Stanotte a Parigi, la flânerie ‘subisce’ i racconti personali (mais, parbleu, l”accent’ de Albertò…)
Stanotte a Parigi con Alberto Angela si è distinto per il francese del padrone di casa e per certi giri nascosti più che per gli ospiti vip…
Lo diciamo subito: non c’è bisogno di rendere ‘pop’ Stanotte a…
Pop lo è di suo: è nel modo stesso di esporre di Alberto Angela e nel suo costruire il programma: ogni aggiunta in questo senso finisce per appesantire e non alleggerire. Il riferimento è ai vari ospiti inseriti, con spazi generosi, soprattutto nella prima parte di Stanotte a Parigi: i racconti di infanzia di Mika, l’esibizione dell’Esmeralda ‘teatrale’ per antonomasia, Lola Ponce, ai piedi della ferita Notre-Dame, l’affacciata sui tetti di Parigi con Gigio Donnarumma sono stati (lunghi) momenti non strettamente funzionali al racconto della città, ma che sono serviti a disegnare questa ‘promenade nocturne’ come una passeggiata intima nei luoghi del cuore per raccontare Parigi per quel che dà più che per quel che ha. Ma ha i suoi rischi.
Per Stanotte a Parigi una scelta ‘pericolosa’
Questa chiave intima e personale può avere a lungo andare, a nostro avviso, i suoi rischi: in primis quello di ‘snaturare’ il format. Chi segue Alberto Angela ama vederlo aggirarsì lì dove noi staremmo stretti come sardine seguendo i flussi dei turisti e sentirlo raccontare storie ignote ai più; chi segue i suoi programmi ama lasciarsi cullare dalla sua prosodia, dalla sua capacità di coinvolgere e farci vedere l’invisibile. Di conseguenza lasciare così tanto spazio ai racconti di Mika (per carità, un piacere vedere lui e Angela insieme a Place Vendôme, ma anche meno) o ascoltare i progressi in francese di Donnarumma rischia di tradire le aspettative, sempre altissime, verso l’evento. Tanto più che Alberto Angela e la Ville Lumière hanno da subito promesso scintille.
Questa dimensione più personale e privata, declinata nelle storie e nelle presenze degli ospiti chiamati a raccontare quel che è Parigi è per loro, può essere stato un modo per evocare quel particolare legame tra la città e il padrone di casa: Alberto Angela a Parigi ci è nato e ne fa cenno, ricordando di esserci rimasto solo per un anno e mezzo, ma non si concede altri ricordi. Sembra quindi che si sia voluto esplorare quel legame appena accennato attraverso i racconti di altri, per evitare tratti troppo ‘egoriferiti’. Ma l’effetto non è dei migliori.
Vero è che al centro di questa notte c’è l’allure di Parigi, ci sono le sue atmosfere e le sue icone. Si va dalla Tour Eiffel – che apre e chiude il programma – al Moulin Rouge, dall’Opera Garnier a Montmarte, passando per alcune chicche più nascoste, come il museo Rodin o il museo di Cluny, e la meraviglia della Saint Chapelle, incredibilimente non a tutti nota.
Certo, l’assenza del Louvre o del Musee d’Orsay (ciascuno dei quali meriterebbe una nottata a parte, va detto) fa pensare a permessi non ottenuti, per quanto una toccata e fuga, per come è stata concepita questa puntata, avrebbe avuto poco senso. In ogni caso, il grande spazio dato agli ospiti non può essere visto come un ‘riempitivo’ – considerato che Angela può tenerci per ore a sentire la storia della baguette partendo dai grani scoperti a Pompei e attraversando tutta la storia del regno di Francia – quanto piuttosto come una scelta precisa. Per questo risulta indigesta: più Alberto, meno ‘avventizi’.
Niente è lasciato al caso, dai target a Lady Oscar
Questa ‘deriva’ talk con le celebrities/testimonial, dunque, sembra essere una strizzata d’occhio ai pubblici più pigri, che non hanno voglia di lasciarsi trasportare lungo la Senna, ma che si incuriosiscono per le storie ‘vip’ e non per l’esegesi degli arazzi cinquecenteschi. Comprensibile sul piano ‘aziendale’, ma non accettabile per un tipo di narrazione che è sempre riuscita ad appassionare con la cultura, in tutte le sue forme, dal cibo ai tessuti, dalle minuzie alle grande vicende dei condottieri.
