Stefano Bizzotto a Blogo: “La telecronaca Rai è pulita. Critiche a Trapattoni? Mancanza di rispetto. Mi piange il cuore a non vedere le coppe europee in Rai”
L’intervista di Blogo al telecronista Rai.
Dopo Sandro Piccinini, Riccardo Gentile e Alberto Rimedio, per la rubrica di TvBlog dedicata ai più conosciuti e ascoltati telecronisti italiani, oggi è il turno di un altro telecronista di Rai Sport, Stefano Bizzotto.
Bizzotto fa parte della squadra dei telecronisti Rai impegnati, in questo periodo, in Francia per i campionati europei di calcio. Alberto Rimedio commenta le partite della Nazionale mentre a Bizzotto e a Marco Lollobrigida sono stati affidati i match delle altre nazionali.
Stefano Bizzotto, in Rai, si occupa di telecronache di calcio e di altri sport come i tuffi, tiro al volo, tiro a segno, hockey su ghiaccio e sci.
Anche con il giornalista bolzanino, tra i vari argomenti, abbiamo parlato a fondo del lavoro di telecronista ma non solo.
Come si è preparata la Rai all’appuntamento con gli Europei?
Abbiamo una squadra a Parigi, il gruppo che segue la Nazionale, ci sono i colleghi itineranti per i servizi, per le interviste, i reportage e tutte le altre cose “di colore” e noi telecronisti che gireremo a seconda delle partite che ci vengono assegnate.
Quali sono gli obiettivi che la Rai si è posta con quest’edizione degli Europei?
Per la Rai, gli obiettivi sono quelli di ribadire il fatto di essere la tv per tutti, senza nessun tipo di vincolo o di abbonamento. Ciò che ci differenzia dalla pay-tv è di fare ciò, dando la qualità che abbiamo saputo dare tante altre volte in passato, essere sempre pronti sulla notizia e seguire l’evolversi del torneo al di là di quello che è il racconto delle partite.
C’è un po’ di timore riguardante il fatto che questi Europei si stanno giocando in Francia?
Dire timore è esagerato. Io ricordo di aver seguito le Olimpiadi invernali di Salt Lake City del 2002 negli Stati Uniti, poche settimane dopo l’11 settembre. Lì c’erano controlli a tappeto, non accadde nulla e mi auguro che sia così anche stavolta, che ci siano sempre controlli accuratissimi, pignoli, maniacali, a costo anche di farci perdere del tempo, pur di garantire la sicurezza. E’ chiaro che sarebbe stato meglio se non ci fossero stati gli attentati di novembre e di marzo però tutto questo è accaduto, dobbiamo farcene una ragione e io ho la sensazione che comunque, alla fine, le autorità francesi sapranno organizzare sul fronte della sicurezza tutto nel migliore dei modi.
Concentrandoci sulla telecronaca, qual è il punto di forza della Rai?
Ciascuno ha il suo modo di raccontare le partite ma penso che il punto di forza sia la chiarezza nell’esposizione, senza accentuare i toni, senza dare troppa enfasi, fornire un prodotto pulito alla portata di tutti.
Il commento tecnico di Giovanni Trapattoni, nei mesi scorsi, ha ricevuto critiche anche da colleghi di altre testate. Questi commenti pubblici sono stati di cattivo gusto?
Sì, sono stati di cattivo gusto, testimoni di una mancanza di rispetto nei riguardi di una persona che ha fatto la storia del calcio. Ho seguito sporadicamente i momenti di telecronaca di Trapattoni, ero impegnato su altre cose mentre giocava la Nazionale. Con lui, ho fatto una telecronaca off tube di Germania – Inghilterra di marzo ed è sempre una persona ricca di storia, che ha possibilità di raccontare tante cose che noi giornalisti non conosciamo. Poi, è chiaro che gli anni passano per tutti, un ex giocatore che oggi ha 40 anni ha altre caratteristiche rispetto a Trapattoni che, di anni, ne ha quasi il doppio però, secondo me, la cosa fondamentale è rispettare la persona e quello che fa perché comunque lui vede le partite, le sa giudicare, lo fa nel suo modo e questo va accettato perché ciascun commentatore tecnico ha il suo modo di analizzare una partita.
