacciatore di sogni, in onda su Rai3 dal 2 gennaio 2024
“Il Cacciatore di Sogni è dedicato all’unicità di tutti noi. È un concetto, quello dell’unicità, che va oltre quello della diversità, oltre quello della disabilità. Spesso nelle persone si vede solamente quello che non c’è. Noi, invece, abbiamo sempre iniziato le nostre storie partendo da quello che le persone hanno, dal sogno realizzato, perché è quello che noi vogliamo evidenziare e valorizzare“. Il conduttore Stefano Buttafuoco, da tempo inviato de La vita in diretta, presenta così a TvBlog le nuove puntate de Il cacciatore di sogni, le cui registrazioni sono terminate nelle scorse ore. Il programma andrà in onda dal 2 al 6 gennaio in seconda serata su Rai3.
È stato un lungo viaggio che mi ha arricchito, perché abbiamo avuto modo di raccontare delle storie straordinarie di persone uniche, che hanno fatto dei loro punti di debolezza i loro punti di forza. Lanciano un messaggio di grande positività, di grande forza e di grande speranza per tutti, sia per chi come loro vive una condizione particolare, sia per chi magari non ha nulla a che fare con questi problemi, perché le loro storie e quelle delle famiglie che li supportano ci insegnano che per raggiungere gli obiettivi bisogna avere forza e determinazione.
Talvolta la televisione racconta storie di disabilità in maniera retorica. Effettivamente dietro l’angolo c’è questo rischio?
In questo programma raccontiamo le persone con una narrazione introspettiva e poetica. Nei 40 minuti di puntata c’è un sali e scendi continuo, dal momento informativo a quello emotivo, dalla riflessione alle risate. In una parola, è una narrazione autentica. Abbiamo cercato di evitare una visione da supereroe di queste persone – che è una esagerazione e non corrisponde al vero -; ma anche una rappresentazione pietistica, perché se c’è una cosa che loro proprio detestano è la visione del “poverino”. Non gradiscono essere considerati quelli che rispetto agli altri non hanno strumenti per poter realizzare i loro sogni.
Se si guarda intorno, crede che anche gli altri prodotti televisivi che si occupano di disabilità evitino queste storture?
Paola Severini, che stimo tanto, è stata è un’apripista grazie a O Anche no. Io ho cercato di fare una cosa diversa e complementare a quella che fa lei. Le puntate de Il cacciatore di sogni sono dei docufilm: anche a livello di regia abbiamo osato, abbiamo cercato di non fare un rvm lungo 40 minuti. Abbiamo investito anche sul piano della produzione, usando tre camere, due videomaker, dei droni, insomma, anche sul piano dell’estetica ci sono spunti interessanti. Abbiamo voluto raccontare in maniera cinematografica storie che nella sostanza hanno già tanto di poetico. Non dico che il mio programma sia migliore di altri, assolutamente no, dico che siamo diversi rispetto ad altri che magari sono più didascalici.
Di disabilità in tv se ne parla abbastanza?
Prima non se ne parlava proprio. poi se ne è parlato con i limiti che dicevo sopra, quelli del supereroe e del pietismo. Adesso se ne parla anche molto sul piano dell’informazione, ed è importantissimo. Però è bello anche creare un prodotto che rappresenti la poesia di queste storie. Non a caso noi iniziamo sempre le puntate nello stesso luogo dove poi le andiamo a terminare, cercando sempre di trovare delle soluzioni d’impatto.
Differenze rispetto alla scorsa edizione?
Abbiamo eliminato tanti convenevoli, abbiamo fatto un montaggio più diretto, più a schiaffo, cercando di cogliere sempre le emozioni. Dico la verità: durante le riprese, spesso mi sono commosso.
Il cacciatore di sogni, gli ospiti delle puntate in onda a gennaio 2024
In ogni puntata ci sarà un personaggio famoso chiamato a commentare la storia del protagonista.
Sì, un personaggio legato alla storia che raccontiamo. È un modo per avvicinare il pubblico ad affrontare questi temi. Nella prima puntata abbiamo Andrea Bocelli che commenta la storia di Sara, una scrittrice pugliese che conosce molto bene. Nell’appuntamento sull’autismo abbiamo Stefano Belisari, in arte Elio di Elio e le storie tese e lì raccontiamo la storia di un ragazzo che lavora a PizzAut. A Elio abbiamo chiesto cosa vuol dire per un genitore avere un figlio autistico. Ed ancora la storia di una ballerina commentata da Carolyn Smith. Quindi lo sportivo Andrea Pusateri con il commento della campionessa paralimpica Giusy Versace. Infine, la storia di una coppia di ragazzi con la sindrome di down che si sono sposati, con il commento di Alessio Boni che è stato il testimone di nozze di lei.
La messa in onda è fissata per il periodo post natalizio, 2-6 gennaio 2024.
Sarà la settimana de Il cacciatore di sogni, una settimana dedicata all’inclusione e alla disabilità; mi sembra un periodo ottimo, anche perché in prima serata andranno in onda film non troppo lunghi, per cui avremo anche modo di iniziare alle 23. Una seconda serata che inizia a mezzanotte avrebbe molto penalizzato il programma.