Ecco, lasciateci il piacere di incontrare chi non conosciamo e lasciamo i vip, per quanto preziosi, interessanti, coinvolgenti, ad altri format e altri programmi. Lasciateci passeggiare ‘quieti’ per Parigi, lasciateci la gioia di essere dei flâneurs con Angela.
Questa attenzione ai pubblici, però, si avverte – in maniera sempre più netta negli ultimi anni, va detto – anche da altri tipi di strizzatine d’occhio: a fare il ‘paio’ con le chiacchierate notturne tra le piazze e i tetti di Parigi, c’è stato quel riferimento a Lady Oscar, evocata dal palazzo di Versailles da un Alberto Angela che ha elencato le principali cortigiane di palazzo, contessa du Barry inclusa. E se generazioni di italiani la conoscono- insieme agli eventi della Rivoluzione Francese e all’esistenza della Sala della Pallacorda – è grazie al manga Berusaiyu No Bara, diventato anime alla fine degli anni ’70 e arrivato in Italia nei primi anni ’80 (ecco, se proprio dobbiamo fare un appunto agli autori, negli anni ’90 l’anime di Lady Oscar era alla sua ventimillesima replica e il suo successo non si può classificare “a cavallo tra gli anni ’80 e ’90″…). Il bello è che non è servito citare il titolo, ma è bastato un riferimento appena accennato accompagnato dalle note di una versione riadattata della prima sigla italiana – evidentemente non in diritti – per conquistare definitivamente le fasce, soprattutto femminili, di pubblico delle Generazioni X e Y. Una grande citazione di cultura popolare alla quale tutti noi, quelli di quegli anni là, abbiamo pensato appena sentita la parola ‘Versailles’, anzi Parigi. E chi ha scritto il programma lo sa benissimo…
Stanotte a Parigi, il francese di Angela e l’effetto ‘Gomez’
A rendere questo Stanotte a Parigi un unicum rispetto agli altri titoli della collezione c’è stato anche il francese di Alberto Angela, un altro vero protagonista della serata insieme ai monumenti e alla bellezza della città. Diciamocelo: la pronuncia di Angela ha finito per oscurare anche la Ville Lumière. Sui social è stato un fiorire di meme e di clip sul suo francese fluente. Un vero e proprio “effetto Gomez” (cfr. La Famiglia Addams) che ha accompagnato l’intera serata sul second screen. E chissà che anche su questo qualche autore un po’ più ‘scafato’ non abbia voluto caricare un po’ la mano… (E se così fosse, l’engagement ringrazia).
Riprese + Alberto Angela = Ce n’est jamais assez…
Se sulla colonna sonora qualcosa si può limare (forse presi dalla frenesia di mettere ‘tutto’, si è finito per mettere troppo, con poca lucidità), la bellezza di questo programma – così come di Meraviglie e di Ulisse – consiste in due eccellenze: il racconto di Alberto Angela e le immagini della sua squadra, dalla fotografia alle inquadrature. dei ‘dronisti’ abbiamo già avuto modo di parlare in altre occasioni e qui non si smentiscono, soprattutto nelle riprese di Versailles. Ma in questa notte parigina il meglio è arrivato dalle telecamere che hanno accompagnato Alberto Angela ‘sulla terraferma’. I tagli dal basso verso l’alto, i primissimi piani alla guida della 2 Cavalli (anche qui si sente un leggero ‘parfum de target’), le riprese sui tetti: la ‘meraviglia’ dei programmi di Alberto Angela è tutta qui. Ecco perché la ricerca dei luoghi da far visitare ai telespettatori, le storie che si riescono a raccontare partendo da uno specchio e le immagini che riescono a ‘far sognare’ sono la quintessenza del ‘genere Angela’ e non servono artifici per renderli ‘accessibili’. Bastano le parole e lo sguardo di Alberto Angela e della sua squadra.
Chapeau! Et à bientôt…