E’ professionale perdere l’imparzialità durante la partita della Nazionale?
Va bene se si perde un po’ l’imparzialità, come in tutti gli sport. Io seguo i tuffi da 20 anni, è chiaro che se un tuffatore o una tuffatrice italiana che lottano per una medaglia, un po’ di trasporto ci può essere, non c’è nulla di cui vergognarsi. L’importante è restare entro i limiti definiti, non trasformare il tutto in una cosa da curva, da stadio.
Se dovesse scegliere per forza, cosa sceglierebbe tra calcio e tuffi?
Per mia fortuna, non mi è mai stato posto questo interrogativo. Se me lo chiedessero, alla vigilia delle ultime Olimpiadi di Tania Cagnotto, con concrete possibilità di andare a medaglia, vacillerei nel dover scegliere. Non mi è mai capitato, per fortuna, questo tipo di aut aut, se non per manifestazioni marginali di tuffi. In passato, mi è successo di rinunciare a cose di calcio perché stavo seguendo i tuffi e viceversa. In quel caso, non c’è nessun problema. E’ l’azienda che prende queste decisioni.
Quali sono state secondo lei, le critiche giuste e le critiche ingenerose ricevute da Rai Sport?
Se una critica non è preconcetta o precostituita, è sempre ben accolta perché nessuno è perfetto nel proprio lavoro, quindi se una critica non è basata su fondamenta extra-professionali, a me sta bene che si venga criticati se c’è qualcosa che non va. C’è la libertà di pensiero. Poi il web ha portato ulteriore libertà di espressione. Ci sono state delle critiche anche ingiuste… In occasione delle grandi manifestazioni, la Rai è sul posto con 200 persone. Le altre tv straniere sono sul posto con 500 persone. Questa è una cosa che mi ha sempre dato fastidio. Ci dicono “Siete in tanti, andate in vacanza…”. No. Che si trattasse di Mondiali, di Europei e soprattutto di Olimpiadi, la Rai è sempre arrivata sul posto con una squadra nettamente inferiore rispetto alle altre tv.
Il direttore Gabriele Romagnoli, intervistato da Blogo, ha dichiarato che il primo obiettivo di Rai Sport è quello di ottenere più diritti televisivi. Qual è il suo punto di vista riguardo quest’argomento?
Noi della tv pubblica dobbiamo fare i conti con i soldi che spendiamo. Il direttore Romagnoli ha detto una cosa giusta. Dobbiamo essere competitivi nel limite del nostro budget, della nostra capacità di spesa. Io sono sempre stato un appassionato di calcio internazionale e mi piange il cuore vedere che non abbiamo più i diritti delle coppe europee e dei campionati esteri. Mi auguro che il nuovo corso porti ad una riqualificazione del prodotto Rai Sport anche sul fronte del calcio internazionale. Poi, si può anche spostare una piccola parte di bilancio Rai sullo sport, visto che lo sport genera ricavi con la pubblicità e gli ascolti.
I gossip che circolano attorno a Rai Sport non rischiano di appesantire l’ambiente?
E’ sufficiente non ascoltarli… Basta ignorarli… Purtroppo, questa è la conseguenza dell’epoca dei social network dove ciascuno, dietro un nickname, può permettersi di sputare sentenze, di attaccare la gente. Sinceramente, ad un certo punto, smetto di frequentarli. Quello che conta è l’ufficialità, quello che ti viene detto per canali ufficiali. Se, poi, c’è il ragazzino che decide di insultare il giornalista, non ci posso fare niente, purtroppo.
Lei ha sempre avuto l’obiettivo di fare il telecronista o è un lavoro arrivato con il tempo?
E’ venuto con il tempo. Io ho cominciato con la carta stampata, ho lavorato per alcuni anni a La Gazzetta dello Sport, all’epoca non pensavo proprio di virare su questo tipo di aspetto della professione. Poi, ho voluto tornare a casa, a Bolzano, e mi è stata offerta un’opportunità nella sede regionale e da lì mi è stato chiesto di collaborare con la neonata testata giornalistica sportiva. La collaborazione è diventata successivamente qualcosa di più sostanzioso. Poi, mi è stato proposto di fare telecronaca. E’ stato un percorso quasi naturale ma io non avevo in testa il lavoro di telecronista.