Questo tipo di storie vengono spesso raccontate da chi, come nel suo caso, conosce bene quello di cui si parla (suo figlio Brando è il 23esimo caso registrato sul pianeta di persona con una particolare variante della sindrome di West, riconducibile a una rarissima mutazione genetica). Come genitore, ma anche come comunicatore, nella consapevolezza che a raccontare queste vicende siano spesso le persone che le vivono per motivi privati quotidianamente, si è mai sentito solo?
Mi rendo conto che i programmi che si occupano di queste tematiche siano anche grandi scommesse: è chiaro che la disabilità, in linea di massima, è un tema che tutti dicono di voler abbracciare, però poi molte persone girano le spalle. Io mi sono ritrovato nel mondo della disabilità per mio figlio. Da quel momento ho scritto un libro (Il bambino 23. La storia e i sogni di Brando, Rai Libri) che riguarda la sua storia, poi ho proposto all’azienda un programma che parlasse in maniera anche stimolante di questo tema. Per me è diventata una missione: catturare l’interesse anche di persone che non hanno a che fare con questi problemi.
Le è mai capitato che in Rai qualcuno dicesse di non essere interessato al racconto di queste storie?
Devo essere sincero: no. Nel mio caso è stato tutto molto naturale e anche sorprendente; presentai questo progettino tre anni fa a Marcello Ciannamea che a quel tempo era il direttore del palinsesto (oggi è a capo dell’Intrattenimento, Ndr): lui mi disse che si trattava di una bella idea e che avrebbe cercato in tutti i modi di concretizzarla. Lo stesso supporto l’ho ricevuto dall’attuale direttore Approfondimento Paolo Corsini; appena si è insediato mi ha detto che vuole che questo programma diventi un appuntamento fisso, tradizionale. Devo ringraziare anche il direttore del Daytime Angelo Mellone.
Nessun ostacolo, dunque?
In Rai c’è stata una persona che inizialmente non ho trovato coinvolta, ma poi per fortuna è stata assegnata ad altri incarichi per cui alla fine non è stato un problema. Ma non ho alcuna volontà di polemizzare, né di rivelarne il nome; magari quella persona era scettica a prescindere dalla tematica, magari non gli piaceva l’idea che a condurlo fossi io (sorride, Ndr). Quello che conta, sinceramente, è che l’azienda Rai mi abbia sostenuto da subito; il direttore generale Giampaolo Rossi mi ha detto che vuole che nel panorama dei prodotti Rai ci sia spazio per questo programma.
Stefano Buttafuoco e la carriera da inviato de La vita in diretta
Stefano Buttafuoco, uno dei pochi conduttori interni Rai.
Su dieci programmi Rai, nove sono condotti da esterni… una cosa assurda, sono tra i pochissimi conduttori Rai che hanno un mini programma, peraltro da me stesso ideato. Una grande soddisfazione.
Si è stufato di fare l’inviato de La Vita in diretta?
C’è un progetto di un programma che si occupi del connubio tra sport e sociale e che dia anche visibilità a tutte le varie iniziative che sono portate avanti a favore delle politiche giovanili; lo dovremmo fare probabilmente a marzo, adesso vediamo, intanto c’è un protocollo di intesa che sta portando avanti la Rai con il Ministero dello Sport e delle Politiche Giovanili. Quindi, l’idea è di continuare sulla strada della conduzione con riferimento a questi temi. Al tempo stesso però a gennaio tornerò a La Vita in diretta e sono contento perché il lavoro in strada ti insegna tantissime cose, ti costringe a lavorare in tempi stretti… mi ha dato tanto e penso ancora possa darmi altrettanto. È una palestra eccezionale, è un po’ il giornalismo di una volta.
La vita in diretta la vorrebbe condurre un giorno?
Qui sono in campo dei fuoriclasse che stanno su un altro pianeta… io ho un percorso professionale molto anomalo, ho conseguito la laurea alla Luiss in Economia e commercio, ho fatto un master, mio padre sognava per me un futuro nella City a Londra. Lì ho vissuto, mi sono avvicinato al giornalismo come una passione. Ho iniziato a fare il corrispondente per Espn, il canale di sport più grande in America, e mi sono innamorato della professione. La mia ambizione, certo, è di condurre un programma che possa raccogliere una platea più ampia, ma che al tempo stesso si occupi anche di sociale, perché penso che il sociale sia il futuro, soprattutto in un’azienda pubblica come la Rai.
È stato recentemente nominato inviato del Daytime Rai.
Sì, per La vita in diretta. Fare l’inviato significa avere sempre pronta la valigia per partire, per cavalcare l’attualità. La mia giornata tipo inizia con la telefonata dell’autore che dice: ‘Domani andiamo in onda alla solita ora, ma prima del programma,
mandaci due servizi”. Di solito c’è un pezzo di ricostruzione e uno con le voci raccolte a proposito del fatto di cronaca. Poi c’è la diretta. Si prende e si parte all’improvviso. Se parti la sera stessa o la mattina all’alba è un problema tuo, l’autore, molto pragmaticamente, vuole solo che gli porti i due servizi. Finita la diretta c’è molto spesso la seconda chiamata in cui ti dicono: ‘Ok, è andata bene, domani si va da un’altra parte!’. È bello, ma è anche tutto frenetico, stancante e logorante emotivamente perché accumuli storie su storie, molto spesso drammatiche. Per chi ha sensibilità, la televisione logora.
Foto di Fabio Marcangeli