Secondo lei, un telecronista cosa non dovrebbe fare?
Dovrebbe evitare di essere troppo partigiano, non obiettivo, indubbiamente, fermo restando che quando gioca la Nazionale si può esserlo entro determinati limiti. Un telecronista deve essere documentato su quello che dice perché, rispetto alle epoche passate, oggi il livello di conoscenza della materia è infinitamente superiore grazie alle televisioni e allo spazio che lo sport ha sui giornali. La telecronaca perfetta, ideale, che va bene a tutti, poi, non esiste perché quello che piace a me, non piace a te e viceversa. Però una base fatta di conoscenza della materia e anche di garbo e di modo nel raccontare un evento ci deve essere.
Ha avuto un modello di riferimento per la telecronaca?
Secondo me, si può prendere qualcosa da tanti colleghi. Io, all’inizio, ebbi modo di lavorare per i Mondiali del ’94 al fianco di Carlo Nesti. Poi nell’Europeo del ’96, provai a seminare il più possibile il mio modo di fare la telecronaca. Avendoci lavorato al fianco, per i primi anni di telecronaca, mi sono ispirato a Carlo Nesti.
Il commentatore tecnico con il quale si è trovato meglio?
Ma no, non voglio fare classifiche, mi sono trovato bene con tutti, non ho mai avuto attriti con qualcuno. Ci sono infiniti modi di fare sia le telecronache che i commenti tecnici. C’è il commentatore tecnico vulcanico, quello più compassato, chi cerca più la parte tattica, chi cerca più la parte tecnica… Mi sono trovato bene con tutti.
Una telecronaca che è andata male?
In negativo, io ricordo la semifinale della Confederation Cup quando non mi accorsi che l’arbitro, alla fine dei tempi supplementari, aveva dato un minuto di recupero e continuai per mezzo minuto a dire “Perché non fischia! Perché non fischia!”. Dopo, mi fu segnalato in cuffia che c’era stato il minuto di recupero, e io non avevo guardato il monitor, e lì sono incappato in una magra non da poco…
L’emozione più forte che ha vissuto da telecronista?
Negli sport individuali, ovviamente la conquista di una medaglia olimpica, nel tiro, nello slittino, le due medaglie d’oro di Zöggeler, sono stati momenti di grande emozione. A livello calcistico, ricordo con grande affetto il titolo europeo Under 21 del 2004. E poi ho un ricordo particolare legato ad una partita, un ottavo di finale del Mondiale 2002 quando si qualificò il Senegal e la festa in campo di questa squadra, che era la meno accreditata di tutte alla vigilia del Mondiale, e del loro allenatore Bruno Metsu, che purtroppo non c’è più, che disse “Io sono un uomo bianco dal cuore nero”, fu di un’emozione enorme per me che raccontavo l’evento. Mi è rimasto impresso questo. I ricordi che mi porto dietro sono tanti. Anche la vittoria mondiale di Tania Cagnotto, ce ne sono state tante per mia fortuna. Ho avuto il privilegio di vivere tante grandi manifestazioni e di raccontare tante gare importanti.
Tornando all’Europeo, un’eliminazione prematura dell’Italia comporta più responsabilità in una redazione?
E’ come se perdesse anche la Rai perché inevitabilmente ne risentirebbero gli ascolti, quindi, auguriamoci lunga vita alla Nazionale. Dopodiché, è già accaduto in passato e il lavoro prosegue normalmente. C’è un po’ più di spazio per le altre nazionali, indubbiamente. Si redistribuiscono i carichi di lavoro.
Terminiamo con un pronostico riguardo l’Italia di Antonio Conte.
Mi auguro che arrivi perlomeno ai quarti di finale. Dai quarti di finale in poi, restano tre partite per vincere l’Europeo e il campionato europeo, più di ogni altra manifestazione, è stata aperta alle sorprese. Nel ’92 vinse la Danimarca, dodici anni dopo vinse la Grecia. Sono passati altri dodici anni, vediamo se anche il 2016 sarà all’insegna di squadra che non ti aspetti. In un Europeo a 24 squadre, le possibilità che un’outsider vada avanti sono ancora maggiori.